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 2011  giugno 03 Venerdì calendario

Quando in America gli “spinaci assassini” paralizzarono i mercati - Tre morti e centinaia di ricoverati con il timore di contrarre la sindrome emolitico-uremica, un collasso renale irreversibile

Quando in America gli “spinaci assassini” paralizzarono i mercati - Tre morti e centinaia di ricoverati con il timore di contrarre la sindrome emolitico-uremica, un collasso renale irreversibile. Anche l’America è passata per l’epidemia da verdure infette, con due scariche di paura collettiva nell’autunno del 2006: la prima prevalentemente al Sud e la seconda nel NordEst del Paese. Killer, il solito Escherichia coli O157:H7, noto come E. coli. In settembre fu veicolato attraverso gli spinaci venduti in confezioni preparate. La Natural Selection Foods, la River Ranch Fresh Foods e la Rlb Food Distribution, tutte aziende californiane, ritirarono volontariamente i loro prodotti dagli scaffali come misura precauzionale per placare il panico montante. A inizio dicembre, sempre del 2006, l’epidemia esplose tra i clienti delle catene di ristoranti Taco Bell nel New Jersey, New York, Delaware e Pennsylvania (con 71 casi riportati), e Taco John’s in Minnesota e Iowa (87 i colpiti). All’inizio la seconda infezione fu attribuita alle cipolle verdi, ma indagini successive giunsero alla più probabile conclusione che colpevole era la lattuga. Taco Bell, comunque, tolse da allora le cipolle chiacchierate dal menu. Su pressione dell’opinione pubblica, il Servizio delle Ricerche del Congresso pubblicò già il 13 novembre del 2006 un Rapporto con il bilancio del primo mese dell’allarme per gli spinaci. «Gli Stati interessati sono 26, con 3 morti, 199 persone ricoverate in ospedale, di cui 31 ammalate ai reni in modo irreversibile. Gli investigatori sono stati in grado di localizzare l’origine dell’epidemia infettiva in diverse fattorie della Salinas Valley in California», scrissero Donna Porter, biologa, e Sarah Lister, epidemiologa, funzionari della Divisione per le Politiche Sociali Domestiche del ministero della Salute. Ricostruendo la immediata reazione delle autorità responsabili, il Rapporto notificò al parlamento di Washington che «partendo dal 14 settembre la Fda (agenzia di governo per il cibo e le medicine) e il Cdc (Centro per il controllo delle malattie) quasi ogni giorno hanno diffuso comunicazioni ufficiali sullo stato delle indagini, informando la gente sul numero dei colpiti, sugli Stati con casi confermati, sui richiami dal mercato delle confezioni di spinaci, sulle azioni degli enti interessati e sui consigli ai consumatori relativi agli spinaci». La grande paura ha convinto nell’agosto del 2007 il ministero dell’Agricoltura a investire nella ricerca delle cause delle contaminazioni di verdura, fornendo a Rob Mandrell, scienziato a capo del servizio di ricerca microbiologica interno allo stesso dicastero, e congiuntamente agli studiosi dell’università della California, 5,5 milioni di dollari per condurre analisi tese a scoprire da dove il batterio abbia origine, come sopravviva nelle piante, e quali fattori portino allo sviluppo di epidemie collegate ai prodotti vegetali. Le potenziali fonti di rischio oggetto delle ricerche, che continuano, vanno dalle malattie degli animali alle pratiche di lavoro nei campi, dalla preparazione industriale di frutta e verdura alle conseguenze nocive per l’uomo della normale vita della flora e della fauna. Le crisi del 2006 provocarono anche misure concrete di difesa dei consumatori. Nella primavera del 2007 fu creato un protocollo (in sigla Lgma, accordo di mercato tra gli operatori in verdure dalle foglie verdi), che sotto la supervisione del dipartimento Cibo e Agricoluta della California fornisce severe linee guida igienicosanitarie che i produttori e confezionatori di lattuga, spinaci e altri vegetali s’impegnano a rispettare.