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 2011  giugno 01 Mercoledì calendario

Gli archetipi che ci sono amici- In un autore che ha scritto oltre 20 mila pagine nell’arco di 60 anni è difficile non trovare incoerenze e cambiamenti di opinioni

Gli archetipi che ci sono amici- In un autore che ha scritto oltre 20 mila pagine nell’arco di 60 anni è difficile non trovare incoerenze e cambiamenti di opinioni. Carl Gustav Jung non sfugge a questa regola e quindi appare come una figura complessa che si contraddice numerose volte. In particolare, da una parte ha costruito una psicologia su basi biologico-evoluzionistiche piuttosto avanzata per il periodo in cui fu elaborata; dall’altra ha trascurato questa elaborazione per introdurre nella sua psicologia posizioni filosofiche e religiose paranormali che hanno allontanato lui e buona parte della sua scuola non solo dal rapporto con la scienza, ma a volte anche dal principio di realtà. I suoi contributi scientifici sono tuttavia importanti e, quindi, la sua figura è destinata a rimanere un punto fermo nella storia della psicologia. Chi non si fa distrarre dalle opinioni parapsicologiche e spiritualiste espresse in diverse occasioni da Jung nel corso della sua vita trova in molti suoi lavori, in particolare tra gli anni Dieci e Venti del secolo scorso, l’elaborazione di una psicologia evoluzionistica sorprendentemente moderna che conserva un notevole valore alla luce delle conoscenze attuali. Fin dall’inizio del suo percorso intellettuale Jung si era proposto di agganciare le teorie psicoanalitiche ai risultati della biologia, un obiettivo che dichiarava esplicitamente: «Sarà uno dei grandi compiti futuri trasferire la metapsicologia freudiana all’interno della biologia». Jung era ancora un giovane psichiatra, quando incontrò un Freud già famoso. Era di quasi 20 anni più giovane del fondatore della psicoanalisi, il quale tuttavia fu profondamente colpito dal suo valore, tanto che lo nominò presidente della società psicoanalitica internazionale. Freud ebbe, però, un’influenza molto meno marcata sulla psicologia junghiana di quanto comunemente si pensi. In diverse occasioni avvenne semmai il contrario, come quando Freud si spinse a cercare i fondamenti della sua ipotesi sul parricidio nei periodi ancestrali, allargando così il proprio concetto di inconscio per includervi una struttura evoluzionistica. Jung s’ispirava alla teoria dell’evoluzione, così com’era filtrata dalla psicologia degli istinti di William James, nei confronti del quale riconosceva apertamente il suo debito: «È stato il suo spirito così vasto e aperto ad ampliare a dismisura per me l’orizzonte della psicologia umana». Nel costruire una propria psicologia Jung sviluppò le conseguenze della scoperta di Darwin, secondo il quale la mente e la coscienza si sono formate come evento naturale nel corso dei tempi evoluzionistici. Se l’uomo non è un’eccezione rispetto alle altre specie viventi, sosteneva, possiede anch’egli modelli di comportamento ereditati che lo portano a esprimere i modi di vita propri della specie. Ciò significa che la mente non è una tabula rasa, pronta per essere scritta interamente nel corso della storia personale, ma è il prodotto dell’evoluzione di una lunghissima serie di antenati. Il sistema biologico-mentale, che chiamò inconscio collettivo, è pertanto destinato a generare risultati simili a quelli che si sono già prodotti, infinite volte, nella storia degli individui e delle culture. In altre parole, gli esseri umani, anche quando credono di compiere libere scelte individuali, in realtà stanno eseguendo solo variazioni personali o socioculturali di alcuni modelli biologici che derivano dalle strutture del sistema mente-cervello. Queste caratteristiche universali, da Jung chiamate arche-tipiche, si sono sviluppate nel corso dell’evoluzione. Le differenze manifestate nelle varie culture e nelle varie epoche sono solo superficiali, derivando da meccanismi cerebrali condivisi da tutti gli esseri umani. In altre parole, oggi, potremmo dire che l’evoluzione non fornisce i documenti scritti, ma i programmi atti a scriverli. Per comprendere il concetto basti pensare per esempio alla credenza nel soprannaturale, al matrimonio, alla danza, alla morale, al divieto di alcune forme di violenza. Questi elementi sono archetipici (tipici degli esseri umani) ed esistono dappertutto, al di là dei vari modi in cui vengono espressi. Jung rappresentava l’inconscio collettivo con un’immagine efficace: un essere umano al di là della giovinezza e della vecchiaia, dell’età di due milioni di anni, tempo che corrisponde al periodo evoluzionistico in cui si sono sviluppate le caratteristiche umane. Quest’individuo avrebbe un forte senso della storia, del divenire, della nascita e della morte. E’ paradossale che questa parte della psicologia junghiana, quanto mai attuale, sia stata tacciata per anni di misticismo per poi (quando cambiarono i tempi) essere sprezzantemente definita biologista.