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 2011  giugno 01 Mercoledì calendario

ADDIO DI BONDI A PARMALAT, INTESA RITIRA LA CORDATA — È

l’addio di Enrico Bondi alla Parmalat. E anche se non lo riconoscerà mai per il manager aretino sarà un addio amaro. Ieri Intesa Sanpaolo ha annunciato il ritiro della lista della «cordata» italiana. Passaggio quasi scontato, coerente visto che la «cordata» — banche a parte — non c’è mai stata. Ma nonostante tutto fortemente simbolico. Che i francesi di Lactalis ce l’abbiano fatta ad imporre la propria governance è un dato di fatto. Il 28,9%basta e avanza, anche senza Opa. Ma così Bondi, anche se resterà come commissario per seguire gli ultimi rivoli della ristrutturazione, non potrà tecnicamente entrare come consigliere di minoranza, cosa che probabilmente non avrebbe fatto comunque. Salutati i fondi esteri, Skagen, Zenit e Mackenzie che avevano ceduto il pacchetto pari al 15,3%ai francesi, per i due posti di minoranza restano i fondi italiani che avevano presentato una lista con il cappello di Assogestioni. Ma la notizia resta l’addio del ristrutturatore che era entrato in una Parmalat a un passo dal crac già alla fine del 2003, chiamato dallo stesso Calisto Tanzi in un’estremo tentativo di tenere insieme un castello di carte false. Il resto è storia nota: si deve a Bondi il salvataggio del gruppo. Un lavoro fatto evidentemente così bene che ha richiamato gli appetiti degli investitori stranieri: ex creditori i cui recuperi— per i piccoli— hanno toccato punte del 70%. Indebitamento tenuto ad alzo zero. Cassa portata a 1,4 miliardi netti in puro cash grazie a cause e revocatorie che all’inizio apparivano fantascienza ma che hanno visto tutte le banche, italiane e straniere, aprire la cassaforte e pagare. L’unica partita di Bondi che non è andata a buon fine è stata quella delle grandi cause alle banche Usa, Bank of America e Citi. Non sono mancati gli appunti, come quello di essere stato troppo attendista sulle acquisizioni e troppo prudente nell’uso della cassa (al limite Bondi ha investito in Bot e Btp) trasformando la Parmalat in una preda gustosa. Anche se le informazioni che avevano francesi, svedesi e canadesi le avevano anche gli imprenditori italiani che, evidentemente, non ci hanno creduto. Mentre ieri è stato anche il Financial Times ha sottolineare nell’anticipo online della prestigiosa Lex Column che il gruppo di Collecchio vale ben di più di quei 2,6 euro che i Besnier hanno offerto agli azionisti con l’Opa. E non solo perché gli stessi francesi hanno pagato 2,8 euro ai tre fondi per il loro pacchetto. Il gruppo può crescere ancora. È stata la stessa Lactalis a dirlo. Ma se vorrà convincere gli azionisti, scrive la Lex, ora dovrà aggiungere un po’ di «crema» , cioè altri soldi. Ma il punto è: i Besnier puntano sul serio a convincere i risparmiatori o sono già soddisfatti degli attuali equilibri? Con Bondi fuori la storia sembra chiusa. La Parmalat 3 parla ormai francese.
Massimo Sideri