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 2011  giugno 01 Mercoledì calendario

FEDELTA’ AL CANDIDATO E MONILITAZIONE. COSI’ LE CITTA’ HANNO VIRATO A SINISTRA - L’

importanza di queste elezioni sta, certo, nel risultato (una pesante sconfitta per il centrodestra che ha già prodotto rilevanti ripercussioni anche a livello nazionale), ma, ancor più, per le modalità con cui si è prodotto. È vero che, nel complesso del Paese, la partecipazione rispetto al primo turno è diminuita mediamente di poco più del 7%(come ha calcolato l’Istituto Cattaneo, con le sue sempre precise e tempestive analisi), ma è vero anche che in tutta Italia, sia pure con forme diverse, si è manifestato un forte (e, per certi versi, improvviso e straordinario) processo di mobilitazione collettiva che ha toccato, come ha subito osservato il prof. Paolo Segatti dell’Università di Milano, specialmente l’elettorato di centrosinistra che, per diversi motivi, si era in buona misura «smobilitato» , in molte delle scadenze elettorali precedenti. Si tratta di una tendenza che ha visto, in questa occasione, un coinvolgimento assai più intenso del passato di molte componenti accomunate dall’avversione verso Silvio Berlusconi, che hanno individuato in questa circostanza il «momento buono» per esplicitare le proprie argomentazioni e che hanno colto anche l’occasione di manifestare il proprio sentimento identitario: un fenomeno tipico dei momenti di mobilitazione collettiva. Chi ha vissuto questi giorni di campagna elettorale a Milano (dove invece si sono registrati più voti al ballottaggio rispetto al primo turno), è rimasto colpito soprattutto dall’impegno diffuso dei giovani, cui si sono affiancati però molti strati di popolazione di tutte le età. Come ormai è noto, il voto per Pisapia è stato caratterizzato da una maggior presenza dell’elettorato meno anziano e dotato di titoli di studio più elevati, mentre quello della Moratti ha mostrato le caratteristiche opposte. Nel determinare il risultato ha contato molto anche la campagna elettorale. Quest’ultima ha fortemente penalizzato il sindaco uscente. Letizia Moratti, in occasione del primo turno, ha impostato la sua comunicazione prevalentemente nell’orbita di Berlusconi, replicando lo schema che, per la verità, aveva funzionato molto bene in tutte le occasioni passate: l’attacco ai giudici, ai «comunisti» , la minaccia di nuove tasse, ecc..., sottovalutando il fatto che il consistente calo di popolarità del presidente del Consiglio, più volte sottolineato anche dai nostri dati, poteva far pensare che gli argomenti di un tempo avessero oggi minor presa e che proprio quei temi potessero, al contrario, mobilitare (come in effetti è successo) in misura maggiore l’elettorato avverso. In occasione del secondo turno, il sindaco uscente ha cercato di correggere il tiro (soffermandosi forse troppo sulle promesse dell’ultima ora), ma si è trattato, evidentemente, di una manovra tardiva. Ma cosa è successo nell’intervallo tra il primo e il secondo turno? I dati di un sondaggio condotto immediatamente dopo la chiusura delle urne, intervistando un ampio campione rappresentativo di cittadini milanesi, possono fornirci alcune prime interessanti indicazioni. La prima è che il tasso dichiarato di conferma (vale a dire della percentuale di elettori che hanno votato per lo stesso candidato al primo e al secondo turno) per Pisapia (91%) è notevolmente superiore a quello registrato per la Moratti (83%, segno, ancora una volta, della maggiore capacità di mobilitazione del proprio elettorato da parte del candidato del centrosinistra, a fronte di una parziale smobilitazione dell’elettorato del centrodestra. Non a caso, la percentuale di votanti per la Moratti al primo turno finiti poi nell’astensione (4%del totale dell’elettorato, pari al 15%dei votanti al primo turno per il sindaco uscente) è il doppio di quella registrabile per Pisapia (2,4%dell’elettorato, pari all’ 8%dei votanti per il neo sindaco al primo turno). Nessuno dei due candidati sembra invece essere riuscito a sopravanzare l’altro nel raccogliere i voti dei restanti candidati al primo turno. La gran parte (62%dei consensi per «altri» candidati, pari al 4%del totale elettorato) dei votanti per questi ultimi sembra infatti avere deciso, in occasione del ballottaggio, di astenersi. E coloro che hanno votato appaiono essersi diretti in misura quasi eguale per Moratti e per Pisapia. Sin qui i dati emergenti dalle prime analisi del caso milanese. Ma gli esiti del capoluogo lombardo vanno anche, come si è detto, presi come esempio di un fenomeno che ha riguardato, sia pure in misura e in forme diverse, l’intero territorio nazionale. Sempre gli studi dell’Istituto Cattaneo indicano che, nell’insieme, i candidati del centrosinistra hanno registrato mediamente un incremento di voti del 17%rispetto al primo turno, mentre quelli del centrodestra hanno perso il 3%. La stessa fonte mostra come la differenza massima si è registrata a Novara con una crescita del centrosinistra del 34%(a Napoli è stata del 22%). A Milano l’incremento è stato percentualmente inferiore (16%, pari a 49.000 voti), ma comunque circa doppio a quello ottenuto dalla Moratti (+9%, pari a 25.000 voti). Insomma, c’è stata quasi dappertutto una grande mobilitazione degli elettori antiberlusconiani. Da questo punto di vista, come si è già accennato nei primi commenti, l’esito delle amministrative deve essere considerato come una grave sconfitta per il Pdl, ma non necessariamente come una vittoria del Pd, che anzi ha visto eleggere in diversi contesti candidati non indicati inizialmente dal partito. Vedremo nelle prossime settimane se, sull’onda della crisi che ha oggi pervaso il centrodestra, il Pd riuscirà invece a incanalare i risultati in un processo politico di cambiamento a livello nazionale favorevole al partito di Bersani.
Renato Mannheimer