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 2011  giugno 01 Mercoledì calendario

SÌ, C´È PIÙ RISCHIO". "NO, MANCA LA PROVA" COSÌ I TELEFONINI DIVIDONO GLI SCIENZIATI

Buon´ultima è arrivata l´Organizzazione mondiale della sanità. I cellulari potrebbero causare tumori al cervello, ha detto ieri la sua agenzia Iarc. Ma quella della pericolosità dei telefonini è una storia infinita, e infinitamente confusa. Semplificando, da una parte c´è l´Interphone (IP), uno studio decennale terminato l´estate scorsa che ha coinvolto tredici paesi, Italia inclusa. Nelle sue conclusioni afferma che «non c´è un legame conclusivo tra l´uso dei cellulari e i tumori al cervello» mentre in un´appendice si scopre che il rischio di glioma tra chi ha usato il cellulare da dieci anni o più risulta quasi doppio rispetto a chi non lo usa. Dall´altro versante ci sono gli studi dello svedese Lennart Hardell, con un campione demograficamente più ampio e un numero di lungo-esposti maggiore, che dimostrerebbero in maniera più univoca il nesso: per ogni 100 ore di uso il rischio di gliomi e neuromi aumenta del 5 per cento; dopo 10 o più anni del 280 e, per quelli che hanno cominciato ad adoperarlo da ragazzini, addirittura del 420 per cento.
Sino a ieri l´Oms aveva negato qualsiasi potenziale carcinogeno per i cellulari. Oggi invece si esprime negli stessi termini usati poco tempo fa da Elisabeth Cardis, l´epidemiologa spagnola che aveva coordinato i vari team dell´IP. Liberatasi dal suo ruolo istituzionale ha firmato, assieme alla collega israeliana Siegal Sadetzky, un articolo su Occupational and Environmental Medicine in cui avverte: «Ciò che osserviamo già è la maggiore incidenza di tumori nel lobo temporale, vicino a dove si tiene il telefono, e di quelli ipsilaterali. Più che abbastanza per suggerire cautela». Ovvero: «Misure semplici ed economiche, come l´uso di sms, auricolari e viva voce potrebbero sostanzialmente ridurre l´esposizione del cervello». Particolarmente per i giovani. Una cautela che, all´Istituto superiore di sanità, la sua omologa Susanna Lagorio ancora poche settimane fa non condivideva affatto: «Se qualcuno è preoccupato e vuole usare l´auricolare lo faccia, ma non sarò io a consigliarglielo perché con i dati attuali non ne vedo la necessità». Si era anche arrabbiata per una sentenza del tribunale del lavoro di Brescia che, primo in Italia se non nel mondo, a dicembre 2009 ha condannato l´Inail a versare una pensione di invalidità a un manager, riconoscendo un nesso di causalità tra il suo tumore al nervo trigemino e una media giornaliera di cinque ore tra cellulare e cordless. Angelo Gino Levis, già ordinario di mutagenesi ambientale che di quella causa è stato perito di parte, denuncia il tema del conflitto di interessi: «Negli studi finanziati dall´industria c´è il 28 per cento di probabilità di trovare la conferma di un qualsiasi effetto dall´esposizione alle frequenze elettromagnetiche contro il 67 per cento di quelli indipendenti». E mentre prima si indagavano come nocivi solo gli effetti termici del cellulare, il riscaldamento della zona dove poggia, di recente Nora Volkow, direttrice del National Institute on Drug Abuse, ha dimostrato come l´esposizione al telefonino modifichi il metabolismo del glucosio nel cervello, abbia quindi effetti biologici.
Sino a ieri la potente Gsm Association, che raggruppa produttori e operatori, cominciava le sue risposte ai giornalisti proprio citando l´Oms: «Seguiamo il suo avviso per cui nessun effetto avverso alla salute è stato stabilito circa i segnali radio dei telefoni mobili». Da oggi dovranno cambiare fonte. E forse trovare risposte più convincenti anche rispetto ad alcune non tranquillizzanti avvertenze nei manuali di istruzioni di popolari smartphone, dal Blackberry all´iPhone, che consigliano di usarli rispettivamente a 2,5 o 1,5 centimetri dal corpo. Di nuovo: basta un auricolare, e passa la paura.