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 2011  giugno 01 Mercoledì calendario

DRAGHI: IL DECLINO NON È INELUTTABILE

«Quale paese lasceremo ai nostri figli? Tante volte abbiamo indicato obiettivi, linee d’azione, aree di intervento. A distanza di cinque anni, quando si guarda a quanto poco di tutto ciò si sia tradotto in realtà, viene in mente l’inutilità delle prediche di un mio ben più illustre predecessore». Sembra un consuntivo amaro quello tracciato di fronte ai "signori partecipanti" da Mario Draghi, che ha evocato Einaudi al termine della sua esperienza di governatore di Bankitalia e mentre sta per essere nominato presidente della Bce. Eppure, nelle asciutte paginette nelle quali si ribadisce che l’unica emergenza italiana, oggi come cinque anni fa, si chiama crescita economica, sono risuonati più ieri gli echi del ciampiano "sta in noi": il declino non è ineluttabile e i tanti ritardi dell’economia italiana, un’economia che ancora appare «insabbiata», si possono colmare.

Del resto, proprio a Carlo Azeglio Ciampi, presente ieri come in occasione della sua prima relazione annuale, Draghi ha dedicato il saluto e l’abbraccio più caldo. «La crescita economica del nostro paese - ha spiegato - è stata il mio punto fisso. Non è un problema nuovo, ma rivendico alla Banca d’Italia il merito di averlo messo al primo posto nelle priorità di politica economica». Draghi ha poi rimarcato che «oggi siamo per molti aspetti in una condizione migliore» di altri momenti difficili della nostra storia, in cui pure siamo riusciti a risollevarci, come nei periodi dei due dopoguerra del Novecento. «In Europa, i progressi verso forme sempre più avanzate di integrazione e, in Italia, una inedita condivisione della diagnosi dei problemi che affliggono l’economia, rappresentano favorevoli punti di partenza. Va raggiunta una unità di intenti sulle linee di fondo delle azioni da intraprendere. Ciò che può unire - rileva - è più forte di ciò che divide». Se il fine è la crescita, il mezzo è la sconfitta degli «intrecci di interessi corporativi che in più modi opprimono il Paese».

Il premio sarà un miglioramento delle condizioni materiali di vita; il prezzo da pagare, invece, è un pareggio di bilancio da raggiungere «senza indugi», mettendo in campo già a giugno la struttura della manovra correttiva per il 2013-14; una manovra che sia «tempestiva, strutturale e credibile» e incentrata sulla spesa pubblica, da ridurre, ma in modo selettivo, anche per finanziare le infrastrutture. Servono infatti tagli del 5% in termini reali nel triennio per riportarla ai livelli dello scorso decennio, spiega. Ma attenzione, segnala il governatore: no «a tagli uniformi in tutte le voci: essi impedirebbero di allocare le risorse dove sono più necessarie; sarebbero difficilmente sostenibili nel medio periodo; penalizzerebbero le amministrazioni più virtuose». Senza contare l’effetto depressivo: «Una manovra cosiffatta inciderebbe sulla già debole ripresa fino a sottrarle circa 2 punti di Pil in tre anni». Manovra articolata, dunque, da fondare su quella "spending review" alla quale aveva cominciato a lavorare Tommaso Padoa Schioppa quando era ministro del Tesoro, ricorda Draghi.

Ma non basta. Draghi afferma che «andrebbero inoltre ridotte in misura significativa le aliquote, elevate, sui redditi dei lavoratori e sulle imprese, compensando il minor gettito con ulteriori recuperi di evasione fiscale, in aggiunta a quelli, veramente apprezzabili, che l’amministrazione fiscale ha recentemente conseguito». Poi, il governatore passa ad esaminare le ragioni profonde di quel «deludente risultato italiano, uniforme sul territorio da Nord a Sud» ovvero il gap di crescita che negli ultimi dieci anni si è andato allargando nei confronti dei principali partner europei. Dietro alla bassa produttività totale dei fattori, ricorda, ci sono problemi di struttura produttiva e di contesto istituzionale.

Cosa fare? Draghi elenca: occorre una giustizia civile efficiente (se funzionasse si guadagnerebbe un punto di pil l’anno); occorre proseguire nella riforma del sistema di istruzione (qui è l’Ocse a dire che questo ci permetterebbe di disporre di un punto di crescita in più); serve più concorrenza, ci vuole più efficienza nella spesa per infrastrutture. Nella lista di Draghi compaiono altri quattro elementi nodali: la flessibilità del mercato del lavoro, che andrebbe riequilibrata, evitando di concentrarla tutta sulle modalità d’ingresso; le relazioni industriali, da ammodernare nell’interesse di tutte le parti; in terzo luogo c’è l’occupazione femminile da potenziare, per accrescere lo sviluppo; in ultimo, ci vorrebbe una riforma del sistema di protezione sociale per sostenere meglio chi perde il lavoro e ne cerca un altro. Quanto alle imprese, il governatore spiega che per accrescerne la dimensione e rilanciarne l’efficienza un nodo da sciogliere è quello della gestione familiare. Infine, anche alle banche Draghi ha ricordato che piccolo non sempre è bello ed è tornato a chiedere la riforma delle banche popolari; poi, dopo aver apprezzato il sollecito varo degli aumenti di capitale deciso da molte banche in vista di Basilea 3, ha ricordato che ora serve una ripresa degli utili, allo scopo di accrescere il patrimonio anche per via interna.