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 2011  maggio 31 Martedì calendario

I nostri sogni? Li decide una scossa elettrica - È tutta una questione di elettricità, altro che segni del destino

I nostri sogni? Li decide una scossa elettrica - È tutta una questione di elettricità, altro che segni del destino. Quante volte ci alzia­mo al mattino «storti» per aver fatto un brutto sonno? E quan­te di buon umore per aver rie­vocato una vecchia fiamma o una persona cara scomparsa che ci regala dei numeri da gio­care al Lotto, non si sa mai? Se la risposta è tante volte, allora avete una modulazione elettrica della corteccia cere­brale molto attiva. Ma se la ri­sposta è che ricordate i sogni poche volte, non demoralizza­tevi, rientrate nella norma. Luigi Ferini Strambi, direttore del Centro di medicina del sonno del San Raffaele di Mila­no spiega che «tra i 50 e i 70 an­ni si ricordano mediamente 4-5 sogni al mese». E, secondo l’esperto, è meglio così. «A vol­te è preferibile non ricordarli, perché spesso sono brutti e sa­rebbero ricordi negativi». Dunque, meglio che alla men­te emergano solo sensazioni piacevoli, per cominciare la giornata in modo positivo. Ma attenzione, non c’è nul­la di fatalistico nel ricordare quello che la nostra psiche mette a fuoco di notte. I sogni notturni, infatti, si ricordano solo in presenza di precise oscillazioni elettriche del cer­vello, le stesse che permetto­no di immagazzinare i ricordi veri. Lo ha scoperto uno stu­dio pubblicato dal Journal of Neuroscience messo a punto dal dipartimento di Psicolo­gia della Sapienza e dell’Asso­ciazione Fatebenefratelli per la Ricerca in collaborazione con i ricercatori delle universi­tà dell’Aquila e Bologna. Lo studio ha dimostrato che le persone ricordano il sogno ap­pena prima del risveglio solo se la corteccia cerebrale pre­senta oscillazioni elettriche lente (onde theta), durante la fase Rem del sonno. Gli esper­ti hanno dimostrato che si trat­ta dello stesso meccanismo che si riscontra anche in stato di veglia per la cosiddetta me­moria episodica, fenomeno già noto agli studiosi: «Quan­do si chiede a una persona di ricordare fatti e situazioni ­spiega Luigi De Gennaro, co­ordinatore della ricerca - la presenza di specifiche oscilla­zi­oni elettriche nelle aree fron­tali rende possibile il ricordo. Se questo non accade, la me­moria dell’evento apparente­mente sarà perduta per sem­pre ». C’è dell’altro. Il ricordo di un sogno dipende anche dal momento in cui ci si sve­glia. «Durante il sonno abbia­mo una frequenza di fasi Rem non rem- spiega Ferini Stram­bi - La fase Rem è quella colle­gata all’attività onirica ed è presente soprattutto nella par­te finale della notte, quindi ver­so il mattino». Dunque, se ci svegliamo subito dopo la fase Rem, ci ricordiamo il sogno, se invece prima di svegliarci facciamo 10 minuti di sonno non rem, allora cancelliamo la capacità di ricordare il so­gno. E chi si sveglia all’alba o in piena notte è favorito rispet­to a chi si alza tardi al mattino. «Questa ricerca- precisa Fe­rini Strambi - dimostra che per ricordare il sogno, al di là della fase in cui ci si risveglia, è importante che nella cortec­cia cerebrale ci siano delle oscillazioni lente dell’attività elettroencefalografica che trattiene la memoria del so­gno ». Ma non tutti siamo uguali in fatto di sogni. Le oscillazioni lente cerebrali possono variare come quanti­tà a seconda del soggetto: chi ne ha molte ha più memoria e ricorda più sogni. Anche gli smemorati però sognano tut­te le notti e questo meccani­s­mo psicofisico è importantis­simo perché, spiega Ferini Strambi «è una sorta di filtro che pulisce le nostre emozio­ni ».