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 2011  giugno 01 Mercoledì calendario

QUANDO LA CONDANNA NON SAZIA IL POPOLO

Yao frequentava il terzo anno del Conservatorio musicale di Xi’an (una delle più importanti città nella storia cinese, la fine più orientale della Via della Seta). Stava studiando pianoforte per realizzare il proprio sogno: diventare concertista. Era molto stimato dai compagni di studi e aveva una fidanzata adorabile. Una vita piena e appagante. Zhang, come molti, era emigrata in città dalla campagna e lavorava come donna delle pulizie. Era giovane e aveva un bambino di due anni. Con il marito intendeva mettere da parte qualche soldo per poter tornare a casa, nel suo paese d’origine, e realizzare il proprio (umile) sogno: aprire una piccola drogheria.
La sera del 20 ottobre 2010, Yao aveva appena accompagnato la fidanzata a casa in automobile. Rientrando a scuola, investì Zhang che, in bicicletta, stava viaggiando nella sua stessa direzione. Questa storia poteva finire con il classico, tragico incidente stradale, di quelli che riempiono le pagine dei quotidiani di cronaca locale, e invece ne è nato il più grande e acceso dibattito sulla giustizia mai apertosi in Cina.
Il comportamento inaspettato e feroce di Yao dopo l’incidente con Zhang, infatti, ha suscitato lo sgomento e lo sdegno in tutta la nazione. Sceso dall’auto e vedendo che la donna stava annotando su un taccuino il suo numero di targa, è tornato sui suoi passi, ha aperto il cassetto del cruscotto, ne ha estratto un coltello da scalco (di quelli che si usano in cucina) e l’ha pugnalata otto volte, uccidendola per la strada. Dopo di che è risalito in macchina come se nulla fosse e se n’è andato.
Tre giorni dopo, Yao è stato accompagnato a un commissariato di polizia dai suoi stessi genitori, affinché confessasse il suo atroce crimine. La pubblica accusa voleva incriminarlo per omicidio colposo, ma questa ipotesi ha scatenato reazioni indignate e un furioso dibattito che, partendo da Internet, ha coinvolto e sconvolto tutta la Cina. I compagni del Conservatorio musicale di Yao si sono schierati apertamente dalla sua parte, testimoniando per iscritto del suo buon carattere. I professori hanno persino divulgato i suoi voti, per dimostrare che era un ottimo studente. Il Paese, però, voleva il suo tributo di sangue, voleva giustizia, la più brutale di tutte: la pena di morte.
Il 1° maggio 2011, il verdetto è stato emesso. Yao Jiaxin è stato condannato a morte e al pagamento di un’ammenda di 45.000 yuan (circa 8.000 dollari) per l’omicidio di Zhang.
Alla notizia, l’intera Cina ha esultato, proprio come i newyorkesi quando hanno saputo della morte di Osama Bin Laden. In molti hanno detto, pensato e dichiarato: «Giustizia è stata fatta». Ma è questa la giustizia del XXI secolo?
P.S. Yao Jiaxin ha presentato appello contro la condanna a morte.