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 2011  maggio 31 Martedì calendario

SCHEDONE SUI POPOLI ARANCIONI


Da quando è stato eletto sindaco di Napoli Luigi De Magistris porta al polso un laccetto arancione. Stesso colore della bandana in testa quando sono diventati ufficiali i dati sulle amministrative della sua città. Era il colore della sua lista civica. Diceva prima delle elezioni: «L’energia dell’arancione ci distinguerà e si vedrà da lontano chi siamo: quelli che vanno oltre il sistema del partito unico, quelli che portano una ventata nuova nella politica italiana».

A Napoli i vincitori sono scesi in piazza indossando maglie arancioni, con palloncini e bandiere arancioni, tenendo striscioni arancioni. Stesso colore predominante a Milano, dopo l’elezione di Giuliano Pisapia, appoggiato da una lista civica caratterizzata dal colore arancione: foulard, coccarde e nastrini, parrucche, visi dipinti come allo stadio.

Il primo a usare il colore arancione è stato Pisapia quando si presentò alle primarie del Pd a Milano (da ex parlamentare di Rifondazione comunista, le vinse contro Stefano Boeri che era il candidato appoggiato dal Partito democratico). L’idea dell’arancione è stata di Paolo Limonta, maestro elementare, scelto da Pisapia come coordinatore della campagna elettorale per le primarie. Dal comitato del neosindaco spiegano la scelta come una scelta dal basso, nata tra i sostenitori della prima ora: «Il colore esisteva già ai tempi delle primarie. Poi lo spin doctor Roberto Basso si è reso conto che tra la gente di Pisapia c’era richiesta di rafforzare la propria identità. C’era l’esigenza di creare un simbolo nel quale riconoscersi».

Arancione è stato anche il colore simbolo della protesta in Ucraina del 2004, durante le elezioni presidenziali: il candidato filo-occidentale Viktor Yushenko contestò i risultati denunciando brogli elettorali (a favore del candidato filosovietico Janukovych) e chiese ai suoi sostenitori di restare in piazza fino a che non fosse stata concessa una nuova elezione. Adottarono il colore arancione per mostrare la loro appartenenza (e la Corte Suprema invalidò la votazione, fissò nuove elezioni e alla fine risultò presidente proprio Yushenko).

Il sondaggista Luigi Crespi ha azzardato l’analogia: «A partire dalla rivoluzione ucraina il colore ha una valenza simbolica forte, legata al cambiamento».

A Bologna il candidato Stefano Aldrovandi era appoggiato da una lista civica di colore arancione. Anche nella sua campagna elettorale è stato il colore predominante.

Tra tutte queste liste civiche non c’è un collegamento, almeno per ora. Solo dopo il primo turno delle amministrative si è parlato di un “asse Milano-Napoli”. Ha detto De Magistris: «Napoli e Milano dimostreranno al paese che ci si può liberare con forza, e pacificamente, del berlusconismo. Due grandi città unite dalla voglia di capovolgere e disinnescare i rispettivi cliché». Un’unione celebrata anche da testimonial comuni: il cantante Roberto Vecchioni, dopo aver appoggiato pubblicamente la candidatura di Pisapia a Milano, è sceso a Napoli per abbracciare in piazza De Magistris.

L’arancio piace anche a destra. Gianfranco Micciché, ex Forza Italia ed ex Popolo della Libertà, alla fine dello scorso anno ha fondato a Palermo il movimento Forza del Sud. Si è presentato in varie elezioni amministrative della Sicilia, non ha vinto: anche per lui il colore simbolo era l’arancione.

Perché tutti vogliono essere arancioni? Un anno fa, protestando contro il sindaco di Firenze, Matteo Renzi, i venditori ambulanti (e poi i tassisti per solidarietà con loro) si vestirono di arancione e diedero vita a quello che allora fu battezzato «popolo arancione». Perché scelsero quel colore? Disse il portavoce: «I colori sono ormai esauriti, il rosso non si può più usare, l’azzurro è berlusconiano, il verde leghista e c’è pure il popolo viola».