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 2011  maggio 31 Martedì calendario

Che cosa cambia per il nucleare? - La Germania ha deciso di chiudere tutte le centrali nucleari. È un fatto così importante? Sì, perché Berlino è fra i pesi massimi dell’atomo mondiale, e la sua decisione oltre a poter influenzare l’opinione pubblica internazionale cambia il conto economico dell’industria nucleare (per le economie e diseconomie di scala del settore) anche negli altri Paesi

Che cosa cambia per il nucleare? - La Germania ha deciso di chiudere tutte le centrali nucleari. È un fatto così importante? Sì, perché Berlino è fra i pesi massimi dell’atomo mondiale, e la sua decisione oltre a poter influenzare l’opinione pubblica internazionale cambia il conto economico dell’industria nucleare (per le economie e diseconomie di scala del settore) anche negli altri Paesi. Quante sono le centrali atomiche nel mondo? Al momento sono in attività 442 reattori con una potenza installata di 374,914 GigaWatt (ogni GigaWatt è pari un miliardo di Watt e come indicazione di massima può bastare per i bisogni di 350mila famiglie). La distribuzione delle centrali per Paese è molto variegata e così la quota di generazione elettrica riconducibile all’atomo. Nel mondo tale quota è del 13,5% ma si sale al 21,1% nei trenta Paesi dell’Ocse (cioè i più industrializzati di matrice economica occidentale) e al 27,8% nell’Unione europea. In particolare nell’Ue il nucleare è la seconda fonte di generazione: 937 TeraWattora contro i 944 TWh del carbone (ogni TeraWattora è uguale a mille GigaWattora). Quella nucleare è un’industria in ascesa o in declino? Singole decisioni come quella tedesca possono cambiare il quadro di giorno in giorno, e da ieri si può dire che il futuro del mondo sarà un po’ meno nucleare. Ma nel complesso il settore è in forte crescita nel pianeta. Al momento risultano in costruzione 65 reattori nucleari con una potenza installata di 62,862 GigaWatt: ben 27 di questi impianti stanno sorgendo in Cina con la sua enorme fame di energia, seguono la Russia con 11 reattori, la Corea del Sud con 5, l’India con 5, il Giappone con 2, Taiwan con 2, l’Ucraina con 2, la Bulgaria con 2, la Slovacchia con 2, e poi, con un reattore ciascuno, Argentina, Brasile, Finlandia, Francia, Iran, Pakistan e Usa. Ovviamente resta da verificare quali ulteriori ripercussioni avrà la recente catastrofe del reattore di Fukushima, dopo la defezione nucleare tedesca. In Italia a che punto siamo? Il Paese ha abbandonato l’atomo dopo il disastro di Cernobyl e il referendum «no grazie» del 1987. Di recente il governo Berlusconi aveva avviato un programma per tornare a costruire un certo numero di centrali nucleari, ma l’incidente in Giappone, proprio in vista del referendum anti-atomo del 12 e 13 giugno, ha indotto il centrodestra a fare retromarcia, per evitare una quasi certa sconfitta nelle urne. Ma più che un azzeramento è un rinvio. Mercoledì la Cassazione deciderà se le ultime decisioni del governo bastano a cancellare il referendum o se si dovrà votare comunque, cosa che (è probabile) cancellerebbe definitivamente l’atomo italiano. Che argomenti ci sono a favore del ritorno dell’Italia all’energia nucleare? I sostenitori dell’atomo dicono che diversificare le fonti di generazione elettrica è indispensabile alla stabilità e all’economicità del sistema. Propugnano un mix fra nucleare, carbone «pulito» ed energie rinnovabili, anche per ottemperare ai tagli (molto severi) delle emissioni di anidride carbonica a cui abbiamo accettato di sottoporci in sede internazionale. Ancora i sostenitori fanno notare che la Francia, con più di 50 centrali nucleari, realizzerà obiettivi analoghi facilmente e senza sacrificare la crescita economica, anche perché l’atomo le permette di produrre elettricità a costi bassi (e infatti l’Italia importa energia dalla Francia). Infine i filo-nucleari dicono che i reattori sono sicuri, e che i pochi incidenti avvengono soltanto in impianti vecchi, non del tipo che costruirebbe adesso l’Italia. E invece che cosa si può dire contro l’atomo? Chi teme questa energia fa notare che le reiterate promesse di sicurezza assoluta sono state ripetutamente disattese dagli incidenti, inoltre non è stato risolto il problema di dove mettere le scorie nucleari (che durano per migliaia di anni). Viene contestato anche il calcolo economico: le spese di smantellamento di una centrale atomica alla fine del suo ciclo operativo, si dice, mangerebbero i veri o presunti risparmi ottenuti prima. Alcuni di coloro che non sono pregiudizialmente ostili all’atomo osservano che sarebbe meglio aspettare qualche anno e costruire centrali nucleari con tecnologie nuove, più garantite e che non producono scorie. Quali sono le tecnologie nucleari oggi disponibili? Per le centrali italiane sono in lizza le centrali Epr, co-prodotte dalle francesi Areva, Alstom e Edf e dall’italiana Enel, e l’Esbwr dell’americana General Electric. Ma nel mondo ci sono altri grandi produttori. E le tecnologie futuribili? Per esempio Ansaldo è capofila di un progetto pan-europeo di impianti di terza generazione raffreddati a piombo fuso; inoltre ha un ruolo nel programma mondiale per lo studio della quarta generazione e nel «nuovo nucleare» a fissione di Carlo Rubbia.