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 2011  maggio 29 Domenica calendario

«PER FAR NASCERE CANALE 5 DORMIVAMO TUTTI AD ARCORE»


Cesare Cadeo, chiuda gli occhi e viaggiamo nel tempo. Dove era 35 anni fa?
«Maggio 1976, mi occupo di comunicazione quando l’amico Marcello Di Tondo, amministratore delegato di Tvm66, propone: “Cesare, hai una buona voce e sei di bella presenza: vieni a condurre il tg!”. Sono perplesso, ci penso un po’ su. Poi accetto quasi per scherzo».
E funziona.
«Dopo quasi due anni Di Tondo passa a Telemilano 58. “Cesare, seguimi. Lì c’è una persona un po’ matta che ti piacerà”».
Un po’matta?
«Silvio Berlusconi, imprenditore edile che ha deciso di aprire una tv. Matto perché paga puntualmente tutti i mesi i collaboratori. Faccio un servizio su Marco Lucchinelli e il dottore lo vede».
Scusi, chi è il dottore?
«Berlusconi! L’ho sempre chiamato così e tutt’ora lo chiamo in questo modo».
Ah. Diceva?
«Il dottore lo vede e mi contatta: “Cadeo, vuole venire a far parte della grande famiglia?”. E così inizio a lavorare al Tg diretto da Vittorio Buttafava».
E molla l’altro lavoro.
«Nooo. Nella vita ho sempre mantenuto tre lavori».
Urca. Anche adesso?
«Sono Project Manager dell’Idroscalo di Milano su incarico del presidente della Provincia. Faccio il consulente per la comunicazione della Confcommercio milanese. E continuo a occuparmi di tv, quando me ne danno l’opportunità…».
Già, la si vede di meno in video. Perché?
«Sono cambiate le scelte aziendali, si punta più sui giovani. E, cosa che mi lascia perplesso, si va sempre più verso canali ad personam: Rai1 sembra Rai Conti, Canale 5 sembra Canale Scotti».
Beh, il vicepresidente Mediaset è Piersilvio Berlusconi…
«Lo ricordo bambino, ad Arcore, sulle ginocchia del papà. Mi fissava incuriosito».
Lo ricorda e pensa che…
«Forse avrei dovuto curare di più le relazioni con lui, quando era piccolo».
Buona questa. Mai provato a parlargli?
«Sono timido e riservato e poi siamo due generazioni differenti. Va bene così, non è un problema».
La gente quando la riconosce che le dice?
«Mi chiama Cesarone ed è una grande dimostrazione di affetto. Di me si ricordano adulti e giovani: un recente sondaggio Abacus ha stabilito che mi conosce il 67.5% per cento degli italiani. Anche se non ho mai condotto Sanremo o un programma del sabato sera».
Appunto, Cadeo. Lei ha fatto una grande carriera in tv, ma senza fare il salto di qualità decisivo. Perché?
«Non l’ho mai capito e non ho mai cercato di capirlo veramente. Solo una volta l’ho chiesto all’amico Fedele Confalonieri».
Che ha risposto?
«“Cesare, nessuno è profeta in patria”. E poi mi ha sorriso per tre secondi. E in quel momento ho intuito che c’era qualcosa in più che non voleva o non poteva dirmi».
Scusi, la stessa domanda non l’ha mai rivolta direttamente a Berlusconi?
«Ci sono andato vicino. Sono stato sul punto di chiedere: “Dottore, perché a me non ha mai dato la chance che ha concesso ad altri? Proprio io che non l’ho mai tradita e ho rifiutato la Rai”».
Cosa l’ha bloccata?
«Non si chiede mai a una donna perché non ti ama».
Cadeo, giochiamo a carte scoperte. Nell’ambiente si dice che i motivi sarebbero extra professionali.
«Lo so, ne ho sentito parlare».
Donne?
«Lo escludo, non ho mai avuto storie. Piuttosto penso di non essere stato stimato o di essere stato antipatico a qualcuno che decideva. Ma non è un dramma».
Berlusconi lo sente ancora?
«Ci siamo visti alla festa dei 25 anni di presidenza del Milan, ci siamo abbracciati. Per me resta una persona speciale alla quale sono legato da una fraterna amicizia. Amicizia vera».
A un amico vero si rimproverano anche gli sbagli…
«Avrei tre appunti da fare al dottore».
Prego.
«Ha gestito male l’ultima campagna elettorale».
Poi?
«Nel ’94, appena eletto, ha sbagliato a fare della questione giustizia la sua prima battaglia».
Terzo?
«Ha sbagliato a scegliere certi individui nel suo partito. Ma non mi chieda nomi. Magari fossero tutti come Gianni Letta».
Come, nessun accenno al Bunga Bunga?
«La penso come Vittorio Messori. Meglio un buon politico donnaiolo che un cattivo moralista».
Cadeo, torniamo agli inizi. I suoi inizi.
«Nasco a Milano il 2 luglio 1946, mamma Lina casalinga e papà Luigi medico. Sono un bambino scatenato che sogna di fare il pompiere».
Scuole?
«Liceo Zaccaria, poi Università dove sono, con Vincenzo Franceschelli e Fabrizio Del Noce, uno dei fondatori della Confederazione Studentesca che si oppone al Movimento Studentesco. Papà si preoccupa e mi manda a Brighton a fare un master. Esperienza meravigliosa».
Quando rientra inizia a lavorare nell’ufficio stampa della Sea e poi inizia con la tv. E arriva da Berlusconi.
«La sua idea iniziale è quella di fare una tv via cavo per i potenziali acquirenti delle sue case. Dopo un viaggio negli Usa, però, intuisce che la televisione, ingrandita e via etere, potrebbe avere futuro. E si mette intesta di voler battere la Rai».
Impegnativo.
«Anche perché ad un certo punto gli dicono che non può andare sul territorio nazionale. E lui impazzisce: restando a livello locale la raccolta pubblicitaria non reggerebbe il confronto».
Quindi?
«Ha un’idea geniale, si inventa il pizzone. Registra una trasmissione, duplica le videocassette e poi le invia in aereo, auto e treno in tutte le tv locali che le mandano in onda alla stessa ora, formando così un vero e proprio network. Quando incontrai potenziali imprenditori per la pubblicità fa accendere il video: “Guardate, qui a Milano c’è il programma di Mike. Chiamate i vostri colleghi in altre zone d’Italia, su”. E tutti scoprono che ovunque c’è lo stesso programma. Così firmano i contratti. E in poco tempo esplode Publitalia».
È l’inizio del boom.
«Galliani è fondamentale per installare impianti e ripetitori in tutto il territorio. Il dottore ha attorno a sé collaboratori di altissimo livello e il successo è inevitabile. Confalonieri, Bernasconi, Foscale, Dell’Utri, Gironi, Moccagatta».
Cadeo, qualche momento da raccontare?
«Le riunioni ad Arcore. Il dottore ci illustrava l’idea di un nuovo programma e noi lo guardavamo incuriositi: “Quando si inizia?”. “Tra due giorni! Avete portato il pigiama?”. E si dormiva lì».
Scusi, come mai sorride?
«Una mattina alle 8 mi telefona a casa il dottore. “Cadeo, tu che sei sempre elegante, dammi un consiglio. Vado a una cena da amici, ma non voglio prendere freddo: posso mettere un golfino sotto il blazer?”. “No, dottore, non ci sta bene. Lo metta, ma poi in bagno se lo tolga”. E lui: “Allora perché ieri in trasmissione tu ce l’avevi? Ricordati che noi andiamo in casa della gente!” Capito? Controllava tutto».
Cesare, torniamo alla sua carriera. Lei a inizio anni ’80 conduce due trasmissioni di sport memorabili, grazie alle quali vince il Telegatto: Record e SuperRecord, primo quiz sportivo della storia.
«Ho sempre ospiti di altissimo livello: Tommasi, Mosca, De Adamich, Peterson, Cereghini, Cotelli, Bagatta. Anche la domanda più cretina, con loro, diventa una discussione raffinata. E Mosca…».
Dica.
«Era un gran giornalista, penna meravigliosa. Il suo elzeviro per commentare l’addio al calcio di Rivera è stato un capolavoro. Maurizio si è un po’ buttato via gli ultimi anni in tv».
A proposito di calcio. Lei nel 1986 entra a far parte del consiglio di amministrazione del Milan. E ci starà per dieci anni. Scelga tre momenti indimenticabili.
«La festa del primo scudetto, quello 1987-88, di ritorno da Como. San Siro è stracolmo di tifosi, io presento. Mi chiedono se sono emozionato, rispondo di no. Il medico del Milan, allora, mi mette un Doppler per registrare i battiti cardiaci. Risultato sbalorditivo: nessuna alterazione».
Due.
«Barcellona, finale di Coppa Campioni, 1994. Viaggio in top class e sono sul pullman della squadra quando si va al Nou Camp. A dieci minuti dalla fine il dottore, in tribuna, mi fa un cenno, lo seguo e guardiamo gli ultimi minuti a bordo campo, sulla scaletta che porta agli spogliatoi. Che brividi».
Il rossonero più freddo e quello più teso prima del match?
«Van Basten e Ancelotti».
Il più matto e il più composto nei festeggiamenti?
«Gullit e Rijkaard».
Tre.
«Quando presento il nuovo Milan di Berlusconi all’Arena. Il dottore ci chiede di fare arrivare la squadra in elicottero con, in sottofondo, la Cavalcata delle Valchirie. Io e Taveggia lo accontentiamo. Alla richiesta successiva, però, non sappiamo che fare».
Cioè?
«Ci dice che vuole cambiare le maglie della partita e che dovranno essere rinforzate come quelle del football americano: “Cribbio, così i giocatori sembreranno più grossi e faranno più paura”. Quando gli spieghiamo che è vietato dal regolamento rinuncia all’idea. Ma chiede di fare le divise bianche che gli ricordano il Real Madrid».
Torniamo alla tv. Per 5 anni lei fa l’inviato speciale di Mike Bongiorno a “Superflash” e “Penthatlon”.
«Realizzo le “Interviste in pantofole”, chiacchierate a casa dei politici. Da Mike imparo tutto. Professionista esemplare e grande maestro».
Cadeo, a inizio anni ’90 lei piano piano appare meno in tv. Perché?
«Le verrà da ridere, ma io paradossalmente ho lavorato molto con i governi di sinistra e poco con quelli di destra».
Il mondo della politica poi l’ha conosciuto da vicino.
«Ho fatto l’Assessore per 5 anni al comune di Milano con Ombretta Colli. E ho avutola grande fortuna di conoscere Gaber».
Cesare, ultime domande veloci. 1) Il presentatore più bravo di sempre e il migliore tra i giovani?
«Mike e Alessio Vinci».
2) Ha guadagnato tanto con la tv?
«Sì, grazie soprattutto a Publitalia che mi ha permesso di far studiare i miei figli all’estero per merito delle pentole e dei materassi».
3) Una cazzata che non rifarebbe?
«Stare troppo lontano da mia moglie Lalla e dai miei figli Alessandra, Filippo e Caterina. Mi sono perso i loro anni migliori».
4) Paura della morte?
«Non me ne frega niente. Nel 2000 l’ho vista da vicino, ho avuto un’ischemia e ora ho due gancetti che mi aiutano a tenere le arterie aperte».
4) Ha un sogno?
«Sto realizzando un giornale online, si chiamerà “Sguardi”».
Ultimissima. Cesare Cadeo come festeggerà i suoi 35 anni di tv?
«Con una grande festa a Milano: inviterò gli amici più cari della televisione e sono sicuro che parteciperà anche il dottore. Di persona o anche solo con una semplice telefonata».

Alessandro Dell’Orto