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 2011  maggio 29 Domenica calendario

MONVISO, LA VETTA DELL’UNITA’

Tutti l’abbiamo incontrato almeno una volta, alle elementari. «Dove nasce il Po?», chiedeva la maestra. E la classe in coro: «Dal Monviso». Per tanti la conoscenza finiva qui, anche se sarebbe riduttivo limitare la fama del “Re del mondo”, come lo chiamavano i Romani, al solo fatto di conservare, nelle sue profondità, le prime gocce del fiume più lungo d’Italia (652 chilometri). Con i suoi 3.841 metri il Monviso non è senz’altro tra le cime più alte della catena alpina, ma la sua conformazione e la sua collocazione, tra le province di Torino e Cuneo, isolata rispetto ai massicci del Monte Bianco e del Monte Rosa, lo rendono riconoscibile da molti chilometri di distanza. Monviso, semplicemente Viso per i piemontesi, è infatti un oronimo di antichissima origine che significa, appunto “monte visibile”.
Quest’anno, poi, c’è un motivo in più per rinfrescare i ricordi di scuola; in agosto, infatti, saranno celebrati i centocinquant’anni dalla prima ascensione della montagna, firmata nel 1861 da una coppia di distinti lord inglesi. A quell’epoca, il ventennio ’50 e ’60 del XIX secolo, gli alpinisti più attivi erano proprio i sudditi della regina Vittoria, che furono tra i primi salitori di quasi tutte le principali vette delle Alpi. Infine, il Monviso è legato a doppio filo alla storia dell’Unità d’Italia, che stiamo ancora celebrando. Da tempo nel mirino degli alpinisti (ma, sarebbe meglio dire, degli esploratori alpini) del tempo, il Monviso cade il 30 agosto 1861, quando William Mathews e William Jacomb, con le due guide alpine di Chamonix, Michel e Jean-Baptiste Croz, raggiungono la cima dopo un lungo girovagare per canali e speroni rocciosi. «L’abilità dei primi salitori – annota Marco Albino Ferrari nel suo In viaggio sulle Alpi (Einaudi) – fu prima di tutto trovare la strada, individuare il giusto percorso nel groviglio di rocce spesso instabili». La relazione di quella prima ascensione sarà pubblicata l’anno dopo da Mathews a Londra su “Peaks, Passes and Glaciers” e susciterà l’interesse di un giovane studioso italiano destinato a un futuro politico importante: Quintino Sella.
L’Italia era stata fatta da poco e, per cementare quell’unità ancora fragile, serviva un’impresa, un’avventura per suscitare nel popolo un sentimento di orgoglio nazionale. Quale occasione migliore, pensò Sella, di scalare una montagna tanto ambita e, perciò, prestigiosa? Così, nell’estate del 1863, Sella, con tre guide alpine, due nobili piemontesi e il deputato calabrese Giovanni Barraco, che proprio in virtù delle origini meridionali rappresentava l’ideale anello di congiunzione tra Nord e Sud Italia, parte per quella che a tutti gli effetti sarà la terza ascensione assoluta del Monviso.
Quel 12 agosto 1863 la salita, anche per i rudimentali attrezzi alpinistici dell’epoca e il vestiario poco adatto all’alta quota, si rivela molto lunga e faticosa, come scrive lo stesso Sella in un lungo articolo su “L’opinione”: «Tra l’opera dei piedi e delle mani, tra l’aiuto che qualche volta si riceveva da chi era avanti e da chi stava indietro, si andava su per balze, che veramente si sarebbero dette inaccessibili, e fra cui un uomo difficilmente si avventurerebbe solo». Ma tanta fatica trova il meritato premio quando la cordata raggiunge l’agognata cima. «In un attimo – annota Sella – stanchezza, dubbi, paure, sofferenza, tutto scordato. Eravamo finalmente riesciti! La soddisfazione delle buone guide che ci accompagnavano non era minore della nostra. Siamo venuti da
Snoi, dissi anzitutto, senza di bisogno di stranieri. Vedi l’amor proprio nazionale!».
Dispiegato il Tricolore sulla vetta, Sella e compagni hanno un unico cruccio: la tanto amata Italia, che dovrebbe disvelarsi al loro sguardo, è celata da un’impenetrabile coltre di nebbia. Tanto sudore per non vedere nulla. Ma questo non fa perdere d’animo Sella, che da lì a poco sarà nominato ministro delle Finanze del Regno e dovrà cimentarsi con ben altri problemi.
Sull’esempio del predecessore Mathews, fondatore nel 1857 dell’Alpine Club inglese, il più antico “circolo di montanari” al mondo, Quintino Sella chiude il suo articolo sull’ascensione al Monviso con la proposta di fondare, anche in Italia, un’associazione alpinistica. «A Londra – scrive – si è fatto un Club Alpino, cioè di persone che spendono qualche settimana dell’anno nel salire le Alpi, le nostre Alpi! [...] Ora non si potrebbe fare alcunché di simile da noi? Io crederei di sì». Detto, fatto. Il 23 ottobre 1863 al castello del Valentino di Torino nasce il Club alpino italiano «avente per iscopo di far conoscere le montagne, più precisamente le italiane, e di agevolarvi le escursioni, le salite e le esplorazioni scientifiche». Quell’anno i soci erano 184, oggi sono quasi trecentoventimila. Importanti anche i “numeri” del Monviso, visitato ogni anno da più di diecimila tra escursionisti e alpinisti, che si mettono sulle tracce di un altro inglese, James Forbes, che nel 1839, ventidue anni prima dell’ascensione di Mathews e compagni, per primo percorse il “giro” della montagna, ancora oggi tra le mete preferite degli appassionati. Un “esercito” con gli scarponi ai piedi e lo zaino sulle spalle che, in tre giorni (ma ai più veloci e allenati bastano quattordici ore) attraversa pacificamente sentieri e vallate carichi di storia patria.