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 2011  maggio 30 Lunedì calendario

Daniela, «donna con le palle» che cambia partiti come abiti - La patologica inquietudi­ne politica della deputates­sa Daniela Melchiorre l’ha trasformata in una facezia ambulante

Daniela, «donna con le palle» che cambia partiti come abiti - La patologica inquietudi­ne politica della deputates­sa Daniela Melchiorre l’ha trasformata in una facezia ambulante. Trascurando irresponsa­bilmente i suoi precedenti, la signora era stata nomina­t­a sottosegretario allo Svilup­po Economico il 6 maggio scorso. Apparteneva- ironia della sorte- al gruppo dei no­ve «responsabili» che il Cav ha voluto premiare con l’in­gresso nel governo. Da allo­ra, Daniela ha avuto solo il tempo- il 12 maggio- di com­piere inutilmente ( ai fini del­la stabilità psicologica) i 41 anni,prima di dimettersi dal­l’incarico di tre settimane prima. Melchiorre era stata promossa per essersi schie­rata in aprile con la maggio­ranza che sollevò il conflitto di interessi tra Procura di Mi­lano e Tribunale dei ministri sul caso Ruby. In altre paro­le, aveva manifestato col vo­to gli stessi sospetti del Cav sulle doti di equilibrio di Boc­cassini & Co. Detto da lei, ex magistrato, sembrava una posizione meditata. L’altro ieri invece, con un nuovo ghi­ribizzo, si è dimessa per il motivo opposto: protestare contro la stranota biliosità del Berlusca verso i giudici. Come fosse improvvisa­mente caduta dal pero, Da­niela si è indignata perché il Cav è andato a piagnucolare da Obama sui pm brutti e cat­tivi. «Non è accettabile che si giunga a tanta volgarità - ha detto- ... Non posso dimenti­care di essere un magistrato e di avere indossato con or­goglio e con onore la mia to­ga ». E giù una sviolinata agli ex colleghi- «orgoglio e ono­re che sono quelli della qua­si totalità dei magistrati che, silenziosamente, svolgono il proprio dovere» -, prima di fare, con fiero cipiglio, il gran rifiuto: «Constato che, almeno per me,non vi è spa­zi­o per un contributo all’atti­vità governativa». Ossia, io non mi sporco. Tié. Essendo questa, minimo, la quinta giravolta melchior­rea in un pugno d’anni, il centrodestra si è sbattuto qua e là per le risate. Primo a riprendersi, il collega di go­verno, Guido Crosetto, che per esprimere il rimpianto suscitato nel Pdl dal forfait di Daniela, si è ispirato a Crozza: «Mancherà al Paese il suo enorme bagaglio cultu­rale, il suo profilo morale, il suo eccelso senso delle istitu­zioni. L’Italia perde un pila­stro! ». Crosetto - per inciso ­è uomo mite e gentile. Ergo, la Dani è il genere di smorfio­setta che può far perdere le staffe a un santo. Essendo la signora così mobile, per parlarne biso­gna trovare punti fermi. Il più saldo, è che trattasi di uno schianto. Chiome nere sciolte, labbra tumide, decol­té da capogiro ne fanno una quarantenne da studios di Bollywood. È stata eletta miss Parlamento ed è la pre­scelta per un eventuale ca­lendario per camionisti. Su un campione di 800 guidato­ri di Tir, il 27 per cento ha in­dicato in lei l’ideal tipo della «donna autorevole e autori­taria » da appendere in cabi­na. Fin qui, non ci piove. Sul resto si va tentoni. Dani è considerata dura e volitiva. Il suo clone e compagno di partito - i Liberaldemocrati­ci - , Italo Tanoni, un adoran­te, dice di lei: «È bellissima, ma con le palle». Sulla rivela­zione stiamo alla parola di Tanoni, osservando però che l’attributo non attenua i confusi zig-zag della titola­re. Daniela è romana, sposa­ta, un figlio. Prima di affac­ciarsi alla vita pubblica, ha studiato danza classica per dodici anni, come Mara Car­fagna (seconda classificata nel sondaggio dei camioni­sti). Tanto talentuosa da far­si notare- così ha raccontato - dal coreografo Maurice Béjart. Ha vinto, su seimila concorrenti, uno dei nove posti messi in palio dalla Sca­la, ma lo ha subito mollato. Astrale anticipazione - an­che nei numeri: nove balleri­ne, nove responsabili - del­l’attuale sdegnoso abbando­no del governo. Attaccate al chiodo le scar­pette, seguendo il solco trac­ciato dal padre generale, è entrata nella magistratura militare come sostituto pro­curatore. È stata a Verona e a Torino. Ma per amore della politica, ha lasciato presto la toga. Se la sente però addos­so perché, come dice Oscar Luigi Scalfaro - che, magi­strato per una manciata d’anni,ci ha menato il torro­ne per una vita - , una volta indossata non la deponi più. Un po’ come gli alpini che si mettono il cappello anche in spiaggia. Senza contare che il reducismo della toga pa­ga: se fai il garantista ti cor­teggia il Berlusca, se fai il giu­stizialista ti arruola Bersani. In un modo o nell’altro, en­tri in Parlamento e ti sistemi. È il modo migliore per pen­dolare in base alla conve­nienza, nello stile di Dani tra aprile e maggio. A scoprire Melchiorre è stato Lamberto Dini. Con qualche avventura alle spal­le, un paio di matrimoni e una fama di charmeur , ebbe una folgorazione da intendi­tore. La bella bruna era presi­d­ente della Margherita a Mi­lano, dove vive. La sponso­rizzazione diniana, le mise le ali ai piedi talentuosi, av­viando la stagione delle piro­ette. Comincia a flirtare con la sinistra. «Mi trattavano co­me un vaso in una cristalle­ria », disse. Così, nel 2006, in quota Lamberto, entra nel governo Prodi e diventa sot­tosegretario alla Giustizia del ministro Mastella. È lei che pela la gatta della bambi­na ucraina «rapita» dalla fa­miglia ligure e pretesa dal Pa­ese di origine. Fu allora che fummo abbagliati per la pri­ma volta - nei talk show tv ­dalle chiome corvine e le tu­mescenze danielesche. Liti­gò col suo Guardasigilli sul­l’amnistia e fu punita col riti­ro temporaneo delle dele­ghe. Mise allora il broncio al­la sinistra e si rivolse al Cav che le garantì il seggio per la legislatura successiva. Nel­l’aprile 2008, è eletta deputa­to Pdl. E ora attenti che co­mincia il galoppo. In luglio, lascia il Pdl per il gruppo Mi­sto. In novembre, passa al­l’opposizione. Nel 2009, si presenta alle europee con i suoi LibDem e la lista è la me­no votata in assoluto. Nel­l’aprile 2010, lascia la sini­stra per il centro. Si allea con l’Udc, poi anche con i fuoru­sciti finiani, intrigando con i Bocchino e i Briguglio nella santa alleanza contro il Mo­stro brianzolo. Il resto è no­to. Quest’anno in aprile (me­se delle paturnie), si riabbar­bica al Cav in vista del sotto­segretariato e lo ottiene. Fin­ché, travolta dalla contropa­turnia di maggio, lo rifiuta. Tra un mese, tirerà la mone­tina e deciderà che altro in­ventarsi.