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 2011  maggio 30 Lunedì calendario

Si può divorziare in tutto il mondo? - A Malta il referendum per la legalizzazione del divorzio si è concluso con la vittoria del sì

Si può divorziare in tutto il mondo? - A Malta il referendum per la legalizzazione del divorzio si è concluso con la vittoria del sì. Ora in tutto il mondo si può divorziare? Dopo che il Cile lo legalizzò nel 2004 (e ora Malta), il divorzio rimane vietato solo nelle Filippine. Alll’opposto i Paesi in cui ci si separa di più sono: Russia, Bielorussia, Ucraina, Moldavia, Isole Cayman, Usa, Bermuda, Cuba, Lituania e Repubblica Ceca. Il divorzio in Giappone è una festa: si celebra la rottura delle fedi davanti a parenti e amici per sancire definitivamente la fine del matrimonio. Per numero di separazioni Mosca ha soppiantato Reno, la città del Nevada diventata popolare negli Anni 30, quando inventò il «divorzio breve». Da quando in Italia è legale il divorzio? Dal 1970. La legge Fortuna-Baslini prevedeva una pausa di riflessione di cinque anni, dopo la separazione, prima di poter avere lo scioglimento. Alle donne era imposta un’ulteriore attesa (altri 300 giorni) prima di potersi rifare una vita. Così molti, per dimezzare i tempi, andavano all’estero, soprattutto in Centro America. Nel 1987 la pausa di riflessione scese a tre anni. Nel 1971 in Italia furono 17.134 i divorzi, nel 1972 32.627. Qual è l’andamento delle separazioni? Dopo il 1973, i divorzi si stabilizzarono intorno ai 10-15 mila all’anno per tornare a crescere con la riforma dell’87: 27.072. Nel 2008 ne sono stati fatti 54.351, 179 ogni 1.000 matrimoni, con un aumento del 7,3% rispetto all’anno precedente. Novità di rilievo sono state introdotte dalla legge 54 del 2006 per quel che riguarda la gestione dei figli minori. Nel 2002 gli affidi condivisi erano circa il 10% del totale, nel 2005 il 15%, nel 2007 il 72%. Esiste ancora il «turismo per divorzio»? Sì. Per abbattere i tempi lunghi delle procedure per la separazione, negli ultimi 5 anni almeno 8 mila coppie italiane hanno divorziato all’estero. Per tornare liberi in «terra straniera» basta prendere in affitto un appartamento all’estero, farsi intestare il contratto di affitto (incluse le bollette) e chiedere la residenza. Quanto costa separarsi? I costi in Italia possono arrivare anche a 20-25 mila euro per una causa giudiziale. Con il rischio di essere condannati anche alle spese e di vedere passare sette, otto anni prima di tornare liberi. I coniugi nel 77,3% dei casi scelgono il rito consensuale, ma i tempi restano lunghi. Tra la prima udienza e la seguente passano anche otto mesi. Ciò provoca un aumento delle violenze familiari perché aspettare 4-5 mesi senza una risposta fa crescere la tensione. Nel resto d’Europa c’è già il divorzio breve in discussione in Italia? Sì, quasi ovunque. Non si fanno due processi, come in Italia, uno per la separazione e uno per il divorzio, ma si accede direttamente a quest’ultimo istituto. Secondo la Commissione europea per l’efficienza della giustizia sullo stato dei sistemi giudiziari in 45 Stati su 47 membri del Consiglio d’Europa, l’Italia si è aggiudicata la maglia nera per la durata dei procedimenti di divorzio: per le procedure di primo grado occorrono 634 giorni, il doppio di quanto serve in Germania e in Portogallo. Nella classifica, dopo l’Italia vengono la Francia (447 giorni), il Portogallo (325) e la Germania (321). In Spagna il tempo valutabile per ottenere il divorzio varia fra i tre e i 6 mesi e la pratica può essere sollecitata dopo un minimo di tre mesi dalle nozze. La «mentalità divorzista» si fa largo anche in Italia? L’8 e 9 maggio dello scorso anno, a Milano, si è tenuta la prima «fiera del divorzio» del nostro Paese. La notizia è stata ripresa dal «New York Times», che celebrava l’evento come segno di un cambiamento della cultura italiana, centrata su una visione di famiglia ispirata dalla Chiesa cattolica. In realtà, nonostante l’Italia rimanga un Paese dove ci si separa e si divorzia meno che altrove, il cambiamento dei costumi degli italiani relativamente alla dissolubilità del matrimonio va avanti da tempo. Sin dagli Anni 70 separazioni e divorzi sono aumentati in maniera continua. Perché la Chiesa cattolica è contraria al divorzio? Per la Chiesa il divorzio è una grave offesa alla legge naturale: pretende di sciogliere il patto, liberamente stipulato dagli sposi, di vivere l’uno con l’altro fino alla morte. Il divorzio offende l’«alleanza della salvezza», di cui il matrimonio sacramentale è segno. Il fatto di contrarre un nuovo vincolo nuziale, anche se riconosciuto dalla legge civile, accresce la gravità della rottura: il coniuge risposato si trova in una condizione di adulterio permanente. Perché è «immorale» separarsi? «Secondo la dottrina cattolica, il carattere immorale del divorzio deriva dal disordine che introduce nella famiglia e nella società. Tale disordine genera gravi danni: per il coniuge, che si trova abbandonato; per i figli, traumatizzati dalla separazione dei genitori, e sovente contesi; per il suo effetto contagioso, che lo rende una piaga sociale.