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 2011  maggio 30 Lunedì calendario

RCS, MENO POSTI IN CDA

Tra gli avamposti della galassia Mediobanca che più potrebbero risentire di scossoni in un prossimo futuro c’è anche la Rcs Mediagroup, casa editrice che controlla tra gli altri il Corriere della Sera e a sua volta controllata da un patto di sindacato che raggruppa il 64% del capitale.
Le ragioni per cui la situazione in Rcs appare in evoluzione sono molteplici e di diversa natura. La prima motivazione è da ricondurre alla frammentazione dell’azionariato, composto da ben 13 pattisti, tutti di alto lignaggio tra imprenditori, industriali e banchieri, e da altri tre azionisti di peso che soggiornano al di fuori del patto, come Giuseppe Rotelli, la famiglia Benetton e il gruppo romano Toti. Tanti soci equivalgono a nessun socio, ripetono spesso i sostenitori di questo modello, poiché nessuno è in grado di prevalere sugli altri a tutto vantaggio della libertà e del pluralismo dell’informazione di cui, in questo caso, dovrebbero beneficiare i giornali di via Solferino. Ma da un po’ di tempo diversi azionisti hanno cominciato a pensare che questa equazione non sia più virtuosa e che la pluralità degli azionisti stia diventando un elemento di rigidità della casa editrice che deve affrontare un mercato editoriale sempre più in evoluzione.
Tanti azionisti significano anche veti incrociati sulle nomine chiave per la gestione e le direzioni dei giornali e significano anche tanti padronati in cerca di protezione sotto il grande ombrello di Rcs. Basti pensare, per esempio, alla scelta dei Benetton che dopo tanti anni passati fuori dal sistema dei poteri, lontani sia da Mediobanca che dai palazzi romani, in seguito alla grande battaglia perduta per portare la loro Autostrade al matrimonio con la spagnola Abertis, hanno deciso che era giunto il momento di diventare azionisti sia della Rcs che del Sole 24 Ore. Non è dato sapere se a distanza di anni a Ponzano Veneto la scelta sia stata considerata saggia. Certo da quel momento in poi di scintille intorno al gruppo non ve ne sono più state ma forse è dipeso più dalla crisi finanziaria.
Fatto sta che da fine febbraio in poi si è visto un Diego Della Valle, azionista al 5,4% di Rcs, puntare a testa bassa contro gli "arzilli vecchietti" Cesare Geronzi e Giovanni Bazoli rei, a suo dire, di reggere il bastone del comando del gruppo per grazia ricevuta nonostante non abbiano mai investito di tasca loro neanche un soldo ma soltanto quelli delle banche e delle assicurazioni che governano.
E un risultato tangibile, in effetti, Della Valle lo ha ottenuto. Con l’uscita forzata di Geronzi dalle Generali viene meno la sua ingombrante presenza all’interno della Rcs, dove occupava una poltrona in ciascuno dei tre parlamentini di cui è formata la "barocca" governance della casa editrice: il patto di sindacato, il consiglio di amministrazione della capogruppo, e il cda della Rcs Quotidiani, dove proprio recentemente si sono seduti tutti i big del libro soci, da Bazoli a Della Valle, a Tronchetti Provera fino a Giampiero Pesenti e Luca di Montezemolo. L’uscita di Geronzi, dunque, ha indebolito la componente più intransigente del patto, quella che per intenderci nel 2005 riuscì a far fuori Vittorio Colao. E parallelamente ha indebolito anche Bazoli, che comunque in Geronzi trovava un interlocutore affidabile con cui dialogare nei momenti difficili e nei passaggi delicati. Allo stesso tempo ha guadagnato peso la componente Mediobanca, uscita vincitrice dalla furiosa battaglia di Trieste. E non a caso sono stati proprio i manager di piazzetta Cuccia a proporre una semplificazione della governance che dovrà essere approvata dall’assemblea del 20 giugno: la fusione delle società controllate in Rcs Mediagroup. In pratica dovrebbero sparire i cda di Rcs Quotidiani, Rcs Libri, Rcs Periodici e Rcs Pubblicità, o una parte di essi, per essere ricompresi in un unico grande consiglio di amministrazione, peraltro già esistente. L’operazione sembra trovare il consenso dei maggiori soci, incluso quel Rotelli che alla fine dell’ultimo cda auspicava maggiore efficienza e governabilità. Ma a ben vedere non sarà un passaggio facile poiché qualche nome di spicco potrebbe risultare penalizzato. Per esempio Intesa Sanpaolo è rappresentata in cda da Enrico Salza ma non sono presenti né Corrado Passera né Bazoli che fanno parte invece del direttivo del patto, il secondo in virtù della quota posseduta dalla finanziaria bresciana Mittel. Pirelli&C. ha recentemente designato Vittorio Malacalza in cda mentre John Elkann e Della Valle sono gli unici tra i grandi azionisti a essere sia nel patto che nel cda e nel comitato esecutivo. Dunque è possibile che la riorganizzazione e semplificazione societaria possa portare anche a modifiche nel numero o nelle persone che attualmente compongono l’organo di governo societario principale.
Tuttavia è lecito pensare che non tutto finirà lì. Nelle giornate bollenti dello scontro in Generali, una riunione straordinaria del patto di sindacato Rcs ha sancito la centralità del cda per il governo della società e blindato fino al 2014 la scadenza del patto e la direzione del Corriere nelle mani di Ferruccio de Bortoli. Un modo per impedire nuovi scossoni ma non è detto che basti. Con il vento di cambiamento che agita il mondo della politica e in particolare a Milano, anche le ovattate stanze di via Solferino potrebbero subire delle trasformazioni. L’alfiere del cambiamento potrebbe essere sempre lui, Della Valle, l’uomo che a più riprese ha reso esplicito il suo interessamento a crescere nel capitale della Rcs qualora se ne presentasse l’opportunità. Ma Della Valle non può comprare azioni, se non nella misura di un altro 1,1% rispetto al 5,4% già posseduto, in base alle regole del patto. Ed è per questo motivo che in una delle prossime riunioni il fondatore della Tod’s potrebbe chiedere al presidente Piergaetano Marchetti presidente e giurista ideatore delle regole anti scalata ai tempi di Stefano Ricucci di restituire la possibilità ai membri del patto di acquistare azioni anche al di fuori di esso. Non è detto che ce la farà perché gli altri componenti del parlamentino non hanno piacere né a vedere Della Valle rafforzarsi né a comprare loro stessi altre azioni. La minaccia che lo faccia un esterno non è così probabile, visto che il flottante borsistico della Rcs è ai minimi termini, forse sotto il 15%, tanto che esisterebbero gli estremi per chiedere il delisting. Nell’avanzare le sue richieste Della Valle potrebbe inoltre far valere vecchie promesse, come quella dell’ex presidente della Fiat Paolo Fresco che anni addietro si dice fosse pronto a vendere a lui il 10% di Rcs in mano alla casa automobilistica. Manovra poi abilmente arginata da Bazoli in virtù di un rapporto storico con l’avvocato Agnelli. E poi bisognerà vedere quali saranno le mosse di Rotelli (deve ancora esercitare una costosa opzione sul 3,52% in mano al Banco Popolare) ma disposto a rafforzarsi ancora se qualcuno fosse disposto a vendere.
In questo quadro il primo socio Mediobanca sembra sia intenzionato a ridurre la quota controllata dal patto, oggi al 63,54%, a cambiare il management alla scadenza e a mettere sul mercato alcuni periodici non redditizi. Corrado Passera potrebbe avere altre idee in testa e così Elkann e Pesenti che hanno le quote più importanti dopo Mediobanca. In calo, dopo l’uscita di Geronzi, le quotazioni di Tronchetti e Ligresti, quest’ultimo ormai sotto lo schermo protettivo dell’Unicredit di Palenzona. Insomma un crogiolo di interessi che potrebbe ulteriormente evolversi nelle prossime settimane oppure, secondo i sostenitori della blindatura del Corriere, rimanere inalterato ancora per un bel po’ di tempo.