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 2011  maggio 30 Lunedì calendario

DEFICIT, DERIVATI, SOLIDITA’ BANCHE: L’EREDITA’ AVVELENATA DELLA CRISI

Mario Draghi è un banchiere centrale atipico: rappresenta il Paese come governatore della Banca d’Italia e al tempo stesso costruisce compromessi su base internazionale tra le diverse autorità monetarie come presidente del Financial Stability Board e, tra poco, della Banca centrale europea. Le sue considerazioni finali domani saranno dunque attese ancor più che in passato per scrutare lo stato dell’arte e la possibile evoluzione di almeno tre grandi problemi aperti dalla Grande Crisi. 1) L’orgia del debito pubblico e privato ha di fatto sospeso il normale gioco della domanda e dell’offerta di obbligazioni per evitare che il fallimento di alcune banche maggiori trascinasse nel gorgo l’intera economia. Una beffa se si pensa che la debt economy è stata ritenuta per trent’anni la leva dello sviluppo e la manifestazione massima di mercati finanziari ormai infallibili. Ora, a questa beffa se ne è aggiunta un’altra: quella dei paesi periferici dell’area dell’euro che, si veda la Grecia, non sono mai abbastanza piccoli per poter fallire essi stessi senza minacciare la tenuta complessiva della moneta unica. Banche centrali e governi avevano promesso di creare le condizioni reali e normative per consentire l’ordinato fallimento delle banche peggiori e le regole europee per far uscire dall’euro senza eccessivi danni collaterali quei paesi per i quali ritorno a una moneta nazionale svalutabile fosse diventata l’ultimissima spiaggia. La promessa non è ancora stata mantenuta. L’azione dei governi e dei regolatori tuttora scommette su misure prudenziali nelle banche per scongiurare tout court i fallimenti su aiuti condizionati al rigore nelle province più deboli dell’Eurozona. Cambierà qualcosa? 2) Francia e Germania intendono tagliare le unghie alla turbo finanza dei derivati. In particolare, il presidente Sarkozy e la Cancelliera Merkel chiedono di proibire vendite allo scoperto dei credit default swap sui titoli Stato. Una linea proibizionista che sacrifica un grado di del mercato per evitare che la speculazione aggravi problemi delle economie reali più deboli con riflessi negativi anche su quelle più forti. Ridurla a un interesse nazionalistico (molte obbligazioni greche sono in portafoglio banche tedesche e francesi) fuorviante ove si considerino le conseguenze sui tassi d’interesse del debito pubblico anche dei paesi migliori e sull’andamento generale dei mercati. Il presidente dell’Abi, Giuseppe Mussari, ha sposato in recenti dichiarazioni la posizione franco-tedesca. Le tre banche maggiori (Intesa Sanpaolo, Unicredit e Monte dei Paschi) suggeriscono una linea meno dura: concentrare le negoziazioni dei derivati, oggi monopolio di quattro grandi banche d’investimento americane e di due europee, in poche clearing house finanziate dai soggetti che negoziano e imporre il deposito di margini all’inizio e nel durante dell’affare. Che cosa suggerirà la Banca d’Italia governo? E ove fosse prescelta la linea riformista, quali saranno i margini? Dalle risposte si capirà se si vuole depotenziare o meno la finanza a sé stessa. 3) Le banche italiane stanno pagando lo scotto della crisi. Non solo perché aumentano le sofferenze e le vere proprie perdite su crediti, ma anche perché l’andamento dei tassi rischia di rendere illiquide una quota non piccola della loro raccolta obbligazionaria. Un recente rapporto R&S, fatto per il Sole 24 Ore, stima in 38 miliardi le emissioni senza prezzo di mercato delle prime 10 banche italiane. È possibile che una parte di queste obbligazioni siano comunque rimborsabili al nominale a richiesta della clientela fedele. Ma forse anche questo dato aiuta a capire l’urgenza che la Banca d’Italia ha posto nella ricapitalizzazione delle maggiori banche. Che avviene nell’ordine dei 10-12 miliardi. Si sa che i banchieri italiani negavano l’urgenza questa manovra e l’hanno poi giustificata in due modi: questi soldi serviranno a sviluppare gli impieghi; una parte sarà restituita come dividendo. Nei primi mesi dell’anno, più di un centro di ha stimato in 40 miliardi la sottocapitalizzazione delle banche principali rispetto a Basilea III, e la Banca d’Italia ha esortato alla manica stretta sui dividendi. Sarà interessante capire se, secondo Draghi in partenza per Francoforte, le banche italiane hanno superato il nuovo esame. Anche perché, nel caso di una successione interna palazzo Koch, il giudizio del governatore uscente coinvolgerà un po’ anche il subentrante.