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 2011  maggio 29 Domenica calendario

TRE NODI SU CUI GLI STATES TACCIONI

Tutti abbiamo argomenti di cui preferiamo non parlare. Perché ci imbarazzano, perché sono dolorosi, perché sono problemi per i quali non vediamo soluzione. O semplicemente perché non li capiamo.

Anche i Paesi sono affetti da questo male. Ovunque ci sono tematiche che compaiono poco nella conversazione nazionale, quella che si svolge nelle case e nei Parlamenti, tra amici e sui mezzi di comunicazione o nei centri di potere. Non è che i problemi vengano del tutto ignorati o che non emergano ogni tanto con forza nei dibattiti nazionali. Emergono ma di solito vengono discussi in modo superficiale, passeggero e senza conseguenze pratiche rilevanti. Sono infatti punti ciechi: problemi la cui importanza è evidente come il poco che si fa per affrontarli.

Nonostante la vibrante democrazia e la strenua tutela della libertà di espressione, la conversazione nazionale ha molteplici punti ciechi importanti anche negli Stati Uniti. Ce ne sono tre in particolare che mi sembrano degni di nota: si riferiscono ai militari, alle finanze e agli ispanici.

La spesa militare fraudolenta

È risaputo che gli Stati Uniti sono il paese con la spesa militare più elevata. Spendono il 43% del totale mondiale e più dell’insieme dei dieci Paesi che li seguono in classifica. Il Pentagono assorbe circa un terzo del budget nazionale nordamericano e negli ultimi dieci anni la spesa militare statunitense è aumentata al ritmo del 9% all’anno. A Washington è stato avviato di recente un dibattito sulla necessità di ridurre la spesa militare, ma gli importi massimi di cui si parla sono in realtà minimi. E il fatto di cui si parla poco - e questo è un importante punto cieco - è l’enorme spreco che esiste nella spesa militare. Alcune stime lo collocano intorno al 30% del totale. O anche di più. Ma la realtà è che non si sa: «Non è possibile effettuare la revisione contabile dei rendiconti finanziari del Dipartimento della Difesa» ha concluso il Government Accountability Office poco tempo fa. Questo significa che gli Stati Uniti spendono ogni anno circa 1.000 miliardi di dollari senza sapere in che modo. E, secondo i revisori, «la mancanza di controlli rende difficile rilevare le frodi, gli sprechi e gli abusi». Questo non fa parte della conversazione nazionale.

Il gigantismo di Wall Street

Conosco una neolaureata, senza esperienza, che è stata assunta da una banca di Wall Street con uno stipendio annuo di 80.000 dollari. Un altro giovane, laureato di recente in ingegneria, è stato assunto da una azienda manifatturiera statunitense per 40.000 dollari l’anno. Li conosco entrambi e so che tra loro non ci sono grandi differenze in termini di talento, motivazione o preparazione accademica. La dipendente bancaria, tuttavia, guadagna il doppio. Il settore finanziario se lo può permettere: negli ultimi dieci anni ha assorbito il 41% dei guadagni del settore privato statunitense. Secondo Simon Johnson, un economista del Mit, sei conglomerate finanziarie controllano asset equivalenti al 60% del prodotto nazionale lordo degli Stati Uniti. A metà degli anni 1990 questa proporzione era pari al 20% del PIL. Robert Creamer ha calcolato che nel 2007 i 50 più importanti gestori di Wall Street hanno guadagnato 588 milioni di dollari ciascuno.

Non c’è dubbio che il settore finanziario abbia acquisito un peso economico e di conseguenza una enorme influenza politica. Richiama capitali, talenti e decisioni politiche favorevoli come forse nessun altro. Il crollo del 2008 ha ulteriormente aumentato la concentrazione di potere nell’ambito del settore finanziario e benché ora sia più regolamentato continua ad avere una enorme autonomia e influenza politica. Questo è un altro argomento di cui si discute in modo superficiale e poco utile. Regnano l’innocuo populismo dei politici e l’astuta manipolazione della conversazione da parte di coloro che non vogliono che ci siano molti cambiamenti.

La sorpresa ispanica

Sono appena stati resi noti alcuni risultati dell’ultimo censimento della popolazione degli Stati Uniti. Gli ispanici, che erano 22 milioni nel 1990, sono adesso 52 milioni. Nel 2016 arriveranno a 60 milioni, il 18% del totale della popolazione degli Usa. Gli "angloamericani" sono passati dal quasi 70 % degli statunitensi nel 2000 all’attuale 63%. La popolazione ispanica cresce con un tasso quattro volte superiore a quello dell’insieme della popolazione. Anche il suo potere d’acquisto aumenta a ritmo accelerato e gli ispanici residenti negli Usa rappresentano oggi il ceto medio con la crescita più rapida al mondo. Negli Stati Uniti si sa che gli ispanici sono molti e sempre di più. Ma non si sa ancora bene come regolarsi con questa realtà. L’aumento del peso economico e politico degli ispanici negli Usa cambierà il paese. È un altro argomento poco discusso che riserverà molte sorprese.

(Traduzione di Lidia Filippone)