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 2011  maggio 29 Domenica calendario

SANTA SEDE E ISRAELE UNA DIFFICILE DIPLOMAZIA - A

proposito del problema dei luoghi santi in generale e di Gerusalemme in particolare, qual è la posizione della Chiesa? Non credo che almeno in passato la diplomazia vaticana abbia rinunciato ad assumere una qualche posizione su quell’area.
Ivana Cavalli Lecco
Cara Signora, all’origine dei contrastati rapporti fra la Santa Sede e lo Stato d’Israele vi è la delusione della Chiesa romana per gli accordi con cui Francia e Gran Bretagna, alla fine della Grande guerra, si erano divisi l’Impero ottomano. Il Vaticano non fu lieto che Gerusalemme venisse liberata, il 9 dicembre 1917, dal generale di un Paese scismatico, il britannico Edmund Allenby, e sperò inutilmente che i vincitori, anziché assegnare tutta la Palestina alla Gran Bretagna, affidassero Gerusalemme alla protezione di un Paese cattolico come il Belgio. Se avessero potuto parlare con franchezza, i prelati della curia romana avrebbero dichiarato che persino l’Impero ottomano, tutto sommato, era meglio di un Paese europeo ma anglicano e protestante. La risoluzione approvata dall’Assemblea generale dell’Onu nel novembre 1947, di cui ho scritto in una risposta precedente, rispondeva quindi perfettamente agli interessi della Chiesa. Divideva la Palestina mandataria (il territorio affidato alla protezione della Gran Bretagna) in due Stati, ma conferiva a Gerusalemme il carattere di città Stato e ne assicurava l’indipendenza. I luoghi santi, in altre parole, non sarebbero stati né arabi né israeliani: sarebbero appartenuti al mondo. L’intervento militare dei Paesi arabi contro lo Stato israeliano impedì l’applicazione della risoluzione e la guerra dei Sei giorni, come sappiamo, ebbe per conseguenza, dopo la conquista israeliana di Gerusalemme, la proclamazione della città a capitale dello Stato ebraico. Scende da quel momento, fra Israele e la Santa Sede, una cortina che non sarebbe giusto definire «di ferro» , come quella che separò l’Est e l’Ovest ai tempi della Guerra fredda, ma che ebbe pur sempre l’effetto di congelare i loro rapporti. La cortina fu alzata grazie alla creazione di una Commissione bilaterale permanente di lavoro, costituita il 29 luglio 1992, che permise la firma, il 30 dicembre 1993, di un «Accordo fondamentale tra la Santa Sede e lo Stato d’Israele» . L’accordo riconosceva le prerogative e le funzioni della Chiesa nel territorio dello Stato ebraico, definiva in un protocollo addizionale lo status dei rispettivi rappresentanti diplomatici e lasciava alla Commissione permanente il compito di risolvere alcuni problemi apparentemente minori. Ma i problemi irrisolti (titoli di proprietà, status fiscale) appartengono alla categoria di quelli in cui si nasconde abitualmente il demonio e il progresso, per molto tempo, è stato pressoché nullo. Sembra che le cose, dopo la visita di Giovanni Paolo II in Israele nel maggio del 2009, vadano meglio. Ma le parti, pur registrando qualche passo avanti, hanno deciso di parlare soltanto dopo la conclusione della trattativa. Non resta che aspettare.
Sergio Romano