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 2011  maggio 29 Domenica calendario

SE UN TRANQUILLO VICINO DI CASA HA LA MORTE RINCHIUSA IN GARAGE

La realtà sa essere spaventosa. L’anonimo garage sotto casa può diventare il luogo di una violenza inaudita. Nella finzione il male si riconosce subito, nella vita non ha volto. Perché è il nostro, uguale, preciso. I protagonisti sono sempre loro: pacifici dirimpettai, persone normali, lavoratori irreprensibili. Cosa dicevano i vicini di casa di Antonio Giordano, il proprietario del box sospettato di essere un brutale assassino? Che era «un uomo tranquillo» . Questa è la ferocia della realtà.
A raccontare questa storia vengono i brividi: dapprima una prostituta ghanese fugge terrorizzata, dopo le aggressive pretese sessuali di un cliente violento. Poi gli abitanti del quartiere, nelle loro case, sentono grida, rumori sospetti. Infine arrivano i carabinieri, in via Villa Rachele, a Cinisello Balsamo. Chiedono al proprietario di aprire il garage per un’ispezione, sembra una ricognizione di routine, e invece scoprono il cadavere di una giovane prostituta rumena. Incaprettata. I testimoni si moltiplicano: una studentessa dal balcone aveva notato una macchina sgommare, la notte prima, quasi volesse investire qualcuno per strada, un muratore si ricorda di una bella donna che ogni mattina entrava nel box, per uscirne poco dopo. Chi frequenta quel covo? E perché?
Antonio Giordano ammutolisce. La madre, la sorella, con le quali vive, non possono crederci. Non è lui, non è possibile sia lui. Il silenzio di Giordano inizia a rompersi di fronte alle domande incessanti degli investigatori. Un uomo separato, con figli, una persona normale. Che forse si rispecchiava nelle immagini pornografiche proiettate dal suo televisore, dando sfogo così alle sue insoddisfazioni. Parlo da scrittore, da manipolatore di storie, la verità è che io non so nulla, cerco una identificazione impossibile. Le attrezzature tecnologiche per filmare ritrovate dai carabinieri farebbero pensare alla più allucinata delle leggende urbane: gli «snuff movie» , film dove si riprende la morte in diretta. Non c’è mai stata la prova che esistano, non voglio credere che questa lo sia.
Forse Giordano cercava solo di registrare i suoi amplessi, come fanno molte coppie, con la prurigine poi di mandare tutto on line. Rendere finto il reale. Raccontarlo con le immagini, rivederlo fino allo stremo, pacificando le proprie pulsioni. Poi sorge il sospetto non provato che la ragazza soffocata non sia l’unica. La paura di avere a che fare con un serial killer, qui, ad un passo da casa nostra. O, più prosaicamente, scoprire, dagli interrogatori di queste ore degli inquirenti, che il box insonorizzato era un set pornografico a buon mercato che Giordano metteva a disposizione a qualcuno. Per soldi.
Ma questo non è un libro. Ecco perché la realtà è inaccessibile, abnorme. Quando chiudo un romanzo sigillo nelle sue pagine i mostri inquietanti che vivono nelle pagine. La crudeltà del mondo, invece, non ha fine. È anche per questo che amiamo leggere storie di nera. Decomprimono le nostre ansie, le rendono romanzesche. Questa storia racconta, in ogni caso, di una società, la nostra, che ha iper-erotizzato l’immaginario collettivo. Il nostro immaginario. Il mio, perché io sono un coetaneo di Giordano e come lui, forse, ho dentro di me un moloch irrequieto che chiede riti sacrificali. C’è chi li sublima, chi ci convive, chi ne viene sopraffatto. Ciò che resta però sono le vittime. Vogliamo sapere tutto dei carnefici ma, egoisti, della vittima non sappiamo nulla, neppure il nome, quasi non ci interessasse. Ed è questa la massima violenza, la più estrema delle crudeltà.
Ancora una volta una giovane donna ha subito la più degradante delle umiliazioni: è stata trasformata in un oggetto, in un vuoto a perdere dove riversare le proprie angosce. Ancora una volta è il corpo di una donna a morire. O iniziamo a cambiare il nostro immaginario, il nostro modo di intendere il femminile, o saremo tutti, indifferentemente, colpevoli.
Gianni Biondillo