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 2011  giugno 02 Giovedì calendario

GRECIA PAESE IN VENDITA

Se l’Acropoli avesse le ruote, l’avrebbero già venduta: quella sì che vale dei soldi". Adonis guida il suo taxi sotto il sole di Atene. La radio ha appena annunciato che il suo settore verrà liberalizzato. Stessa sorte per fisioterapisti, psicologi e altre 133 categorie di lavoratori le cui licenze, per anni simbolo di occupazione garantita, perderanno di fatto valore. Adonis se lo aspettava. Se la prende solo quando sente che la liberalizzazione per ora non toccherà avvocati, notai e dentisti: "Sempre i soliti fortunati", sorride amaro. Lo speaker riparte snocciolando gli ultimi dati sulle disastrate casse dell’economia greca. Da un anno a questa parte sotto il Partenone non si fa altro che commentare i continui record dei titoli di Stato: l’ultimo è quello dei biennali, arrivati martedì 24 maggio al tasso del 27,18 per cento. Da quando tutti hanno capito che i 110 miliardi prestati da Unione europea e Fondo monetario internazionale non basteranno per evitare la bancarotta, la parola magica è diventata "privatizzazioni". Il governo del socialista Georgios Papandreou conta di recuperare oltre 50 miliardi di euro vendendo alcuni pezzi dell’economia nazionale entro il 2015, ma con un debito accumulato di oltre 327 miliardi, quei 50 appaiono come una secchiata d’acqua in un incendio. Per questo, l’ipotesi di ristrutturare il debito ellenico, cioè di concedere ad Atene più tempo per ripagare i creditori, o addirittura di permettere di non restituire pienamente le somme, resta sulla bocca di tutti.
Intanto, a finire subito sul bancone dei saldi sono stati i due maggiori porti del Paese: quello di Salonicco, ma soprattutto il Pireo, principale scalo container nel Mediterraneo orientale, di cui Cosco, società del governo cinese, ha già il controllo garantito per i prossimi 35 anni. Se la Cina punta alla proprietà del porto, la Germania, le cui banche hanno in pancia gran parte del debito greco (26,3 miliardi di euro secondo la Bri, Banca dei regolamenti internazionali), guarda alla privatizzazione di Ote, l’ex monopolista delle telecomunicazioni, leader del settore nei Balcani. Nel capitale della compagnia, infatti, c’è già Deutsche Telekom (30 per cento), che ora potrebbe puntare al controllo totale dell’azienda, che nel 2009 ha fatturato 5,9 miliardi di euro.
Nella prima tranche di privatizzazioni, che dovrà essere completata a passo di carica entro il 2011, in vendita sono finite anche le società che gestiscono le risorse idriche di Atene e Salonicco. Poi la Hellenic Postbank, ex cassaforte delle poste greche, di cui il governo potrebbe vendere tutto il suo 45 per cento. E la Deh, una specie di Enel dell’Egeo, controllata al 51 per cento dallo Stato. Con le sue 98 centrali elettriche, tre parchi eolici e, soprattutto, la proprietà della rete di distribuzione collegata anche con l’Italia, la società a fine 2009 poteva contare su un fatturato di 5,9 miliardi di euro e un utile di oltre 700 milioni. Per questo, quando Papandreou ha ipotizzato di scendere al 34 per cento del capitale, qualche ministro ha storto il naso. Alla fine il premier ha convinto i colleghi, ma potrebbe non andargli bene con le altre galline dalle uova d’oro. Si tratta di Depa, monopolista del gas, che con i suoi 970 milioni di fatturato e i prezzi del metano in crescita fa gola a molti. E di Larco, maggior produttrice di nickel in Europa, appetibile per le sue miniere e per il prezzo del metallo che nell’ultimo anno è aumentato di oltre il 10 per cento. Tutte e due, in teoria, dovrebbero entrare nella prossima infornata di privatizzazioni, che partirà dal 2012. I beni all’asta potrebbero includere di tutto: altre banche, ferrovie, lotterie, aeroporti e società di scommesse. Si è parlato addirittura di vendere alcune isole greche. L’ipotesi che le perle dell’Egeo (6 mila in totale, di cui solo 200 abitate) possano essere cedute ai privati per far cassa è stata sempre smentita dal governo. Eppure ad Atene le voci continuano a circolare. Si parla ad esempio di diversi terreni a Mykonos, nelle Cicladi, per un terzo in mano allo Stato. E di alcune fette dell’isola di Rodi, che farebbero gola a investitori russi e cinesi. Di certo, anche se il governo si decidesse a fare un passo del genere, le difficoltà burocratiche sarebbero parecchie, a partire dal fatto che il catasto quasi non esiste. Il Paese si è dotato di un registro dei terreni solo negli ultimi anni, con il risultato che le dispute territoriali tra i privati e lo Stato coinvolgono almeno 273 mila ettari di terra. Papandreou finora ha negato di voler cedere anche solo una delle sue bellezze, ma non ha spiegato precisamente come riuscirà a recuperare i quattrini richiesti dalla Trojka: Ue, Fmi e Bce. Per questo, molti credono che l’unico modo per accontentare i creditori internazionali sia quello di ingoiare il boccone più amaro. Un’ipotesi basata sulla disastrosa congiuntura economica: quest’anno il rapporto deficit/Pil, secondo la Commissione europea, sarà del 9,5 per cento, ben lontano dall’obiettivo previsto del 7,4 per cento. Non va meglio con il debito pubblico, che secondo i dati del ministero delle Finanze salirà al 153 per cento del Pil nel 2011 e al 160 per cento nel 2012.
Fin qui la fredda numerologia della crisi. Perché i dati assumano forme umane basta percorrere le vie di Atene. "Ci hanno tagliato pensioni, tredicesime e quattordicesime: che cos’altro ci possono togliere?", si sfoga Panaghiotis, medico in pensione. Anche i lavoratori del settore privato hanno subito gli effetti dell’austerity. A Vassili, tecnico del suono di una tv privata, da un giorno all’altro hanno ridotto lo stipendio del 15 per cento: significa passare da mille a 850 euro al mese. Un bel problema visto che nel frattempo il costo della vita è schizzato verso l’alto: l’inflazione media negli ultimi 12 mesi in Grecia si è attestata al 5 per cento, il livello più alto d’Europa dopo la Romania. "Forse pensavano che i consumi sarebbero aumentati e le entrate dello Stato pure, invece la gente consuma meno, fuma meno e usa meno la macchina", dice Athanasios, impiegato di banca sceso in piazza lo scorso 11 maggio, giorno dell’ultimo sciopero generale. Al suo fianco c’erano quasi tutte le categorie di lavoratori. I docenti universitari, spaventati da un disegno di legge che prevede la riduzione da 24 a 11 degli atenei. E poi i lavoratori del settore ferroviario e di quello navale, i controllori di volo, i giornalisti, persino medici e farmacisti. Già, perché lo Stato nel 2010 ha pagato alle compagnie solo il 30 per cento degli 1,2 miliardi di euro di medicinali forniti al servizio sanitario nazionale. E così i greci ora rischiano di vedersi tagliare anche le cure mediche.
Per Papandreou il problema principale sono però i prestiti da restituire. E allora la parola d’ordine resta privatizzare. Missione non facile, per la verità, perché oltre alla rabbia dei lavoratori che rischiano il posto, ci sono i bilanci aziendali non proprio invitanti. Il caso più eclatante è quello di Ose, le ferrovie di Stato: nel 2009 ha registrato un giro d’affari di 174 milioni di euro, una perdita lorda di 369 e un debito di quasi 10 miliardi. La domanda, dunque, è chi la comprerà, e a quale prezzo? Per fortuna di Papandreou ci sono anche aziende sane, su cui sono puntati gli occhi di mezzo mondo. Lo spagnolo Florentino Perez, patron del Real Madrid e titolare della Acs, potrebbe assumere ad esempio il controllo dell’aeroporto internazionale di Atene, visto che è già presente nel capitale dello scalo con il 40 per cento. Ma il gioiello più pregiato - 5 miliardi di valore - si chiama Opap: è la più grande compagnia europea di scommesse, e lo Stato sarebbe pronto a vendere il suo 34 per cento. In questa nazione di 11 milioni di abitanti, da sempre cenerentola economica d’Europa, le attività più redditizie sono proprio quelle legate alla fortuna. Le lotterie, come dimostrano le decine di banchetti disseminati per Atene. E le scommesse. Quelle sui cavalli, gestite da Odie, hanno finora suscitato i maggiori interessi. Per acquisirne il controllo si sono già fatte avanti la sudafricana Phumelela Gaming & Leisure e la francese Pmu. In realtà Odie non se la passa troppo bene. Nel 2009 ha perso 16 milioni di euro, e il suo debito netto sfiora i 45 milioni anche a causa di una manica particolarmente larga nei confronti dei dipendenti, che guadagnano in media 47 mila euro netti all’anno, dei veri privilegiati. Tuttavia la società gestisce strutture fra le più moderne e grandi di Europa, rinnovate in grande stile per le Olimpiadi del 2004. Per questo il governo preferirebbe tenersela, almeno per qualche anno. "Ma ormai le decisioni le prendono là", dice il tassista indicando i piani alti del lussuoso Hotel Grand Bretagne, di fronte al parlamento greco. Dove ormai da un anno alloggiano i tecnici della Trojka.