Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2011  giugno 02 Giovedì calendario

ORA LA HAWAII SI TROVANO IN CINA

Fino a qualche anno fa Hainan, la maggiore isola cinese, era un mosaico di campi coltivati a riso con aratri di legno, intervallati da foreste di mangrovia e alberi di palma. A visitarla erano soprattutto studiosi di un particolare esemplare di scimmia locale, 100 volte più rara del panda, e botanici dediti alla classificazione di piante introvabili altrove che l’arretratezza dell’isola aveva protetto per centinaia di anni. Ma già allora erano in molti a temere che il paradiso terrestre si sarebbe potuto trasformare in un incubo di cemento. Nonostante le vaste dimensioni della Cina, sono poche le zone in cui la natura attrae turisti facoltosi in cerca di comode e lussuose oasi di vacanza. Hainan, con il suo clima tropicale e le ampie spiagge bianche, è apparsa a Pechino il posto perfetto da trasformare nelle Hawaii d’Oriente. "Potrà rivaleggiare con Shanghai e Hong Kong nell’attrarre denaro e turisti", aveva annunciato il governo a fine 2009. In un anno i turisti sono aumentati di quasi il 12 per cento, 25 milioni di vacanzieri, quasi tutti cinesi, alla scoperta della vita da spiaggia, costume, ombrellone e boccaglio.
Una vera rivoluzione. Sole, mare e spiaggia sono stati per secoli i nemici del cinese colto e benestante. L’abbronzatura era simbolo di povertà: la popolazione con la pelle più scura era quella del Sud, piccola e bassa, costretta a lavorare nei campi di riso per ore. L’intellighentia proveniente dalle terre fredde del Nord si godeva invece la vita nella comodità dei propri "siheyuan", le ville tradizionali di Pechino, i corpi lunghi e sinuosi ricoperti di seta: la pelle chiara, al limite del diafano, è per la tradizione asiatica un tratto tanto raro quanto prezioso. D’estate le donne si coprivano le braccia con lunghi guanti neri e il viso con ingombranti visiere persino in città pur di non perdere quell’ambito color latte. Esporsi senza protezione, in bikini, era impensabile. Ma qualcosa sta cambiando: le giovani stanno scoprendo la moda da spiaggia, i ragazzi l’attrezzatura subacquea, i più piccoli frequentano le lezioni di nuoto. I più diffidenti sono gli anziani che, non sapendo nuotare e avendo un brutto rapporto col sole, a una mattinata al mare preferiscono una partita a mahjong nella saletta Vip dell’hotel con l’aria condizionata o un massaggio ai piedi in compagnia delle sigarette preferite.
La lunga spiaggia di Sanya che incornicia la costa meridionale dell’isola ha ormai perso le sue antiche foreste tropicali. Al loro posto sono sorte decine di alberghi a quattro e cinque stelle che attraggono gli ospiti con l’offerta di strabilianti pacchetti all inclusive: ciabattine da spiaggia e ombrellone, scelta tra il ristorante italiano, quello thailandese o il fidato sichuanese; piscine interne ornate di cascate finte e vegetazione di plastica; sale private in cui rintanarsi a giocare d’azzardo fino a tarda notte in compagnia dei partner d’affari, sprofondati in poltroncine dorate che strizzano l’occhio a Luigi XIV. E poi ci sono gli elicotteri messi a disposizione dei clienti, i centri di bellezza e relax che farebbero invidia alle dive di Hollywood e immensi campi da golf allestiti per saziare l’appetito instancabile di questi nuovi yuppies d’Oriente: sono quasi 300 quelli in costruzione, e stiamo parlando di un’isola poco più grande della Sicilia. "La gente va ad Hainan per rilassarsi, non per visitare i siti storici e nemmeno quelli naturalistici", spiega Gu Chuan, manager di China Swan International Tours, un’importante agenzia di viaggio cinese: "Quello a cui tiene di più è il servizio e le amenità che l’albergo offre".
Il rumore del trapano per il momento supera di gran lunga quello delle onde. L’isola è tappezzata da cartelloni colorati che pubblicizzano la vendita di ville e appartamenti vista mare con nomi come Miami e Bahamas Orientali. E sulla piccola penisola della Fenice, un lembo di sabbia creato artificialmente anni fa con l’intenzione di farne un approdo navale, sorgono ora un albergo a sette stelle e quattro condomini di lusso con la Jacuzzi sul balcone e i divanetti rivestiti di velluto viola che paiono in bilico sull’oceano. Il prezzo? Novemila dollari a metro quadrato, come a New York.
L’elettrizzante ritmo dello sviluppo costiero ha anche un altro prezzo. A pagarlo sono gli otto milioni di isolani. Migliaia di contadini e pescatori si sono visti confiscare appezzamenti di terra e lotti costieri. E per loro il costo della vita, trainato al rialzo dai colonizzatori della terraferma, è diventato un vero incubo. "Hainan è un esempio di vita reale del film "Avatar"", ha spiegato al "Washington Post" Liu Futangh, l’ex capo dell’agenzia per la prevenzione degli incendi di Hainan: "Ma a differenza degli uomini blu, noi non ci possiamo organizzare per difenderci. Non abbiamo nessuna speranza di fermare questo cambiamento". A preoccupare maggiormente gli ambientalisti è la distruzione delle rigogliose foreste che per secoli sono servite da barriera contro tifoni, tsunami ed erosione del suolo. Non a caso le mangrovie d’Australia e l’indigena Vatica mangachapoi erano considerate piante protette fin dai tempi della dinastia Qing. Non più. Secondo la filiale di Pechino di Greenpeace, dei 950 chilometri costieri di Hainan oltre 620 sono stati già cementificati o sono in via di costruzione. Oggi "l’intera isola è molto più vulnerabile alle catastrofi naturali", ha spiegato Yi Lan, un’attivista di Greenpeace: "La stanno trasformando in una meta per ricchi e stranieri, a scapito dei suoi abitanti". E così l’anno scorso i tifoni di ottobre hanno distrutto i raccolti e sollevato le strade, costringendo gli abitanti all’evacuazione.
Pechino non è completamente insensibile al problema. Sia il "Quotidiano del popolo" che il "Quotidiano della gioventù cinese", entrambi giornali di partito, hanno condannato i prezzi di case e alberghi. Il timore è che l’"isola bella" diventi anche il simbolo del crescente divario di ricchezza che sta spezzando il Paese in due mondi distinti e incomunicabili, mettendo a rischio la tenuta del regime.
Ma per il governo l’opportunità di creare in casa un incrocio tra la Florida (di cui Hainan condivide il clima) e Las Vegas rimane al momento la priorità. Il turismo è uno dei settori considerati strategici per il futuro, quando dovranno essere i consumi interni e non più le esportazioni il motore della crescita economica. Lo scorso 31 dicembre il Consiglio di Stato, il massimo organo decisionale per le questioni amministrative, ha annunciato che l’isola è considerata un caso sperimentale di "destinazione turistica internazionalmente competitiva". In altre parole, Pechino vuole capire se la sua attrazione domestica sarà in grado di diventare un successo mondiale come le Hawaii o la Costa Azzurra. E anche se non è ancora chiaro quando Hainan riceverà il permesso di aprire casinò come Macao, in molti sono certi che finirà per prendere il posto della colonia portoghese nel ruolo di "isola asiatica del peccato". Il governo ce la sta mettendo tutta, cercando di attrarre turisti stranieri con gli stessi metodi utilizzati per sedurre le aziende straniere: deduzioni fiscali e agevolazioni burocratiche. Dal gennaio di quest’anno i turisti stranieri che spenderanno in un singolo negozio oltre 100 euro riceveranno uno sconto sull’Iva dell’11 per cento. E ai vacanzieri di ben 26 Paesi, tra cui l’Italia, che intendono risiedere nell’isola per un massimo di 15 giorni senza fare scalo sulla terraferma, non sarà nemmeno chiesto il visto. Non occorrono balzelli per un posto in Paradiso. Anche se è fatto tutto di cemento.