Gaetano Afeltra, Corriere della Sera 4/12/1994, 4 dicembre 1994
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I FIASCHI DELLA WALKIRIA ALLA SCALA
Non so se Riccardo Muti sia consapevole o meno che mercoledi’ sera si misurera’ con cento e uno anni di storia musicale de "La Valchiria" alla Scala: anzi la sua sara’ una vera sfida. Dalla prima rappresentazione del 26 dicembre 1893 con Edoardo Mascheroni, alla seconda del Santo Stefano del 1901, diretta da Arturo Toscanini; all’ ultima, la ventesima edizione nel 1974 con Wolfgang Sawallisch, l’ opera wagneriana (prima giornata della tetralogia dell’ "Anello del Nibelungo") non ha mai avuto un bel successo. Anzi, la prima volta nel 1893 fu un vero insuccesso. Il critico del "Corriere", che si firmava "Il M.", la sera stessa della prima scrisse: "L’ ora e’ troppo tarda perche’ ci possiamo affaticare in traccia di eufemismi onde mascherare caritatevolmente l’ insuccesso dello spettacolo: le pietose bugie non sono nel nostro stile e, soprattutto, la "Valchiria" ha troppo robuste spalle per non portare allegramente un mezzo fiasco... Una messa in scena in alcune parti mediocre, in altre volgare, in altre ancora ridicola e incomprensibile... Cantare senza l’ ombra di giustezza, dove il fraseggiare si smarrisce in un’ interminabile caotica tiritera... per la parte femminile s’ aggiunga una pronuncia che non lascia capire una, diciamo una parola di quel che si canta... Alla fine del terzo atto accentuate dimostrazioni ostili soffocarono le piu’ ottimiste intenzioni... Le nostre parole suoneranno amare per molti ma abbiamo la coscienza di compiere come sempre il nostro dovere ed abbiamo rinunciato da gran tempo alla popolarita’ ". G.B. Nappi, critico de "La Perseveranza", fu anche lui severo: "Non mi sono sorpreso che fin dall’ inizio dello spettacolo si avvertissero parecchi gradi sotto zero. Anzi il termometro non si e’ rialzato, tanto da far annunciare oggi un vero insuccesso... Forse mai stagione della Scala fu preceduta da maggior freddezza provocata dai soliti pessimisti. La "Valchiria", un’ opera . almeno a sentirli dire . oscura, tediosa, che avrebbe senz’ altro turbato, col suo peso, le laboriose digestioni dei succulenti pranzi natalizi... Il coro dei dissensi e’ unanime pur rispettando, con qualche riserva, l’ opera e il suo autore, ma attaccando la pessima esecuzione". La critica piu’ feroce fu quella apparsa alcuni giorni dopo sulla "Gazzetta Musicale", che cominciava con una battuta sferzante: "Non potendo battere il cavallo, battiamo la sella... Il pubblico non si e’ divertito, non si e’ commosso... Si salvi lo spartito e si batta a piu’ non posso l’ esecuzione... Per fortuna non e’ da oggi che ho espresso le mie convinzioni riguardo alla teoria di Wagner... Sono anni che mi trovo in guerra guerreggiata coi laudatori ad oltranza... Il pubblico italiano e’ per la massima parte assai scettico quanto a dei e semidei... La critica milanese non trovo’ di meglio che incolpare l’ esecuzione, la messa in scena, i cantanti, l’ interpretazione, il macchinario ecc... In due punti dello spettacolo non vennero trattenute le risa... Bisogna sedersi in poltrona con la testa fra le mani e rimanervi immobili parecchie ore ascoltando l’ apostolico verbo: insomma una specie di reclusorio; ma credo che il pubblico italiano, nervoso, eccitabile, difficilmente si adattera’ a queste teorie". I brevi cenni sulle critiche di allora sono riferiti per dare un’ idea dell’ accoglienza che riscosse la rappresentazione de "La Valchiria", che veniva data in Italia, alla Scala, per la prima volta; e al tempo stesso per capire da vicino l’ impegno e l’ ardua fatica di Muti nel salire sul podio la sera di Sant’ Ambrogio, fedele com’ e’ al suo rigore di grande direttore. Vediamo ora per appagare una certa curiosita’ com’ era l’ Italia e la Milano del 1893. Centouno anni fa, il 26 dicembre era un mercoledi’ : la temperatura oscillava tra gli otto e i quattro gradi, l’ inverno era mite, il cielo di Milano era sereno con un bel sole. I nati furono 62 di cui 34 maschi e 28 femmine: dati, questi, riportati dal "Corriere della Sera" del 27 dicembre 1893. Il giornale era di quattro pagine, costava 5 centesimi ed aveva una tiratura di settantaduemila copie. I titoli erano tutti di una colonna: a due, solo in casi eccezionali, come accadde proprio per l’ eccidio di Lercara, in Sicilia. Tutta l’ isola era mobilitata per l’ abolizione dei dazi: una vera rivoluzione con gravi disordini in tutto il territorio con incendi di municipi e devastazione di uffici pubblici. Il governo per fronteggiare la situazione aveva mandato quattro reggimenti di 2500 uomini ciascuno e aveva richiamato la classe 1869. A Lercara i rivoltosi assalirono, con lancio di sassi e di bastoni, soldati e carabinieri, che vigilavano nella piazza. L’ inviato del "Corriere" ne fece la cronaca con un dispaccio: "Telegrafo sotto una dolorosa impressione. Il sangue cittadino scorre per le vie di Lercara. Per tre ore la forza pubblica cerco’ di sedare il tumulto con buone maniere; ma fu continuamente lapidata dalla folla abbruttita. Il popolo furente, dopo aver costretto i militari a indietreggiare, sparo’ . Carabinieri e soldati risposero pure sparando. Il momento fu terribile, spaventevole. Dicesi che i morti siano sei, i feriti moltissimi". L’ altra notizia del giorno era la vittoria di Agordat, dove le nostre truppe avevano sconfitto i dervisci in una furiosa battaglia costringendoli alla fuga dopo aver lasciato sul campo: il loro capo Ahamed Ali’ , tre emiri, settanta bandiere, mille fucili, un mitragliere e nove tamburi. Passiamo ora a dare uno sguardo alla vita della Milano di allora. Negli anni successivi all’ unita’ d’ Italia, il capoluogo lombardo aveva assunto un ruolo di assoluta preminenza nell’ economia del Paese. La Milano di fine Ottocento era una citta’ in ebollizione e con l’ apertura del traforo del Gottardo e della linea ferroviaria che l’ univa alla Germania, il suo commercio ebbe un grande impulso. La citta’ aveva gia’ conquistato un ritmo di metropoli europea con le comodita’ moderne. Nello stesso anno ci fu l’ elettrificazione delle prime diciotto linee tranviarie milanesi: un lavoro iniziato dieci anni prima con la centrale elettrica di via Santa Radegonda, la prima in Europa e la seconda nel mondo dopo quella di Nuova York. La popolazione era intorno ai cinquecentomila abitanti. Sindaco della citta’ era Giuseppe Vigoni. Il Natale di quell’ anno fu piu’ animato del solito. Le vie erano affollatissime e i negozi fecero ottimi affari. Particolarmente notevole la vendita e la spedizione dei panettoni: la ditta Dragoni per 50 quintali, il Baj 80, il Cova piu’ di tutti con 90 quintali. Un panettone speciale fu spedito dall’ offelleria Cesana Moscarini al Papa: nel centro dell’ enorme dolce era rappresentato Leone XIII in ginocchio davanti all’ immagine di San Carlo. Dopo la nevicata proseguiva la raccolta del ghiaccio dei laghetti cittadini, per conservarlo nella ghiacciaia naturale di Calvairate. Il ghiaccio veniva coperto con un alto strato di paglia per essere poi venduto in estate. A distanza di otto anni, fu ancora "La Valchiria" ad inaugurare la stagione alla Scala del 1901 1902 con Arturo Toscanini direttore. E fu ancora un clamoroso insuccesso. Giovanni Pozza, il critico del "Corriere", la sera stessa della prima scrisse, come il suo predecessore, la critica a caldo: "Non e’ il caso di usare parole ambigue. A nulla servirebbero. La "Valchiria" ieri sera non piacque. Il pubblico ne sopporto’ silenziosamente la eccessiva lunghezza: ma rare volte silenzio di pubblico fu piu’ eloquente... La Cavalcata delle Valchirie e l’ incantesimo del fuoco, due brani di musica meravigliosa, non ebbero tanta efficacia da vincere, non fosse che per un istante, l’ inerzia affaticata dello spettatore... ora del genio di Riccardo Wagner nessuno osa piu’ dubitare... Come mai e’ accaduto che la "Valchiria" iersera sembrasse piu’ che mai faticosa e prolissa?... Va aggiunta un’ ultima ragione d’ insuccesso. Il maestro Toscanini volle dare l’ opera quasi nella sua integrita’ : e davvero i tagli fatti da altri maestri, meno rispettosi, ma piu’ pratici, parvero iersera piu’ che mai necessari". Non meno dura la critica della "Perseveranza" giornale conservatore, e del "Secolo". La "Perseveranza": "Lo spettacolo termino’ dopo una serata passata fra la massima freddezza della magnifica assemblea... I tagli praticati dal maestro Toscanini furono insufficienti a rendere agile la partizione". "Il Secolo": "Man mano che l’ opera andava approssimandosi alla sua catastrofe, i vuoti nei palchi andavano moltiplicandosi... La gente chiede al teatro d’ opera forme piu’ semplici, non vuole assistere ad un dramma musicale come a un rito religioso, ma come a un trattamento animato da vita piu’ fervida di meno ardua comprensione... Ci vuole un tempio artistico speciale dove non mettano piede che gli iniziati". Per Toscanini fu un’ offesa alla musica e a lui e ne provo’ un rabbioso dolore. Toscanini era arrivato a Milano per l’ insistenza di Arrigo Boito e, contrariamente a quanto si crede, ci arrivo’ non proprio volentieri. I motivi della "malavoglia" per il nuovo incarico di direttore d’ orchestra e direttore artistico del teatro, dipendevano dal fatto che, di fronte al rischio che correva per tanta responsabilita’ , Toscanini voleva chiarezza sull’ assegnazione dei poteri. Infatti gli fu concessa carta bianca: la scelta dei cantanti e dei musicisti, il numero delle prove e il pieno controllo di tutto lo spettacolo. Il maestro per prima cosa affronto’ la lotta contro la richiesta dei bis, che interrompevano la tensione drammatica dell’ azione, e per la puntualita’ dell’ orario d’ inizio. L’ una e l’ altra furono ottenute per la sua fermezza e per il suo piglio severo. Ma la vera rivoluzione operata da Toscanini, fu quella di accostare Wagner a Verdi, allora ritenuti inconciliabili, una decisione tanto radicata in lui che in ogni stagione l’ inaugurazione del teatro avveniva con un’ opera di Wagner, mentre Verdi compariva nel cartellone solo come secondo spettacolo. Cosi’ accadde dal 1898 con "I maestri cantori di Norimberga" e con il "Falstaff" dopo, fino al 1901, con la "Valchiria" e come secondo spettacolo la "Messa da Requiem". Ma quell’ anno ci furono vivaci proteste. Era l’ anno della morte di Verdi (27 gennaio 1901) e un fedele frequentatore della Scala, che si firmo’ R. M. Buon Ambrosiano, in una lettera al duca Guido Visconti di Modrone, espresse lo sdegno a nome degli spettatori della Scala: "Da quattro anni, ossia da quattro stagioni musicali in qua, la Scala si e’ sempre aperta con un’ opera di Wagner. Ma un errore, un peccato ne giustifica forse un secondo, un terzo? "Fu indecoroso preferire un tedesco a un genio italiano, ma il ripetere questa macchia e’ caparbieta’ . E’ proprio vero che "qui bis peccavit consuetudine peccare videtur". A Milano il giorno della prima alla Scala il cielo era nuvoloso e la temperatura era di quattro gradi massima e di uno minima. Si temevano piogge torrenziali come era avvenuto a Firenze dove era in atto la piena dell’ Arno. In quell’ anno quattro erano stati gli avvenimenti a colpire l’ opinione pubblica. Tra i piu’ memorabili: i funerali di Verdi con un corteo lungo sei chilometri; l’ accordo tra Francia e Italia sulle questioni del Mediterraneo; gli esperimenti di trasmissione di Marconi con il telegrafo senza fili dalle coste della Cornovaglia; il riconoscimento del diritto di associazione sindacale che permise di realizzare il primo sciopero generale. Dopo i primi due anni del nuovo secolo, Milano appariva in grande espansione. Le industrie lavoravano a pieno ritmo. La vocazione commerciale dei milanesi cresceva. I lavoratori impiegati in attivita’ industriali, commerciali e manifatturiere a confronto con l’ ultimo decennio erano aumentati piu’ della meta’ . Dopo la "Valchiria" del 1901 con Toscanini l’ opera wagneriana fu rappresentata alla Scala altre 18 volte, l’ ultima, l’ 11 marzo del 1974, con Wolfgang Sawallisch. La cronaca del giorno dopo registrava dal "Corriere": "La Valchiria tra contrasti e applausi", e dal "Giorno": "Dodici minuti di accesi contrasti". O per la lunghezza, o per la messa in scena, o per l’ esecuzione, non una volta la "Valchiria" passo’ l’ esame della critica e del pubblico. Con tutto questo curriculum, mercoledi’ alla Scala appuntamento con la storia musicale.
Afeltra Gaetano