Adriana Bazzi, Corriere della Sera 13/3/2011, 13 marzo 2011
Tags : Anno 1901. Raggruppati per paesi. Regno Unito
La chiamano il "male dei Re" proprio perché l’emofilia era piuttosto diffusa tra le case regnanti europee
La chiamano il "male dei Re" proprio perché l’emofilia era piuttosto diffusa tra le case regnanti europee. La Regina Vittoria d’Inghilterra (nella foto, 1819-1901) era portatrice sana del gene della malattia: quest’ultima, infatti, è legata al cromosoma X e le donne avendone due, non si ammalano. Sono invece i maschi, che ereditano l’X alterato, a soffrirne: Leopoldo, uno dei figli della monarca, perse la vita per un’emorragia in seguito a una caduta. Il nipote Friedrich morì dissanguato all’età di due anni, mentre gli altri due nipoti, Leopold e Maurice, non superarono, rispettivamente, l’età di 32 e 23 anni. Il male si diffuse, poi, fra i reali di Russia, Prussia e Spagna in seguito ai matrimoni dei discendenti della Regina Vittoria. Anche il principe Alessio Romanov, figlio dello Zar Nicola II e pronipote della Regina, ne soffriva; riuscì a sopravvivere a gravi emorragie, ma fu poi ucciso, a 13 anni, durante la Rivoluzione del 1918. La storia della malattia è stata ricostruita negli anni Settanta, quando gli studiosi attribuirono i disturbi di cui avevano sofferto i discendenti della Regina Vittoria all’emofilia e indagini condotte sul Dna, ricavato dalle ossa dei Romanov, lo hanno confermato. La malattia è stata distinta nelle forme A e B nel 1952: in entrambi i casi esiste un problema di coagulazione del sangue, causa delle emorragie; nella forma A il fattore della coagulazione alterato è l’VIII, nella B è il IX. Negli ultimi anni la cura di questa malattia ha fatto passi da gigante con la produzione dei fattori della coagulazione ricombinanti da somministrare ai pazienti. Adesso l’attenzione dei ricercatori è rivolta alla terapia genica che finora non ha dato risultati interessanti. Gli ultimi studi, però, stanno alimentando qualche speranza, almeno per l’emofilia B. Un gruppo di ricercatori del St. Jude Children Research Hospital di Memphis ha recentemente dimostrato che la somministrazione del gene per il fattore IX, attraverso un vettore virale, è sicuro e determina la produzione di questo fattore della coagulazione. A. Bz.