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 2011  febbraio 15 Martedì calendario

La bomba demografica è pronta a riesplodere - La Bomba, demografica, è ancora sospesa sopra le nostre teste

La bomba demografica è pronta a riesplodere - La Bomba, demografica, è ancora sospesa sopra le nostre teste. Meno visibile, offuscata dai progressi dei Paesi in via di sviluppo, come il Brasile, la Turchia o persino l’Iran, dove la discesa del tasso di crescita della popolazione ha sorpreso tutti, compresi gli studiosi. Tanto che sui mezzi di comunicazione si è imposto quello «scenario medio», elaborato dall’Onu alla metà dello scorso decennio, che prevedeva un aumento degli abitanti sulla Terra fino a nove miliardi entro il 2050 e poi una stabilizzazione attorno a quella cifra. Enorme, se consideriamo che un secolo fa gli umani era poco più di un miliardo e mezzo, ma comunque gestibile. Rassicurante. Ora la stessa Onu mette in guardia da questo facile ottimismo. Lo «scenario sostenibile» non è affatto acquisito, non è un trend automatico. Ha bisogno di politiche di controllo demografico attive. E pure costose, soprattutto nei Paesi più arretrati, Africa in testa. L’ultimo rapporto del Consiglio economico e sociale delle Nazioni unite (Ecosoc) delinea un futuro sul filo del rasoio, dove un minimo discostamento dalle previsioni più favorevoli porta all’esplosione della Bomba, a un Pianeta con 14, a18 miliardi di uomini, più poveri, affamati e assetati di ora. Un futuro da incubo, con l’Africa che ne ospiterebbe quasi la metà, su un territorio desertificato, disossato. «La riduzione della fecondità - spiega Thomas Buettner, demografo dell’Onu - è data per scontata. Troppi leader politici si sono convinti che le cose andranno per il meglio anche senza nessun intervento. Ma la transizione demografica è in un momento delicato. E alla fine gli abitanti sul Pianeta potrebbero rivelarsi molti di più del previsto». Con lo sviluppo, la modernità, e gli antibiotici, il tasso di mortalità è calato, o sta calando, con estrema rapidità. Ma la riduzione delle nascite, legata a dinamiche culturali, allo status delle donne, non tiene lo stesso passo. È la «transizione demografica». La natalità si deve adattare alla mortalità per ripristinare l’equilibrio. In Europa, nel Nordamerica e anche nella Cina del figlio unico, si è già conclusa. In alcuni Paesi, come Giappone, Russia, si è andati oltre, e la popolazione diminuisce. Poi ci sono una serie di Paesi «sorprendenti», dove lo sviluppo economico non è ai livelli occidentali ma la transizione è andato in porto. Su tutti il Brasile, che ha già raggiunto la fatidica soglia dei due figli per donna. Merito delle telenovelas che hanno proposto un modello familiare moderno anche nelle favelas. E alla rapida urbanizzazione. Avere cinque o sei figli può far comodo in campagna: puoi metterli a badare ai polli o a raccogliere legna. Ma se ti sei trasferito in un monolocale di San Paolo, è poco pratico. In Africa e nell’Asia meridionale la transizione è pieno corso, o appena cominciata. Lì si gioca il futuro del Pianeta. Se si mettono a confronto i dati globali con quelli di un Paese come il Mali, si capisce il problema. Nel mondo siamo oggi a 6,9 miliardi, alla fine quest’anno si arriverà a 7 o quasi. Ci sono 19,68 nati e 8,37 morti per ogni mille abitanti. Vale a dire una crescita dell’1,1% circa, 75-80 milioni in più ogni anno. Il tasso di fecondità, cioè quanti figli mette al mondo in media ogni donna, è 2,56. In Mali, il tasso di natalità è del 46,09 per mille, quello di mortalità del 14,64. I figli per donna 6,54. La crescita è del 3,1% all’anno, vale a dire raddoppio in meno di trent’anni. Tutta l’Africa, di questo passo, crescerebbe e si moltiplicherebbe da 1 a 8 miliardi. Il numero magico per la stabilizzazione è 2,1 figli per donna, abbastanza vicino a livello mondiale. Ma potrebbe non bastare «La crescita demografica ha una forte inerzia - spiega ancora Buettner -. È come una petroliera lanciata a piena velocità. Anche se spegne i motori va avanti per chilometri». In Europa, per esempio, la popolazione diminuisce in Germania (1,43 figli per donna) ma continua ad aumentare in Francia (1,98). In Italia siamo a 1,41. Per questo, per ottenere risultati, «bisognerebbe portare il numero di figli per donna a 1,85». Traguardo alla portata della maggior parte dei Paesi del mondo, ma non di quelli africani. O di Paesi asiatici come il Pakistan. La crisi finanziaria globale rischia di tagliare le gambe anche alla pianificazione familiare, che si regge soprattutto sugli aiuti delle nazioni più ricche. In caduta libera. I finanziamenti di sono dimezzati negli ultimi dieci anni e «l’offerta di anticoncenzionali - rincara Gilles Pillon, dell’Istituto demografico nazionale di Parigi - non solo è insufficiente e mal organizzata, ma anche in mano a funzionari locali poco convinti, che non credono nella loro missione». In Africa solo il 12 per cento delle famiglia applica qualche forma di pianificazione. Eppure, calcola l’Onu, ogni dollaro investito in metodi anticoncezionali ne fa risparmiare 6 in spese mediche o sociali dovute alla crescita troppo rapida. Bisogna investire per garantirci un futuro. Sostenibile.