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 2011  febbraio 07 Lunedì calendario

Iniesta Andres

• Fuentealbilla (Spagna) 11 maggio 1984. Calciatore. Con la Spagna ha vinto gli Europei 2008 e i Mondiali 2010 (suo il gol che decise ai supplementari la finale con l’Olanda), col Barcellona la Champions League 2006, 2009, 2011 e il Mondiale per club 2009. Secondo nella classifica del Pallone d’Oro 2010, quarto nel 2009 • «[...] in un mondo di presunti fenomeni, è la normalità al potere. È bianco come una mozzarella. Non ha muscoli — un po’ sospetti — da Superman. Non fa raccolta di “veline” ma passa le feste di Natale con mamma e papà. Non ha tatuaggi né piercing. Legge i romanzi di Carlos Ruiz Zafon. La massima trasgressione che si permette sono un paio di scarpini gialli. [...] Sa fare tutto: assist, interdizione, regia, gol [...] E tutto con la semplicità di chi viene da una famiglia umile e lavoratrice. La passione per il calcio gliel’ha trasmessa il padre, che ha giocato tra i dilettanti, ma è stata la madre a convincerlo a tenere duro, a 12 anni, quando aveva lasciato il paesello di Fuentealbilla e la squadra dell’Albacete per cercare fortuna alla Masia, la foresteria dove vivono (e studiano) i giovanissimi del Barcellona. “C’era un solo telefono e si faceva la fila tutte le sere per chiamare casa. Altro che cellulari, internet e Skype!”. Andrés, con i piedi, era un predestinato. Ma proprio per la sua sensibilità ha rischiato di non farcela. “Mi mancava casa, la famiglia. È per questo che, quando ho avuto 18 anni e il primo contratto ‘‘vero’’, l’ho riunita di nuovo a Barcellona. A Natale, però, si torna tutti a Fuentealbilla”. Quello degli Iniesta Lujan (in Spagna si aggiunge sempre il cognome anche della madre) è un vero clan. Genitori, zii e nonni si davano il cambio per portarlo da Fuentealbilla ad Albacete tutti i giorni per gli allenamenti: 100 chilometri tra andata e ritorno. [...] Quando, a 16 anni, Serra Ferrer gli disse di allenarsi con la prima squadra, Andres pensò a uno scherzo: “Arrivai al campo, mi vergognavo a chiedere la strada per gli spogliatoi, mi accompagnò Luis Enrique”. Louis Van Gaal lo fece debuttare a 18 anni in Champions League, contro il Bruges. Un segno del destino. “Ma il vero debutto, per me, è stato quello al Camp Nou, il 5 gennaio 2003, contro il Recreativo Huelva”. Andres si è comprato un terreno, nella Mancha, per impiantare una vigna che produca vino di qualità. “Mi piace l’idea delle persone attorno a un tavolo: mangiare, bere, parlare...”. [...]» (“Corriere della Sera” 25/9/2009) • «L’uomo dell’ultimo respiro [...] Quando le partite sembrano finite, i sogni spezzati e ogni destino rinviato, arriva lui e s’aggrappa al nulla che resta trasformandolo in quel tutto che ci farà ricordare. [...] Non c’era quando il Barcellona sfidò l’Inter. E che cosa successe al Barcellona? Perse. Si può vincere la Liga senza Messi, il mondiale senza Torres, ma Iniesta è meglio averlo sempre. È quello che ci prova quando gli altri smettono, che ha ancora un’idea in testa quando l’encefalogramma sul campo è piatto. Risolse così la semifinale di Champions contro il Chelsea di Hiddink. A un passo dal baratro, l’ultimo respiro fu ancora suo e portò il Barcellona alla finale vittoriosa [...] nello stagno del gioco che era diventato lo stadio di Johannesburg è stato l’unico ad avere ancora un colpo d’ala [...] Se Iniesta è arrivato a tanto il merito è anche di Guardiola, l’allenatore che prese il Barcellona da Rijkard e cambiò le gerarchie. Iniesta partiva dalla panchina. Il pubblico catalano lo amava, ma l’olandese preferiva Deco. Guardiola ha mandato via il portoghese e promosso Iniesta. Gli è cresciuto tra le mani. Lui e Xavi sono la coppia di centrocampisti più affiatata e sincronizzata del mondo. [...] Non saprai mai che tipo di giocatore è esattamente: un centrocampista, un mezzo attaccante, puoi metterlo esterno nel 4-3-3 (in qualunque dei 3) o nel 4-2-3-1, ma se fai il 4-4-2 o anche spari dei numeri a caso, lui esce sempre e fa la sua bella figura [...]» (Gabriele Romagnoli, “la Repubblica” 12/7/2010).