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 2010  novembre 03 Mercoledì calendario

Esodo da Facebook. I manager chiave partono e fondano altre start-up Accade spesso nella Silicon Valley: i manager che hanno portato al successo una start-up, incassano e se ne vanno via per fondarne un’altra

Esodo da Facebook. I manager chiave partono e fondano altre start-up Accade spesso nella Silicon Valley: i manager che hanno portato al successo una start-up, incassano e se ne vanno via per fondarne un’altra. Il fenomeno ora tocca anche Facebook, anche se non ha fretta di fare l’Ipo: un certo numero di appassionati della prima ora rinunciano a quello che è diventato un lavoro stabile e partono all’avventura per costruire il proprio business. In un ampio reportage da San Francisco, il New York Times elenca i nomi più noti. Dustin Moskovitz, 26 anni, co-fondatore di Facebook insieme al suo compagno di stanza di Harvard Mark Zuckerberg, ha lasciato il suo lavoro allo staff tecnico di Facebook per creare Asana, che fa software per aiutare i lavoratori a collaborare. Un altro co-fondatore di Facebook, Chris Hughes, 26 anni anche lui, ha avviato Jumo, un social network per "gente che vuole cambiare il mondo". Dave Morin, ex senior platform manager, sta costruendo Path, mentre Adam D’Angelo, che era il chief technology officer, e Charlie Cheever, un altro senior manager, se ne sono andati rispettivamente nel 2008 e 2009 per avviare Quora, un sito di domande e risposte. Netanel Jacobsson, che era direttore per lo sviluppo del business internazionale, ha creato una società di social gaming, Playhopper. Più di mezza dozzina di start-up, sottolinea il Nyt, traggono origine da ex allievi di Facebook. Accumulare ricchezze e partire è abbastanza usuale nel mondo della Silicon Valley. È capitato a Yahoo, eBay e Google. Ma a differenza di altre start-up, nota il New York Times, gli ex Facebookers lasciano prima che venga lanciata un’Ipo sulle azioni della società. Il social network, fondato sei anni fa, non è quotato e il suo debutto in Borsa potrebbe arrivare solo nel 2012. Quelli che se vanno, però, riescono lo stesso a incassare. "Possono farlo perché le azioni di Facebook sono sorprendentemente liquide", spiega sul Nyt Verne Kopytoff. "L’ascesa di borse come Second Market e SharesPost negli ultimi due anni – continua - ha permesso agli azionisti di società private di vendere le loro azioni più facilmente di prima. Questi mercati funzionano un po’ come gli stock exchange per le società quotate, anche se il pool di acquirenti e venditori è molto più ristretto. Il valore complessivo di Facebook su questi exchange è di 30 miliardi di dollari". Dipendenti ed ex dipendenti di Facebook hanno potuto incassare un bel gruzzolo, l’anno scorso, vendendo azioni al gruppo russo Mail.ru, che ha accettato di acquistare fino a 100 milioni di dollari in azioni per aumentare la sua quota. Molti ex allievi di Facebook sono facoltosi grazie alle stock option che hanno guadagnato mentre ci lavoravano. Zuckerberg non ha però a che fare con un "esodo di massa", scrive il quotidiano. Il numero di persone che se ne vanno è "relativamente piccolo". Larry Yu, un portavoce di Facebook, dice che i primi dipendenti della società tendono ad essere "imprenditori nel cuore" e quindi non è sorprendente che partano per fondare la loro impresa. A suo dire, gli attriti non sono per ora un grosso problema. Un po’ di tensioni, tuttavia, ci sono. Il New York Times osserva che Facebook è un concorrente temibile, quando vede profilarsi una buona occasione. In ogni caso, aggiunge il quotidiano, Facebook ha cercato di minimizzare i conflitti facendo sottoscrivere a chi parte accordi di "no poaching", in modo da prevenire la pratica dell’assunzione di personale dell’impresa rivale. --- Storia dell’articolo Chiudi Questo articolo è stato pubblicato il 11 novembre 2010 alle ore 06:40. * * * * Facebook continua a crescere, senza sosta: gli utenti nel mondo hanno raggiunto ormai il mezzo miliardo, in Italia quasi un cittadino su tre ha un suo profilo. Ma ai vertici continua a perdere qualche tassello, dai fondatori ai manager di prima linea che sempre più spesso se ne vanno per intraprendere una loro strada imprenditoriale. Il caso più clamoroso è stato quello di Dustin Moskovitz, il compagno di stanza di Mark Zuckerberg che nel 2004 lo seguì a Palo Alto, dove l’albo degli ex alunni di Harvard si trasformò in quello che sarebbe diventato il social network più diffuso al mondo: due anni fa ha lasciato con il sogno di portare l’esperienza collaborativa di Facebook nel mondo aziendale. Così è stato per un altro co-fondatore, Chris Hughes, o per Dave Morin, l’inventore di Connect, la piattaforma degli sviluppatori del social network, o Adam D’Angelo, il chief technology officer della prima ora. Ormai sono una decina le start up nate dal gruppo degli ex di Facebook, attratti dal sogno di imitare il loro ex capo, quello Zuckerberg che a 26 anni si trova a essere il più giovane Paperone di tutti i tempi. E se in The Social Network, il film che esce nelle sale italiane venerdì, il fondatore viene dipinto come uno sbruffone capace di passare sulla testa dei compagni d’università pur di perseguire la sua idea, nella realtà i distacchi sembrano più soft. Se si esclude, ovviamente, Eduardo Saverin, il brasiliano che ha portato Zuckerberg in tribunale. Ma più che schiacciati dalla figura del fondatore gli "esuli" sembrano determinati a perseguire il loro sogno: «Sentivo che eravamo diventati troppo grandi, troppo "azienda", e allora ho deciso di andarmene», confessa Netanel Jacobbson, che di Facebook è stato direttore dellle attività internazionali. E che dopo un periodo sabbatico si è gettato nel social gaming con PlayHopper. Per lui non è stato semplice: era uno dei più vecchi in Facebook, 40 anni, moglie e tre figli. Gli altri sono tutti giovanissimi, la gran parte coetanei di Zuckerberg. Che hanno preferito fare la loro scommessa piuttosto che rimanere nell’ombra di un’azienda in cui sarebbero stati uno tra tanti. E allora meglio alla loro età capitalizzare al più presto stock option e azioni in mano: in vista di quella che già si preannuncia come la maggior Ipo del web dopo Google nel 2004, i titoli sono triplicati sul mercato secondario nell’ultimo anno arrivando attorno a 65 dollari dopo un picco a 76 a inizio settembre, per un valore complessivo del social network attorno ai 30 miliardi di dollari, in linea con la valutazione nell’ambito dell’ultimo round di finanziamenti. Così Moskovitz si è fatto forte del suo pacchetto del 6% e ha convinto Justin Rosenstein a seguirlo per Asana, che si candida a essere un nuovo modello di social network per facilitare la collaborazione nel mondo aziendale. Sia chiaro: nessuna volontà di fare concorrenza alla "casa madre", come ha chiarito Rosenstein – ovviamente su Facebook – per sgombrare il campo dalle polemiche. Sull’evoluzione del concetto di social network continua a lavorare anche Chris Hughes, che di anni ne compie 27 a fine novembre. Anche lui faceva parte della pattuglia iniziale di Harvard ed è stato il primo portavoce. Poi si è lanciato in un’esperienza unica: è lui la mente dietro la campagna internet di Obama e il suo My.BarackObama.com, un sito che è diventato un modello di aggregazione politica in grado di trasformare i simpatizzanti in attivisti. Quest’anno ha lanciato Jumo ("insieme in armonia" in yoruba, una lingua africana), «una piattaforma online per connettere individui e organizzazioni che lavorano per cambiare il mondo». Se c’è una caratteristica comune in tutte le start up nate attorno al "libro delle facce" è che nessuno dimentica la lezione di Facebook, nato attorno alla connessione e alle relazioni tra persone. Così Morin, l’inventore di Platform e di Connect, le due applicazioni che hanno aperto il mondo di Facebook a oltre un milione di sviluppatori che hanno creato 500mila applicazioni, ha creato l’ancora misterioso Path. Dal poco che si sa, dovrebbe essere una lista di liste, fatte dai singoli sulla base delle loro esperienze e delle loro passioni, da condividere con gli altri. Anche con gli amici di Faceboook. Dal gennaio di quest’anno è attivo Quora, un sito di Q&A, fatto apposta per rispondere a tutte le vostre domande, con l’aspirazione di diventare una sorta di Wikipedia con una basa molto più larga di autori: a crearla sono stati Adam D’Angelo e Charlie Cheever, la cui società è valutata già 86 milioni di dollari. Non è una novità per la Silicon Valley che da una società di successo nascano idee che si connettono e che danno vita a nuove aziende. È successo così anche per Google, che proprio ieri ha annunciato bonus straordinari per i propri dipendenti, forse anche con l’obiettivo di evitare emorragie di cervelli (si veda il servizio a pagina 45). Gli esuli di Facebook si sentono diversi: «Abbiamo un’anima social», spiega Morin. Dalle loro nuove sedi si terrano in contatto. Su Facebook.