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 2011  gennaio 12 Mercoledì calendario

FRAMMENTO DEI FRAMMENTI CHE RISPONDONO ALLA VOCE “GIUFFRÈ

ANTONINO”

Antonino Giuffrè, il boss arrestato martedì, viveva in un ovile senza elettricità: per scaldarsi si affidava a una stufetta a gas e alla compagnia di una pecora. Non ha fatto resistenza, ma è riuscito a ingoiare un foglio che conservava in tasca. Probabilmente un altro messaggio, forse più esplicito, che gli era stato fatto recapitare da Provenzano» . (Fiorenza Sarzanini, ìCorriere della Seraî 18/04/2002)

Chi è Antonino Giuffrè? Nato a Caccamo (Palermo) nel 1945, è cresciuto in quella che Falcone chiamava «la Svizzera della mafia» (perché dedita al riciclaggio del denaro sporco). [1] Docente allo Ial, un istituto della Cisl, fino a qualche anno fa era dipendente della Regione siciliana, commesso in qualche assessorato. Poi i corleonesi lo fecero diventare uno dei grandi capi di Cosa Nostra. Tra i pochi della Cupola con un titolo di studio (perito agrario), era il padrino più vicino a Bernardo Provenzano, il suo uomo di fiducia per la gestione economica e la spartizione degli appalti. [2] Ha detto: «Dovevo cercare di ristrutturare Cosa Nostra su vasta scala». (Francesco Viviano, ìla Repubblicaî 9/10/2002)

Antonino Giuffrè (Caccamo, luglio 1945), nipote del boss di Filadelfia John Stanfa e vicino alla famiglia newyorkese dei Gambino. Ha studiato ed è considerato un esperto di agricoltura nei ranghi di Cosa Nostra. Entrò a far parte dell’organizzazione nel 1980, al fianco di Giuseppe Intile. Quando questi fu arrestato, Giuffrè si legò a Diego Guzzino: arrestato anche questo, fu designato per curare i rapporti tra Riina e Provenzano, diventando reggente del mandamento di Caccamo, nel 1987. Frequentò Michele Greco, detto il Papa, ma è soprattutto stato legato a Bernardo Provenzano, specie dopo la cattura di Riina. Fu arrestato il 16 aprile 2002, in un ovile vicino Roccapalumba (Palermo). (Maurizio Torrealta, La trattativa, Milano, Bur, 2010)

«All’interno di Cosa Nostra ci siamo fatti grandi risate quando abbiamo letto nei giornali che Calvi commise suicidio. I problemi di Cosa Nostra si risolvono in un modo solo: con l’eliminazione» (Antonino Giuffrè). (Maurizio Torrealta, La trattativa, Milano, Bur, 2010)

«Con l’omicidio di Salvo Lima si è chiuso un rapporto che non era ritenuto più affidabile, perché all’orizzonte se ne prospettava un altro più affidabile. Si chiude un capitolo e se ne comincia ad aprire un altro» (il pentito Antonino Giuffrè). (Maurizio Torrealta, La trattativa, Milano, Bur, 2010)

Dopo l’omicidio Lima, dice Giuffrè, per Cosa Nostra c’è stato un «periodo di travaglio»: «C’erano diversi motivi di insoddisfazione. Insoddisfazione nel campo imprenditoriale, insoddisfazione nel campo processuale, perché per la prima volta era stato fatto un maxiprocesso e le cose erano andate male […], [oltre alle] cattive figure fatte da quelle persone che guidavano Cosa Nostra e che non erano più in grado di mantenere le promesse che avevano fatto, in modo particolare mi intendo riferire alle promesse di Salvatore Riina e in modo particolare per quanto riguarda i processi, perché diceva sempre che la situazione si doveva risolvere nel migliore dei modi possibile […]. Invece, ci eravamo resi conto che si andava sempre più male». (Maurizio Torrealta, La trattativa, Milano, Bur, 2010)

Ottimismo tra i boss per la formazione politica di cui si comincia ad intravedere la nascita. Giuffré: «La dovevamo appoggiare e incoraggiare perché dava delle ottime garanzie e in modo particolare Salvatore Di Gangi faceva riferimento a una persona che lavorava presso alcune aziende di Berlusconi. Se ricordo bene il nome era Perruti», cioè Massimo Maria Berruti. Ancora Giuffrè: «Si parlava di persone della Fininvest che si stavano interessando per creare questo nuovo movimento politico e in modo particolare un esponente di spicco era il signor Dell’Utri». (Maurizio Torrealta, La trattativa, Milano, Bur, 2010)