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 2011  gennaio 09 Domenica calendario

FRAMMENTO DEI FRAMMENTI CHE RISPONDONO ALLA VOCE "GIANNINO, OSCAR"


Ricerca fatta con "Giannino"

[…] In effetti, ”La Voce Repubblicana” è stata quel che si dice - se non ci facessero schifo i luoghi comuni - una bella palestra.
[STEFANO FOLLI:] «Vi è stata una prima fase, quella che aveva come direttori Giuseppe Ciranna e Giovanni Ferrara, che si chiuse per volontà di La Malfa nel ’78. Vi lavoravano professionisti come Guido Gentili, Massimo Gaggi, Aldo Carboni, Oscar Giannino» […].
Daniele Scalise Prima Comunicazione, giugno 2003

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[…] Certo, come ha scritto Oscar Giannino, commentatore prolifico e non insensibile alle ragioni del Polo, riferendosi alle mosse di Prodi sullo scacchiere finanziario: «Scusate se è poco, a soli cento giorni dal suo insediamento. Berlusconi se l’è sognato in cinque anni». E in effetti, a Palazzo Chigi e dintorni l’arrivo di Prodi ha segnato un cambio di registro deciso. […].
La Stampa 14/09/2006, pag.4 Francesco Manacorda

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[…] Danilo Coppola, nuovo azionista del gruppo di Finanza&Mercati […] Dei giornalisti ne parla con gran rispetto ma vuole avere le mani libere nella gestione aziendale. […] Cambia subito il consiglio di amministrazione perché se restano Silvano Boroli presidente con il 20% delle azioni e vice Gianni Locatelli, entrano il nuovo amministratore delegato Roberto Patrucco della società di revisione PricewaterhouseCoopers come rappresentanti di Coppola, Massimo Segre, Francesco Bellocchi, direttore generale del gruppo dell’immobiliarista, e ancora Oscar Giannino e Carlo Boroli.
[…] Prima - Che cosa prova ora come editore quando apre il giornale al mattino?
D. Coppola - Lo leggo attentamente, visto che non so anticipatamente che cosa c’è scritto. Penso che forse in futuro dovremo prendere qualche firma che bilanci qualcuno che è all’interno della redazione.
Prima - A chi si riferisce? A Giannino, un po’ troppo antigovernativo?
D. Coppola - Niente nomi. Comunque Giannino è bravissimo.
Prima Comunicazione 23/11/2006, Carlo Riva

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Dizionario dandy 2007 glossario dell’eccentrico contemporaneo, dalla a alla z.

GIANNINO. Si chiama Oscar come Wilde e come lo scrittore irlandese è un grande esempio di dandismo vistoso: nel 2007 una barba carducciana è tanto eccentrica quanto un girasole all’occhiello nel 1887.
Panorama 05/04/2007, Camillo Langone

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[…] Se, infatti, in un sondaggio, si chiedesse ai cittadini qual è il singolo, più pressante problema del Paese, la maggioranza risponderebbe quasi certamente «la pressione fiscale». […] La teoria dominante nei dibattiti economico, politico e sindacale è che le tasse non si possono tagliare almeno fino a quando il debito pubblico rimarrà alto e l’evasione fiscale non verrà battuta. In pratica, mai. La teoria, però, è falsa, sostiene Oscar Giannino in un saggio appena mandato in libreria da Mondadori, Contro le tasse (pagine 132, e 12). «Abbattere le imposte si può, si deve, e non è affatto di destra», recita il sottotitolo: non si tratta, infatti, di un mero esercizio matematico – se abbasso le aliquote entrano meno soldi nelle casse pubbliche e devo ridurre i servizi ”; è qualcosa che investe l’intero rapporto tra la società e lo Stato, il sistema di Welfare, l’economia, la libertà e anche la ricchezza di chi oggi è più povero.
[…] Non solo: parlare di taglio delle tasse come prima azione da compiere continua a essere considerato una pazzia. Giannino, invece, porta argomentazioni ed esempi esteri – americani, ma non solo – per dimostrare che ridurre significativamente l’imposizione fiscale è l’inizio di un processo di riforma liberale, il primo passo da fare, non la conclusione di un percorso che prima dovrebbe ridurre la spesa pubblica, abbassare il debito, recuperare l’evasione e solo a quel punto tagliare le tasse. Il convincimento è lo stesso che guidava Ronald Reagan negli anni Ottanta: più soldi affidi allo Stato, più lo Stato ne spende. Se vuoi costringerlo a spendere meno e a ridurre la sua invadenza nell’economia e nella vita dei cittadini, affamalo. Tagliagli i viveri. A provare la bontà di questo approccio, ci sono due evidenze. Una è che, in effetti, più soldi hanno i governi, più ne spendono: lo sconcertante «caso tesoretto» ne è l’ultimo esempio. L’altra, in positivo, sta nell’elenco di casi internazionali, che Giannino racconta, nei quali la riduzione delle tasse è stata l’inizio di fasi di benessere generalizzato per i cittadini; senza, tra l’altro, che le entrate fiscali ne soffrissero. L’esempio più eclatante è quello degli Stati Uniti. Nel dopoguerra, le aliquote massime sui redditi alle persone le hanno tagliate John Kennedy e Reagan, in ambedue i casi con risultati positivi per la crescita economica, per il benessere anche delle classi meno ricche e senza danni al bilancio pubblico. I criticatissimi (in Europa) tagli effettuati da George W. Bush – figlio di un presidente che non fu rieletto perché aveva rotto la promessa di non alzare le tasse – hanno provocato un risultato «spettacolare» che «dà ragione su tutta la linea a noi liberisti», scrive Giannino: le imposte federali americane hanno raccolto nel 2006 un extragettito (un tesoretto non previsto, direbbero i politici italiani) di 89 miliardi di dollari, cifra che quest’anno supererà probabilmente i 120 miliardi. che un prelievo fiscale più basso stimola l’economia, e quindi le entrate nelle casse dello Stato aumentano anche se le aliquote calano.
Dunque, l’argomentazione secondo la quale il debito pubblico da onorare e il Welfare State da sostenere impedirebbero una forte e immediata riduzione delle tasse non tiene. E quella che vorrebbe aspettare di recuperare l’evasione fiscale prima di abbattere il prelievo è, secondo Giannino, la semplice ricerca di un «millantato nemico» al quale dare colpe che in realtà spettano ad amministrazioni pubbliche che si impossessano della metà del Pil del Paese (e non vogliono rinunciarvi).
Il saggio, però, non si limita a dimostrare che tagliare le tasse si può. Spiega anche che questo è il primo passo per una rivoluzione liberale, nel senso che ogni euro in meno allo Stato è un euro in più all’economia privata, che vada in consumi oppure in investimenti. Che è il modo per rendere attraente l’idea di lavorare di più. Che è l’inizio di un modello economico e sociale diverso, nel quale sono i cittadini a scegliere come impiegare il loro denaro e la questione non è lasciata alla benevolenza di politici, partiti di sinistra e di destra, lobby, sindacati. Con ciò Giannino spiega anche come mai le classi dirigenti italiane non la pensino affatto come lui.
Danilo Taino, Corriere della Sera 17/6/2007

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[…] Contro le tasse, il bel pamphlet appena pubblicato da Oscar Giannino.
Luca Ricolfi, La Stampa 5/8/2007

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A ciascuno il suo arancione. […] «Non siamo dei gufi!», rivendica Oscar Giannino, direttore di «LiberoMercato» che, per il molto mondano Derby, all’ippodromo romano delle Capannelle, domenica 11 maggio, ha scelto una giacca su misura. Arancione, of course. «Amo scegliermi tessuti e impunture. Per via del colore del mio incarnato, causato da troppe medicine, non posso permettermi i verdi; l’arancione mi sta meglio». Non solo. Pochi giorni fa ha scelto dei pantaloni arancioni per far visita al direttore, Antonio Polito, e ai suoi ex colleghi del «Riformista», il più arancione dei giovani quotidiani. «Fu l’art director, Cinzia Leoni», sostiene, «a puntare su quel colore. Un modo per ingentilire il rosso, uno strappo anche cromatico con il passato». Uomo aranciato, uomo riformista, uomo non effemminato.
Chiara Beria d’Argentine, La Stampa 30/5/2008

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Io lo so che molti tra voi lettori non ci crederanno. Ma sono legato a Fausto Bertinotti da una stima vera e profonda. Tanto da non avere alcuna difficoltà ad ammettere che rimpiango molto che egli non sia in Parlamento. Ha pagato un amaro prezzo, al fatto di aver indicato per primo e con anni di anticipo alla sinistra antagonista l’abbandono di ogni pratica violenta, e una lettura della globalizzazione più in chiave di nuovo umanesimo lacaniano, che di vecchio leninismo. La conferma di quanto Fausto abbia operato con la testa sulle spalle, viene dai conti che vi presentiamo, quelli di Rifondazione comunista […].
Oscar Giannino, Libero 26/6/2008, pagina 1

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Red Tv […]. Dice il direttore Caprara: «Poiché credo che una tv di partito sia un errore e una contraddizione in termini informativi, noi eviteremo di dar voce a un partito e tantomeno a una parte, il nostro è progetto più largo e lo realizzeremo con dibattiti, provocazioni non a caso affidate a personaggi di culture politiche diverse». E infatti accanto a Lucia Annunziata si alterneranno, tra gli altri, personaggi eclettici come il direttore di Radio Radicale Massimo Bordin, Oscar Giannino, Ritanna Armeni.
Fabio Martini, La Stampa 30/10/2008

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Se tutti gli esperti e presunti tali affermano che la crisi in arrivo sarà grave, quantomeno una valanga, conviene attrezzarsi ad affrontarla. Ciò che non mi pare stia avvenendo. Probabilmente i consumi sono diminuiti, forse non c’è più chi cambia automobile ogni sei mesi, o chi acquista cappotti e vestiti senza sapere dove appenderli giacché il guardaroba è stipato. Tuttavia, sarà per cecità mia, non vedo gente al lumicino causa denutrizione né segnali di una imminente catastrofe sociale.
Oscar Giannino osserva: è vero, il debito pubblico italiano costituisce un primato mondiale, ma la situazione debitoria delle famiglie non è altrettanto allarmante; anzi, nonostante gli errori e le furbate delle banche, il risparmio individuale è molto confortante e non ha eguali - per consistenza - in altri Paesi occidentali. In più gli interessi sui mutui sono calati e la rata mensile è tornata ad essere abbordabile. […].
Ma la crisi c’è davvero? di Vittorio Feltri, Libero, 25/11/2008, pag. 1

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[…] ha scritto su www.chicago-blog.it l’ex direttore di Libero Mercato, Oscar Giannino […].
Il Foglio, 30/6/2009

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SOMMARIO DI PANORAMA del 18 marzo 2010 –

29 l’affondo di Oscar Giannino

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[…] Finanza&Mercati,[…] pare che Coppola abbia sborsato addirittura 20 milioni per il 20%. Certo, all’epoca la testata, nonostante le difficoltà finanziarie, era affermata e ambita - indiscrezioni parlavano di un interesse di Francesco Gaetano Caltagirone e dello stesso De Benedetti - e si era creata una solida nicchia all’interno di un mercato dominato dal Sole 24 Ore e Milano Finanza, grazie a grandi firme. […] come l’editorialista torinese Oscar Giannino, che di F&M è stato vicedirettore e consigliere di amministrazione fino al passaggio a Libero […].
Umberto Benso, il Fatto Quotidiano 30/5/2010;

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HO CRITICATO I PRIVILEGI DEI MAGISTRATI E LORO MI HANNO SOMMERSO DI LETTERE. LEGGETENE ALCUNE E GIUDICATE -
Ho criticato e continuo a criticare su Panorama e sul mio Chicago-blog lo sciopero indetto dall’Associazione nazionale magistrati. In risposta, decine di lunghissime lettere. Alcune sono dure, ma con rispetto. Altre non nascondono vero disprezzo. Il presidente di Corte d’assise di Bergamo Aurelia Del Gaudio, premessa «la consapevolezza che non c’è peggior sordo di chi non vuoi sentire» (sarei io), comunque gentilmente informa che un magistrato guadagna 41.400 euro in tirocinio, 72 mila euro dopo 5 anni, 122 mila dopo 20 anni e 150.051 dopo 28 anni. Per i magistrati amministrativi, a 5 anni l’emolumento è di 95.400 euro, per poi salire a 157 mila dopo 20 anni e a 172 mila a 28. I prefetti partono più bassi, a 40 mila euro, per giungere a 151 mila dopo 28 anni. Quando ho scritto che non mi pare poco, per i magistrati, guadagnare come e più dei prefetti, apriti cielo!
Balle, hanno replicato. Eppure sono le cifre dell’Anm.
Nessuno riconosce poi la vera anomalia che continuo a criticare. E cioè la progressione automatica di retribuzione e qualifica, dopo 4, 13, 20 e 28 anni di servizio, di cui i magistrati godono a differenza di ogni altro lavoratore. Continua a sembrare loro naturale, un presidio della democrazia. Omelia Galeotti, pm a Pistola, sottolinea che dal 2007 c’è una valutazione di professionalità e se anche al 96 per cento è sempre positiva conferma che i magistrati sono preparatissimi. Altri, come Giovanni Famicini, magistrato a Reggio Emilia, mi accusano di inesattezza poiché affermo che il giudizio è autoesercitato. Macché, somaro d’un Giannino, spetta al Csm. Peccato che per due terzi il Csm sia fatto di magistrati.
Altri, come Salvatore Cantaro, sostituto procuratore generale a Roma, si lanciano in un controprogramma, proponendo «protezione assoluta di tutte le fasce deboli mediante la riduzione dell’Irpef per i redditi sino a 30 mila euro lordi, eliminazione di tutti i blocchi stipendiali per magistrati e pubblico impiego, eliminazione dell’aliquota massima del 43 per cento per lo stipendio del magistrato, del dipendente, del piccolo professionista, del piccolo artigiano, del piccolo imprenditore», e «l’introduzione di aliquote fiscali ulteriori verso l’alto, anche sino al 70 per cento, a carico di chi, come Berlusconi e altri, ha i redditi più elevati d’Italia». Cantaro sembra ignorare che l’aliquota del 43 non si applica ad personam ma per soglia di reddito. Quando ho ironicamente fatto presente al dottor Cantaro che evidentemente non ne sa molto di aliquote comparate, poiché in nessun paese avanzato vige un’aliquota marginale del 70 per cento, ha perso la trebisonda. Avendomi ingiunto di dire quanto pagavo di tasse, e avendogli io risposto che, sommando la mia partita iva e le imposte sulle due società che partecipo, si arriva al 66 per cento del reddito lordo, mi ha riso in faccia che allora mentivo a dire che l’aliquota del 70 non c’è. Con ciò rivelando in che mani siamo. Mani di chi naturalmente pensa che Silvio Berlusconi sia da stramazzare di tasse con tutti quelli come lui, ma non è neanche sfiorato da un minimo di consapevolezza intorno all’elementare differenza tra aliquote marginali di un ordinamento e tax rate reale cui è sottoposto il 90 per cento delle imprese italiane, sommando tutte le imposte.
Per fortuna, i magistrati non sono tutti così. Però è molto divertente essere insultati da chi ti dà del servo ignorante e poi ricorre a simili fesserie. Ti fa sentire un uomo libero, rispetto al suo togato pregiudizio.
Oscar Giannino, Panorama 17/6/2010;

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[…] Red Tv […] talk show "Titoli" condotto da personaggi come Ritanna Armeni e Oscar Giannino […].
Riccardo Bocca, L’espresso 19/8/2010