Nino Sunseri, Libero 04/12/2010, 4 dicembre 2010
LA LITE CON LULA CI PUO’ COSTARE PIU’ DI 13 MILIARDI
Certo che ci vuole una bella forza a mettere in crisi l’intesa fra Italia e Brasile. È come far litigare il nonno con il nipotino più amato. Il caso Battisti minaccia di incrinare un rapporto sempre giocato sul filo della rivalità (soprattutto sportiva) e della simpatia. A cementarlo i trenta milioni di oriundi (su una popolazione complessiva di 180 milioni) che abitano il paese sud-americano. Un altro attentato che vede protagonista l’ex terrorista rosso con la complicità del governo Lula e dei suoi eredi. Un rapporto forte in campo sportivo dove le partite fra Italia e Brasile (nel calcio certamente ma anche nella pallavolo) sono uno dei derby del sport mondiale. Ma anche negli affari. La Pirelli, per esempio, sta a San Paolo da ottant’anni. È stata la prima grande azienda italiana a diventare multinazionale. Dove poteva cominciare se non in Brasile? Oggi impiega 2.200 persone che contribuiscono per più di un terzo agli utili dell’intero gruppo. E la Fiat? Ha due stabilimenti e si prepara a costruire il terzo. Con gli anni è riuscita a diventare il primo fabbricante d’auto del Paese. Gli 8.700 operai di Belo Horizonte producono 700 mila auto. Centomila in più di quanto dei 26 mila dipendenti italiani. Se Marchionne può guardare al futuro con un certo ottimismo è proprio grazie agli utili che arrivano dal mercato sudamericano.
E Tim Brazil? È il secondo operatore di telefonia mobile. Contende il primato a Vivo che fa capo agli spagnoli di Telefonica. Impregilo ha appena quotato alla Borsa di San Paolo la sua filiale locale. Si chiama Ecorodovias e gestisce alcune delle principali autostrade locali. Al listino vale poco più di 600 milioni. Da sola, cioè, la metà dell’intero colosso italiano delle costruzioni. Tutto questo per dire che le nostre imprese in Brasile non solo sono di cas ama, caso unico al mondo, rivestono anche posizioni di eccellenza. Non a caso l’Italia è diventata il secondo esportatore europeo dopo la Germania. Con un volume d’affari di 3,6 miliardi abbiamo scavalcato la Francia. Un patrimonio di ricchezza che l’ex terrorista rosso sta minacciando. Non più con le armi ma con la semplice presenza. La bilancia commerciale è in leggero attivo per l’Italia visto che le importazion ammontano a poco più di tre miliardi. Soprattutto materie prime (ferro, caffè). Oggi tutto questo è in pericolo. Certo chi ha più da perdere nella rottura è l’Italia. Oltre a 3,6 miliardi di esportazione le nostre aziende, in questo momento, possono contare su 10miliardi di commesse. Complessivamente sono tredici miliardi che il sistema industriale italiano si gioca nel grande Paese sudamericano. Nel mazzo c’è di tutto: dal maxi appalto per le navi da guerra della Fincantieri (l’armamento è Finmeccanica) all’Alta Velocità di cui si occupa Fs insieme ad Ansaldo e Impregilo. Tanta ricchezza può essere messa a rischio per colpa di Battisti? Francamente sarebbe troppo.