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 2010  dicembre 09 Giovedì calendario

«Il progetto della moneta unica è fallito il futuro è un euro del nord e uno del sud» - «Il progetto politico alla base della moneta unica è fallito

«Il progetto della moneta unica è fallito il futuro è un euro del nord e uno del sud» - «Il progetto politico alla base della moneta unica è fallito. L´euro è stata creato sulla scommessa che una moneta forte avrebbe costretto i paesi più deboli ad adeguare le loro istituzioni. La scommessa è stata persa. Non solo il sud Europa non ha raggiunto il nord in termini di efficienza della giustizia, competitività delle imprese e solidità dei conti pubblici, ma si è addirittura allontanato. A questo punto è realistico pensare ad alternative». Per Luigi Zingales, docente di imprenditoria e finanza alla University of Chicago Booth School of Business, l´esperienza dell´euro può essere finita, ma ad uscire non dovrebbero essere i paesi più deboli: «Esiste la possibilità di un´uscita dalla moneta dei più forti a partire dalla Germania, e della creazione di un sistema basato non più su una sola valuta ma su due». Lei prefigura uno scenario opposto a quello cui si pensa di solito quando si considera il break-up dell´euro? «L´uscita o l´espulsione di un paese debole avrebbe conseguenze devastanti per il paese stesso e quelli a rischio. E´ più razionale che esca la Germania seguita da Olanda e Finlandia. Resta da vedere dove andrebbe la Francia. Questi paesi adotterebbero un euro-nord che si apprezzerebbe immediatamente rispetto al vecchio euro, che diventa di fatto un euro-sud». Politicamente è praticabile un´ipotesi del genere? «Dipende dall´evolversi della situazione. Ma se i tedeschi si dovessero trovare a salvare la Spagna o addirittura l´Italia, finirebbero per preferire l´isolazionismo. I paesi deboli - Grecia, Spagna, Portogallo, in qualche misura l´Italia - negli ultimi dieci anni hanno avuto un´inflazione più alta della Germania e hanno perso competitività. Per recuperarla, i loro salari devono crescere meno di quelli tedeschi. Ma se l´inflazione e la crescita dei salari in Germania sono vicine a zero, per recuperare competitività gli altri devono ridurre i salari nominali. È una politica impraticabile perché porterebbe alla rivolta sociale». Meglio una svalutazione, come ai vecchi tempi? «Considerando il divario di competitività, per riallinearci in termini reali servirebbe una deflazione del 20%. Anche se la diluiamo su due o tre anni, le sembra realistico? Invece, una svalutazione del 20% potrebbe rilanciare le economie del sud Europa rendendo il loro debito più sostenibile. Oggi in Italia abbiamo un deficit al 5% del Pil e una crescita nominale del Pil del 2,7% (1% reale più 1,7 d´inflazione). A questo ritmo il rapporto tra debito e Pil aumenta, non diminuisce». Però la gestione del debito italiano non è stata cattiva… «Il prolungamento delle scadenze è stato condotto con oculatezza, ed è una fortuna: altrimenti ad ogni scatto dei tassi sarebbe corrisposto un forte aumento immediato della spesa per interessi. A differenza di Grecia ed Irlanda, nel breve periodo il nostro debito è sostenibile. Ma nel lungo? Per questo una svalutazione sarebbe opportuna: come nel 1992, l´economia potrebbe riprendere a crescere diciamo del 3-3,5%, sufficiente a prevenire una esplosione del debito». In tutto questo, il patto di stabilità ha pesato? «Sì, ma anche Francia e Germania l´hanno violato, anzi a quel punto si sono ricordate di far cambiare le regole. Il problema è che quando è stato creato l´euro tutti pensavano che sarebbe bastato l´impegno comune ad azzerare le differenze. Così non è stato. Nella storia, un´unione monetaria senza unione politica non ha mai funzionato a lungo. C´è sempre una prima volta: ma dubito che sia il caso dell´euro». Tecnicamente è possibile? Esistono progetti al proposito? «Non parlerei di progetti, in cui c´è implicita una volontà di realizzazione, ma di piani di emergenza. Voglio sperarlo, come dovrebbe esserci un piano di evacuazione all´attacco nucleare. Le modalità sono da studiare, ci sono da rifare contratti, da rivedere il sistema di pagamenti, da immettere una nuova valuta in circolazione, ma sono tutte cose possibili. Preparare dei piani di emergenza fa parte dei doveri di una banca centrale, come fa parte dei suoi doveri non renderli pubblici per non creare panico. Un´operazione come la divisione in due dell´euro andrebbe fatta all´improvviso durante un week-end, senza far trapelare nulla altrimenti la speculazione si scatena con la corsa a spostare i depositi sulle banche tedesche». Ma lei ritiene questo scenario probabile? «Probabile no, ma possibile certamente sì».