Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2010  dicembre 09 Giovedì calendario

E ADESSO SPUNTANO I LETTORI MORBIDI


Più si guarda all’Italia e più emerge un Paese singolare. Anche nel modo di leggere libri. I lettori aumentano fra i gio­vani in età scolare, diminuiscono drasticamente fra i quarantenni maschi, soprattutto se manager e professionisti. Fra gli anziani, in­vece, si registra un crescente inte­resse per i libri. E nelle ultime ri­cerche è emersa una nuova cate­goria: i lettori non lettori. Gente che legge, ma non è consapevole di appartenere alla categoria di coloro che leggono. Li chiamano ’lettori morbidi’. L’Istat li ha sco­perti di recente e li definisce ’let­tori inconsapevoli’. Tutto reste­rebbe a livello di curiosità se non si trattasse del 10% di Italiani. Cir­ca sette milioni di persone. Cosa leggono? «Sarebbe meglio dire co­sa consultano. Guide turistiche, li­bri di cucina, manuali di bricola­ge. Fra loro, però ce ne sono un di­screto numero che consumano gialli e romanzi rosa in edizioni super economiche e non rileva­te ». A spiegarlo è Giovanni Solimine, che per Laterza ha pubblicato un volumetto che si intitola signifi­cativamente

L’Italia che legge . So­limine è docente di Bibliotecono­mia alla Sapienza, è stato presi­dente dell’Associazione italiana biblioteche, si occupa di promo­zione alla lettura e dirige ’Libri e riviste d’Italia’, periodico del Cen­tro per il libro e la lettura.

Perché ’inconsapevoli’?

«Perché quando gli si chiede se leggono, dicono di no. Poi dalle ri­sposte a domande specifiche ri­sulta spesso che hanno letto con obiettivi diversi da quelli della let­tura. Resta il fatto che non vengo­no calcolati nel novero dei letto­ri ».

Sette milioni sono tanti.

«Secondo me la cifra è sottosti­mata. In ogni caso il mercato che fa riferimento a loro è imponen­te. Basti pensare alla quantità di li­bri di cucina e di hobbistica. C’è poi da dire che si tratta di un fe­nomeno messo a fuoco di recen­te e le case editrici non hanno an­cora sondato tutte le possibilità di mercato che lo riguardano».

Ma quanti sono i lettori di libri in Italia?

«Coloro che leggono almeno un libro l’anno sono circa 25 milioni, cioè il 45% della popolazione. I non lettori sono 31 milioni».

Se si considerano i lettori inconsapevoli?

«Si sale al 60%. Attenzio­ne, però, la percentuale dei cosiddetti lettori forti, cioè coloro che leggono al­meno un libro al mese, è il 15% di quei 25 milioni.

Cioè circa quattro milioni di persone, che da sole as­sorbono la metà del mer­cato, di un settore indu­striale che fattura 3 mi­liardi e mezzo l’anno, con 3.000 editori che pubblicano 60 mila titoli e danno lavoro a 40 mi­la persone».

Un colosso dai piedi d’argilla?

«Più o meno. Per questo sostengo che c’è la necessità di rivedere le politiche di promozione della let­tura. Se da una parte è logico che le case editrici puntino alla sensi­bilizzazione del lettore forte, per­ché è più facile e dà risultati im­mediati, dall’altra è necessario che la base dei lettori sia amplia­ta attraverso iniziative pubbliche».

Ci sono anche debolezze struttu­rali?

«L’Italia è sotto la media europea (70%) per numero di lettori, ma è al quarto posto per produzione e­ditoriale e al settimo nel mondo. Però dei circa 3.000 editori sul no­stro territorio solo l’11% pubblica più di 50 titoli l’anno: oltre il 90% del mercato, con la sola Monda­dori che ha il 30%».

Quali sono i libri più letti?

«Tutta la narrativa. Seguono alcu­ni settori di saggistica, cioè l’edi­toria storica divulgativa e l’edito­ria religiosa. Se per ogni titolo si ha una tiratura media di 5 mila copie, al primo posto con 20 mila co­pie c’è la narrativa, al secondo i libri religiosi con 18 mila».

Qual è la tipologia del lettore medio?

«Per semplificare si può dire che fra i gio­vani fra gli 11 e i 14 an­ni c’è un 64,7% di let­tori, mentre legge solo il 22,8% di chi ha su­perato i 75 anni. Fra gli anziani, però, è in cre­scita il numero dei let­tori forti, che sono più o meno il 20% di quel 22,8%. Il problema è che cessato l’impegno scolastico molti giova­ni smettono di legge­re. Fra i ragazzi già a 15 anni i non lettori su­perano i lettori. Sor­passo che nelle fem­mine avviene intorno ai 60. In media legge il 51,6% delle donne e il 38,2 degli uomini. L’uomo che entra nel mondo del lavoro ridu­ce drasticamente la propensione alla lettura, anche se ha un titolo di studio elevato e buoni incari­chi. Tanto più che a differenza di altri Paesi le attività di aggiorna­mento professionale sono scar­se.

Insomma, dirigenti e profes­sionisti leggono meno dei loro sottoposti».

In un simile contesto cosa si è sbagliato nel promuovere la let­tura e cosa potrebbe risultare vin­cente?

«Sono sbagliate le politiche di promozione nelle scuole, altrimenti non ci sarebbe un così for­te calo di lettori a fine ciclo.

Insomma, i giovani de­vono essere avvicinati in maniera più stimo­lante ai libri. Bisogna allargare la base dei lettori in età lavorativa e qui servono iniziati­ve pubbliche. E poi ci si deve concentrare sulla prima infanzia. Il maggior numero di nuovi lettori forti è fra chi è stato avvicinato alla lettura fin da pic­colo, in ambienti fami­liari e scolastici dove e­ra forte la presenza di libri. In questo senso si sta muovendo l’inizia­tiva ’Nati per leggere’, promossa dall’Asso­ciazione italiana bi­blioteche e dall’Asso­ciazione dei pediatri».

E le biblioteche?

«Devono rinnovarsi, ringiovanir­si, hanno bisogno di fondi. So­prattutto, però, bisogna incenti­vare le piccole librerie, che stan­no chiudendo. I comuni sono 8 mila, le librerie 3 mila e anche in città di media grandezza sono as­senti ».