Roberto I. Zanini, Avvenire 9/12/2010, 9 dicembre 2010
E ADESSO SPUNTANO I LETTORI MORBIDI
Più si guarda all’Italia e più emerge un Paese singolare. Anche nel modo di leggere libri. I lettori aumentano fra i giovani in età scolare, diminuiscono drasticamente fra i quarantenni maschi, soprattutto se manager e professionisti. Fra gli anziani, invece, si registra un crescente interesse per i libri. E nelle ultime ricerche è emersa una nuova categoria: i lettori non lettori. Gente che legge, ma non è consapevole di appartenere alla categoria di coloro che leggono. Li chiamano ’lettori morbidi’. L’Istat li ha scoperti di recente e li definisce ’lettori inconsapevoli’. Tutto resterebbe a livello di curiosità se non si trattasse del 10% di Italiani. Circa sette milioni di persone. Cosa leggono? «Sarebbe meglio dire cosa consultano. Guide turistiche, libri di cucina, manuali di bricolage. Fra loro, però ce ne sono un discreto numero che consumano gialli e romanzi rosa in edizioni super economiche e non rilevate ». A spiegarlo è Giovanni Solimine, che per Laterza ha pubblicato un volumetto che si intitola significativamente
L’Italia che legge . Solimine è docente di Biblioteconomia alla Sapienza, è stato presidente dell’Associazione italiana biblioteche, si occupa di promozione alla lettura e dirige ’Libri e riviste d’Italia’, periodico del Centro per il libro e la lettura.
Perché ’inconsapevoli’?
«Perché quando gli si chiede se leggono, dicono di no. Poi dalle risposte a domande specifiche risulta spesso che hanno letto con obiettivi diversi da quelli della lettura. Resta il fatto che non vengono calcolati nel novero dei lettori ».
Sette milioni sono tanti.
«Secondo me la cifra è sottostimata. In ogni caso il mercato che fa riferimento a loro è imponente. Basti pensare alla quantità di libri di cucina e di hobbistica. C’è poi da dire che si tratta di un fenomeno messo a fuoco di recente e le case editrici non hanno ancora sondato tutte le possibilità di mercato che lo riguardano».
Ma quanti sono i lettori di libri in Italia?
«Coloro che leggono almeno un libro l’anno sono circa 25 milioni, cioè il 45% della popolazione. I non lettori sono 31 milioni».
Se si considerano i lettori inconsapevoli?
«Si sale al 60%. Attenzione, però, la percentuale dei cosiddetti lettori forti, cioè coloro che leggono almeno un libro al mese, è il 15% di quei 25 milioni.
Cioè circa quattro milioni di persone, che da sole assorbono la metà del mercato, di un settore industriale che fattura 3 miliardi e mezzo l’anno, con 3.000 editori che pubblicano 60 mila titoli e danno lavoro a 40 mila persone».
Un colosso dai piedi d’argilla?
«Più o meno. Per questo sostengo che c’è la necessità di rivedere le politiche di promozione della lettura. Se da una parte è logico che le case editrici puntino alla sensibilizzazione del lettore forte, perché è più facile e dà risultati immediati, dall’altra è necessario che la base dei lettori sia ampliata attraverso iniziative pubbliche».
Ci sono anche debolezze strutturali?
«L’Italia è sotto la media europea (70%) per numero di lettori, ma è al quarto posto per produzione editoriale e al settimo nel mondo. Però dei circa 3.000 editori sul nostro territorio solo l’11% pubblica più di 50 titoli l’anno: oltre il 90% del mercato, con la sola Mondadori che ha il 30%».
Quali sono i libri più letti?
«Tutta la narrativa. Seguono alcuni settori di saggistica, cioè l’editoria storica divulgativa e l’editoria religiosa. Se per ogni titolo si ha una tiratura media di 5 mila copie, al primo posto con 20 mila copie c’è la narrativa, al secondo i libri religiosi con 18 mila».
Qual è la tipologia del lettore medio?
«Per semplificare si può dire che fra i giovani fra gli 11 e i 14 anni c’è un 64,7% di lettori, mentre legge solo il 22,8% di chi ha superato i 75 anni. Fra gli anziani, però, è in crescita il numero dei lettori forti, che sono più o meno il 20% di quel 22,8%. Il problema è che cessato l’impegno scolastico molti giovani smettono di leggere. Fra i ragazzi già a 15 anni i non lettori superano i lettori. Sorpasso che nelle femmine avviene intorno ai 60. In media legge il 51,6% delle donne e il 38,2 degli uomini. L’uomo che entra nel mondo del lavoro riduce drasticamente la propensione alla lettura, anche se ha un titolo di studio elevato e buoni incarichi. Tanto più che a differenza di altri Paesi le attività di aggiornamento professionale sono scarse.
Insomma, dirigenti e professionisti leggono meno dei loro sottoposti».
In un simile contesto cosa si è sbagliato nel promuovere la lettura e cosa potrebbe risultare vincente?
«Sono sbagliate le politiche di promozione nelle scuole, altrimenti non ci sarebbe un così forte calo di lettori a fine ciclo.
Insomma, i giovani devono essere avvicinati in maniera più stimolante ai libri. Bisogna allargare la base dei lettori in età lavorativa e qui servono iniziative pubbliche. E poi ci si deve concentrare sulla prima infanzia. Il maggior numero di nuovi lettori forti è fra chi è stato avvicinato alla lettura fin da piccolo, in ambienti familiari e scolastici dove era forte la presenza di libri. In questo senso si sta muovendo l’iniziativa ’Nati per leggere’, promossa dall’Associazione italiana biblioteche e dall’Associazione dei pediatri».
E le biblioteche?
«Devono rinnovarsi, ringiovanirsi, hanno bisogno di fondi. Soprattutto, però, bisogna incentivare le piccole librerie, che stanno chiudendo. I comuni sono 8 mila, le librerie 3 mila e anche in città di media grandezza sono assenti ».