Fabio Gambaro, la Repubblica 9/12/2010, 9 dicembre 2010
QUANDO GRASSO ERA BELLO
La condanna dell´obesità, che oggi ci appare naturale, è il risultato di una lunga evoluzione dei canoni estetici e culturali, come pure delle norme sociali, sanitarie e alimentari». Da sempre attento alle problematiche del corpo, Georges Vigarello, storico e studioso di scienze sociali, prova a riflettere sul culto della magrezza oggi dominante, ricordando che in passato gli individui erano molto meno esigenti nei confronti del loro aspetto fisico. Nella società contemporanea la dittatura dell´apparenza e il potere della moda modificano radicalmente il nostro rapporto col corpo, spingendoci a condannare tutto ciò che si sottrae alla norma. A cominciare proprio dall´obesità, diventata il simbolo di un rapporto snaturato con la propria realtà corporea. In passato però non sempre il grasso è stato osteggiato e condannato come oggi. Lo storico francese lo spiega in un nuovo appassionante saggio intitolato Les métamorphoses du gras (Seuil, pagg. 363, euro 21), una vera e propria storia culturale dell´obesità nella quale ricostruisce il lungo percorso di una condizione fisica progressivamente caduta in disgrazia, ma anche sempre più diffusa. «Nel medioevo, vale a dire in un´epoca di carestie, dove la ricchezza significava innanzitutto maggiore disponibilità alimentare, le rotondità del corpo erano considerate un segno d´agiatezza economica», spiega lo studioso, tra le cui opere figurano Storia della bellezza (Donzelli) e Storia della violenza sessuale (Marsilio). «Certo, per le donne era già operante un modello che vantava il busto sottile, ma in generale i ricchi mostravano attraverso il corpo la loro condizione materiale privilegiata. La percezione negativa del grasso emerge durante il Rinascimento, quando per l´uomo di corte si preconizza un corpo più magro e snello, capace di esprimere un´eleganza più leggera. L´obesità, simbolo di una certa indolenza e goffaggine, inizia ha essere guardata con sospetto e, sebbene le rotondità siano sempre largamente tollerate, a poco a poco il canone della magrezza si diffonde nella società».
La nuova norma incontra resistenze?
«Certamente, come mostrano i quadri di Tiziano e Rubens che valorizzano la carne e le forme generose. Si pensi anche a Gargantua, il personaggio di Rabelais che si prende gioco della norma con ironia, sarcasmo e spirito di provocazione. Anche Falstaff e Sancho Panza sono esempi della resistenza ai nuovi canoni che condannano il grasso. In realtà, la storia dell´obesità è una storia non lineare e ricca di contraddizioni. La Chiesa, ad esempio, da un lato predica la povertà e condanna l´ingordigia, ma poi trasmette all´immaginario popolare la figura del monaco gaudente e grassoccio amante della buona tavola».
Nella modernità come cambia la percezione del corpo grasso?
«Tra il XVIII e il XIX secolo s´impone l´immagine del borghese dal ventre prominente che esibisce senza remore la sua mole adiposa per ostentare ricchezza e potere. Per questo motivo la cultura popolare dell´epoca vede nel grasso un segno distintivo di chi approfitta del popolo. La critica "sociale" del grasso appare durante la rivoluzione francese, soprattutto nei confronti della nobiltà e del clero, ma diventa più diffusa - estendendosi alla borghesia - nel corso del XIX secolo».
Perché nel XX secolo la condanna dell´obesità diventa più sistematica?
«Più il corpo si scopre, più l´obesità è messa al bando. La società del tempo libero mostra più facilmente il corpo - ad esempio in spiaggia, ma anche per via dell´evoluzione dell´abbigliamento - trasformando il rapporto con il pudore e il piacere. Ma per offrire il proprio corpo allo sguardo altrui, occorre renderlo più attraente. Le tracce di grasso sono dunque meno tollerate. Inoltre, a partire dagli anni venti, il muscolo diventa l´elemento centrale della realtà corporea, dato che nella società industriale il corpo deve essere innanzitutto forte, dinamico e attivo. Ciò vale anche per le donne, che così sono spinte ad obbedire a criteri inizialmente maschili. In questo contesto, l´obesità si carica di connotazioni negative come mai in passato. L´obeso diventa una specie di mostro - che a volte è persino esibito nelle fiere - e i medici sono chiamati a curarlo».
Con quali conseguenze?
«Quando i medici iniziano a occuparsi dell´obesità, le conseguenze del grasso si trasformano. Se l´eccesso di grasso prima era soprattutto un peso, ora diventa nocivo per la salute. L´obesità diventa un problema sanitario che necessita una valutazione più precisa. Così, a partire dal XVIII secolo, quando viene usata per la prima volta la parola "obesità", si è cercato in tutti i modi di quantificare una condizione che all´inizio era vaga e intuitiva. Grazie alla bilancia, la sua definizione diventa più precisa e oggettiva. Nella seconda metà del XX secolo, quando tale strumento entra in tutte le case, la sorveglianza del corpo diventa più stretta e sistematica, spingendo le persone a tenersi sotto controllo da sole».
Perché oggi gli obesi sono spesso additati alla pubblica riprovazione?
«In realtà, non si condanna più l´obesità per le stesse regioni che in passato. Se nei secoli scorsi nella critica dell´obesità c´era anche una dimensione morale e sociale, oggi l´obeso è visto soprattutto come colui che non è capace di controllarsi e di adattarsi ai canoni della società. Gli obesi diventano colpevoli di non sapere dimagrire, di non saper controllare il loro corpo. Nella società dominata dalla performance, l´individuo deve dimostrare innanzitutto d´essere capace di agire su se stesso. Da qui la riprovazione per chi non vi riesce. Se in passato l´obeso era considerato un individuo gaudente, oggi la sua immagine è associata alla sofferenza e all´esclusione. Un altro capovolgimento riguarda la connotazione di classe. L´obesità, infatti, non è più un simbolo di ricchezza, giacché essa è soprattutto diffusa tra le classi popolari, la cui alimentazione a basso costo è spesso satura di grassi e zuccheri».
Se nelle epoche passate il grasso è stato maggiormente tollerato è perché il corpo non era ancora un elemento centrale nell´affermazione dell´identità individuale?
«Nonostante si pensi spesso che la realtà spirituale prevalesse su quella materiale, nella società medievale e rinascimentale la preoccupazione del corpo era già presente. L´apparenza corporea rimandava all´appartenenza sociale ed era considerata quasi una rappresentazione dell´anima. Tuttavia, a quel tempo il corpo non era considerato come un elemento centrale della persona. Solo di recente - anche in relazione alla crisi delle religioni - l´apparenza fisica è diventata espressione diretta di ciò che un individuo è. Il corpo oggi assume un´importanza decisiva per la nostra identità, di conseguenza l´adesione alla norma diventa sempre più importante».
Alcuni gruppi di obesi però cominciano a ribellarsi alla dittatura del corpo snello. Che ne pensa?
«Gli anni settanta e ottanta hanno progressivamente imposto un canone di bellezza che esalta la magrezza, costringendo gli individui a confrontarsi in permanenza con modelli quasi irrealizzabili. Da qui la frustrazione e i fenomeni di reazione, favoriti anche dal crescente individualismo della società. Più gli obesi vengono stigmatizzati e più si levano voci critiche nei confronti di canoni corporei troppo rigidi. Si spiegano così le associazioni che rivendicano il diritto all´obesità e la ricerca di nuovi eroi, come ad esempio la protagonista del film Precious. Tuttavia la norma che condanna l´obesità, e più in generale ogni eccesso adiposo, è ancora molto forte, soprattutto tra i giovani, i quali chiedono sempre moltissimo al loro corpo, cercando continuamente di trasformarlo per adattarsi ai canoni estetici dominanti».