VINCENZO VISCO, la Repubblica 9/12/2010, 9 dicembre 2010
LA SFIDA TEDESCA ALL´EUROBOND
Caro direttore, la crisi economica e finanziaria ha provocato in tutto il mondo l´esplosione dei debiti pubblici. Ciò è accaduto anche in Europa mettendo in crisi l´euro e alcuni Paesi. Il pericolo del contagio ha fatto sì che venissero avanzate alcune proposte con l´obiettivo di stabilizzare l´economia europea e i debiti sovrani dei Paesi. Nei giorni scorsi vi è stata una proposta Monti e una dei ministri Junker e Tremonti che riprendono una proposta di due economisti (Delpia e von Weizsäcker) apparsa sul sito Bruegel nel 2010. In sintesi si tratterebbe di dividere in due parti il debito pubblico di ciascun Paese, la prima (non superiore al 60% del Pil di ognuno) dovrebbe essere acquistata da un´agenzia del debito europeo mediante l´emissione di Eurobond, la seconda resterebbe a carico dei singoli Paesi. I vantaggi sarebbero: a) innanzitutto politici: l´"europeizzazione", la messa in comune di una quota rilevante di debito pubblico come premessa/promessa per una politica economica unitaria; b) il salvataggio di Paesi come Grecia, Irlanda, Portogallo, il cui debito potrebbe essere interamente acquistato dall´agenzia; c) la riduzione dei tassi d´interesse che si applicherebbero a questo nuovo debito sovrano europeo sul mercato.
La proposta è sicuramente utile, e la sua attuazione rappresenterebbe un rilevante progresso per la costruzione europea. Essa tuttavia avrebbe degli effetti collaterali: le banche detentrici di titoli che l´agenzia acquisterebbe a sconto (principalmente banche tedesche, francesi e inglesi), realizzerebbero perdite anche rilevanti e potrebbero avere problemi di stabilità; i Paesi ad alto debito pubblico, come l´Italia, potrebbero essere fortemente penalizzati dai mercati relativamente alla quota di debito che resterebbe nazionale, sicché il vantaggio derivante dalla riduzione del costo del debito europeo potrebbe risultare alla fine più che compensato, con rischi anche per la stabilità finanziaria. In ogni caso sarebbero sempre gli incolpevoli contribuenti di ciascun Paese a dover pagare e rimborsare il debito accumulato in passato e quello provocato dalla crisi. E comunque la Germania appare per il momento contraria.
Questi effetti negativi sarebbero superati dall´adozione di un´altra proposta avanzata da chi scrive nello scorso luglio. Il nuovo debito aggiuntivo provocato dalla crisi dovrebbe essere collocato in un apposito fondo e il suo servizio garantito dal gettito di un´imposta sulle transazioni finanziarie a ciò dedicata. Il fondo dovrebbe funzionare secondo normali logiche di mercato. In questo modo: a) si trasformerebbero i debiti dei Paesi in capitali che potrebbero essere proficuamente investiti sui mercati a beneficio degli Stati; b) sarebbero gli operatori dei mercati finanziari (le "banche") a pagare i costi della crisi e non i normali cittadini; c) nessuna banca fallirebbe o subirebbe perdite; d) i bilanci pubblici dei singoli Stati verrebbero riportati alla situazione contabile del 2007 per quanto riguarda debito pubblico e interessi.
A questa proposta potrebbero essere avanzate alcune obiezioni tecniche cui è facile rispondere ma l´obiezione di fondo è di tipo politico: la difficoltà di trovare un accordo tra i diversi governi, e soprattutto il fatto che "la Germania non sarebbe d´accordo". Ma questa opposizione non è nell´interesse dell´economia tedesca né della Germania. Infatti la Germania è il Paese che ha maggiormente beneficiato della moneta unica che è stata in realtà un formidabile volano per la crescita delle esportazioni tedesche: 50 per cento del Pil di cui il 60 per cento venduto nella zona euro! Senza l´euro il marco tedesco varrebbe oggi 2-2,5 dollari e non 1,3-1,4, con ovvie conseguenze su esportazione e tassi di crescita tedeschi. In altre parole, la Germania si tenga ben stretti i suoi Piigs che sono stati la garanzia del suo successo: il collasso dell´euro danneggerebbe oggi soprattutto l´economia tedesca. Incidentalmente il medesimo argomento vale nei confronti di chi in Italia vorrebbe liberarsi di un Sud poco efficiente.