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 2010  dicembre 09 Giovedì calendario

I SETTANTA ANNI DI DE MICHELIS «CRAXI SBAGLIO’ A NON SCEGLIERE ME»

Gianni De Michelis, lei ha appena festeggiato in Egitto i suoi 70 anni.
«I 70 anni sono il momento dei bilanci. Avrei voluto festeggiare oltre confine anche l’altro compleanno di svolta della vita, i 50. Ero ministro degli Esteri. Prenotai un castello fuori Praga e invitai 200 persone». Chi pagava? «Gli invitati. Ma i giornali mi attaccarono: "Sta per scoppiare la guerra del Golfo e De Michelis si festeggia". Craxi telefonò: "Fai pure la festa, ma prima ti dimetti". Rinunciai. E come ministro firmai il trattato di Maastricht». Chi c’era stavolta a festeggiarla? «Gli amici di sempre: un iraniano che vive in Germania, un tedesco che vive a Bangkok, un banchiere svizzero. E poi Altissimo e Cirino Pomicino». Ex socialisti? «Pochini. Ma presenti in spirito: Sacconi, Brunetta, Frattini, Cicchitto, Caldoro. Berlusconi ha scelto bene i suoi ministri, e li ha lasciati fare. Se fosse stato per lui, avrebbe speso e spanso. Per fortuna la politica economica l’ha fatta Tremonti».
Fino a che punto è socialista anche Tremonti?
«Sino alla fine. Ricordo riunioni con lui nella seconda metà del 1992, in cui discutevamo come trovare una via d’uscita. Oggi è l’italiano più credibile in Europa».
Governo Tremonti dopo il 14 dicembre?
«Non adesso. "Saltare" Berlusconi richiede un costo troppo alto. Adesso bisogna cercare una soluzione con il consenso di Berlusconi. Anche perché i voti li ha ancora». Un Berlusconi bis? «Sì. L’ideale, per riformare le regole del gioco, il fisco, la giustizia, sarebbe una grande coalizione, come quella che ha rilanciato la Germania. Rimanere senza governo nelle prossime settimane sarebbe disastroso; perché sono quelle in cui si decide il futuro d’Europa». Addirittura? «Il 2012 sarà un anno elettorale, dall’America alla Spagna, alla Francia. L’anno cruciale è il 2011. È finito un mondo, in cui un’élite viveva al di sopra delle proprie possibilità, sfruttando il resto della popolazione del pianeta. Possiamo uscirne con il compromesso, come sostiene Obama, che è un grande presidente. O con il conflitto».
L’Italia sembra più orientata verso il conflitto.
«Sarebbe la nostra fine. Resteremmo a fare la lotta nel fango, tutti ne usciremmo sconfitti. Dobbiamo voltare pagina; e il modo migliore per farlo sarebbe mandare Berlusconi al Quirinale. Mi pare giusto, dopo 21 anni e tre presidenze dell’altra banda».
La banda sarebbe il centrosinistra?
«Non esistono centrodestra e centrosinistra. Esistono due bande di potere. I cinque milioni di voti socialisti del ’92 sono finiti in gran parte a Berlusconi. Io stesso, come tanti uomini di sinistra, sono andato con Berlusconi, me malgrado. E tanti uomini di destra sono andati dall’altra parte».
Allude a Di Pietro?
«Di Pietro era nelle mani di Violante, sin dall’inizio. Fu scelto lui proprio perché non era di sinistra. E perché era controllabile, per le note vicende della Mercedes e dei prestiti».
Lei una volta disse: «Potevamo chiudere Tangentopoli in tre mesi».
«Certo. Avevamo Palazzo Chigi, i servizi segreti, il Guardasigilli, i carabinieri: Amato premier, Martelli alla Giustizia, Andò alla Difesa. L’errore fu non fare subito il decreto per chiudere Mani Pulite, il 4 luglio 1992, il giorno dopo il discorso alla Camera in cui Craxi chiamò tutti a corresponsabili. Bettino si illuse che fosse finita lì. Dopo l’estate, Di Pietro chiese di vederlo, e come segno di disponibilità scarcerò due socialisti milanesi, Zaffra e Dini. Poi morì Balzamo. Al funerale, Craxi mi prese sottobraccio e mi sussurrò: "Ti sembrerò cinico, ma credo proprio che il buon Dio ci abbia risolto il problema". Invece la scomparsa di Balzamo esponeva ancora di più Bettino, che ricevette subito il primo avviso di garanzia. Glielo dissi tre anni dopo, in un ristorante di Sidi Bou Said: "Se tu avessi mandato me a Palazzo Chigi, quel decreto l’avrei fatto"».
Craxi disse a Scalfaro: «Amato o De Michelis o Martelli; e non in ordine alfabetico».
«E noi socialisti facemmo naufragio. Tanti furono sommersi. Altri si salvarono nuotando nelle varie direzioni. Anche per questo, quando oggi sento parlare di triadi…». Letta, Tremonti, Alfano. «Berlusconi, però, non farà come Craxi».
Non dirà anche lei che Tangentopoli fu un complotto?
«I manovratori furono quelli del Pds, d’intesa con l’establishment, che sperava di usarli e ne venne usato. Ma certo anche noi commettemmo parecchi errori. Non capimmo che, caduto il Muro, gli italiani non erano più disposti a tollerare certe cose. E non capimmo quanto era diventata ricca l’Italia: nel ’92 l’Italia vera, non quella delle statistiche, era il Paese più ricco del mondo. Così gli italiani si illusero di poter fare a meno della politica».
Voi politici potevate fare a meno di rubare.
«Le rispondo come risposi a Lerner nel 1996: Tangentopoli fu fatta dai ladri contro gli onesti».
E dove finivano i soldi delle tangenti?
«Ai partiti. E a qualcuno che ne approfittò. Ma erano cifre del tutto compatibili con il sistema economico: diciamo quel 3% che è considerata dai direttori dei supermercati la soglia fisiologica del taccheggio. Oggi si fa cento volte di peggio». Lei ebbe due condanne. «Patteggiai a Venezia perché stavo per sposarmi, e non volevo finire in galera. L’altra condanna è per Enimont. Ma i procedimenti contro di me furono una trentina. Per non diventare matto, mi dissi che dovevo trovarmi qualcosa da fare. E passare dalle discoteche alle biblioteche». Biblioteche? «La British Library, la più bella al mondo. La biblioteca centrale di Pechino. Quella del congresso a Washington. La Très Grande Bibliothèque di Mitterrand. Mi sono messo a studiare la demografia storica».
E cosa ne ha dedotto per il futuro?
«Che siamo in un flesso della storia. In matematica, il flesso è un punto dai caratteri eccezionali. È iniziato il crollo demografico. Soprattutto in Europa. E in particolare in Italia».
Diventeremo l’Eurabia preconizzata dalla Fallaci?
«È inevitabile. Troppo grande la differenza di potenziale con l’altra sponda del Mediterraneo. L’Italia può essere protagonista di una grande apertura verso Sud e verso Est, il Maghreb, il Medio Oriente, la Russia. E bisogna riconoscere che Berlusconi ha avuto le intuizioni giuste: Gheddafi, Erdogan, Putin. Magari per i fatti suoi; ma le ha avute. L’alternativa è il rattrappimento baltico della crescita».
Questa l’ha detta Sacconi. Edmondo Berselli scrisse che gli ricordava il «centro di gravità permanente» di Battiato.
«Sacconi l’ha presa da me. Il rattrappimento baltico è il rischio che la Germania si crei una piccola Europa a sua immagine e somiglianza: la Scandinavia, il Benelux, la Polonia. L’Italia diventerebbe irrilevante, per giunta lacerata al suo interno, tipo la Somalia o la Costa d’Avorio. Per questo il rapporto con l’Islam è fondamentale». Lo dica alla Lega. «A Strasburgo avevo vicino Borghezio che ogni tanto si alzava a urlare: "Lepantooo!". Ma l’argine ai leghisti sono Berlusconi e Tremonti. Dopo l’Egitto sono andato in Cina con Giulio, che ha lanciato l’idea del trialogo tra scuola del partito comunista cinese, Aspen Italia e Aspen America: compromesso, non conflitto. Bretton Woods si fece dopo la guerra mondiale. Noi dovremmo rifarla senza guerre. Ed essere stavolta dalla parte di chi scrive le nuove regole, non di chi le subisce».
Aldo Cazzullo