GIULIA ZONCA, La Stampa 9/12/2010, pagina 52, 9 dicembre 2010
La boxe premia Rocky, il pugile mai esistito - Deve essere successo su quella scalinata di Philadelphia, salita di corsa dopo aver ingurgitato un frullato di uova o dentro la cella frigo, per l’allenamento tra i quarti di manzo o proprio sul ring, nella rivincita con Apollo Creed: a un certo punto, tra Rocky I e Rocky VI, mr Balboa è diventato reale
La boxe premia Rocky, il pugile mai esistito - Deve essere successo su quella scalinata di Philadelphia, salita di corsa dopo aver ingurgitato un frullato di uova o dentro la cella frigo, per l’allenamento tra i quarti di manzo o proprio sul ring, nella rivincita con Apollo Creed: a un certo punto, tra Rocky I e Rocky VI, mr Balboa è diventato reale. Un pugile vero, con cinture, titoli, un’età che non sa accettare e un passato memorabile. Ricordi concreti, che hanno lasciato un segno e lo hanno portato nella Hall of Fame. Rocky è entrato nell’olimpo della Boxe con Mike Tyson e Julio Chavez, si è infilato nella galleria dei pugili che non si possono dimenticare come se avesse davvero vinto un Mondiale e non era mai successo che un personaggio inventato, vivo per fiction, si mettesse a fianco dei campioni. Tecnicamente non è così perché anche l’audace Hall of Fame, la stanza della gloria, ha delle regole e i nomi incisi sul muro dell’eternità devono appartenere a qualcuno. Ci scriveranno quello di Sylvester Stallone, l’attore, lo sceneggiatore, uno che ha combattuto solo per finta ed è inevitabile che qualcuno si ribelli. Nino Benvenuti ha un posto in quella Hall of Fame e non è felice di accogliere l’ultimo arrivato: «Non mi sento onorato, se dobbiamo andare a pescare un personaggio vuol dire che siamo ridotti male». Non ci crede proprio, spera sia una provocazione e non si arrende davanti alla teoria del testimonial: «Non ha rappresentato un pugile, era il macho, il potente, il vincente. Io i film li ho visti e non vi ho trovato traccia del mio sport che vi ricordo è un’arte. Come la scherma o le discipline orientali, il contrario dello sfoggio di forza bruta. Sul ring vince il più preparato, il più intelligente, non il più aggressivo. Rocky è uno che sale sul quadrato, mostra i muscoli e demolisce chiunque si trovi davanti». La prima reazione è sempre la stessa, «incredulità e fastidio», le parole più frequenti nei blog degli appassionati, accuse ai votanti, proteste, solo che qualcuno si lascia sedurre dall’idea. Vincenzo Cantatore, campione europeo nel 2007, commenta «assurdo», poi riemerge l’emozione dei film: «Un posto ad honorem magari se lo merita, io ho cominciato a boxare nel periodo di Rocky III e me lo sono visto cinque volte, chissà quanti ragazzi hanno iniziato grazie a lui. È un attore, però quando l’ho incontrato ho pensato a Rocky, a nient’altro. La sua è la faccia di un pugile. Sentire quel nome tra i migliori della storia fa effetto, ma alla fine non ci sta manco male lì». Puristi contro infatuati ed è un combattimento che ha bisogno di round extra, che non trova arbitri o giudici disposti a dare i punti. Stallone si prende l’impossibile, uno spazio vicino a chi lo ha ispirato. Rocky Marciano e non solo, perché Rocky Balboa è un misto di storie e fantasia: è sbiadito col tempo e pure quello succede anche nella realtà. Evander Holyfield che si ostina a cercare un avversario da stendere, a 48 anni, non è tanto diverso dal protagonista dell’ultimo film della serie, uscito solo 4 inverni fa, a 30 anni di distanza dal primo capitolo. In questi 3 decenni Rocky è passato da icona a caricatura, non è mai stato reale ma per qualche pugile vero è stato decisivo, forse per questo lo hanno messo dove non si meritava di essere. E dove è riuscito ad arrivare.