ANTONIO SALVATI, La Stampa 9/12/2010, pagina 10, 9 dicembre 2010
“O mia o di nessuno” E la uccide dopo anni di persecuzioni - Per ucciderla ha utilizzato un coltellaccio da macellaio, lui che proprio in una macelleria aveva lavorato prima di fare il manovale
“O mia o di nessuno” E la uccide dopo anni di persecuzioni - Per ucciderla ha utilizzato un coltellaccio da macellaio, lui che proprio in una macelleria aveva lavorato prima di fare il manovale. Cinque coltellate, l’ultima vibrata con tale violenza che la lama è rimasta conficcata nel corpo della sua vittima. Poi la fuga verso casa della madre, terminata con una telefonata ai carabinieri quando già la polizia lo aveva rintracciato. Paolo Chieco, 53 anni, ha ucciso l’altra sera a Matera l’ex convivente, Anna Rosa Fontana di 38 anni, finendola sotto gli occhi atterriti del figlio 17enne di lei, sceso in strada per incontrare un’amica. Non si è trattato di un raptus, ma dell’epilogo di un chiaro progetto portato avanti da cinque anni con ossessiva volontà. È dal 2005 che Paolo cerca di ammazzare Anna Rosa: la prima volta ci andò talmente vicino che quelle ferite costarono una piccola pensione di invalidità alla vittima. Se perdi parte della funzionalità del braccio destro a fronte di 15 coltellate, pensi alla fine di essertela cavata con poco. Se poi il tuo aggressore viene arrestato e condannato ad 8 anni e 4 mesi allora tiri un sospiro di sollievo perché l’incubo è finito. Così deve aver pensato Anna Rosa, alle prese coi due figli grandi nati dal precedente matrimonio e con quella bambina, figlia di Paolo, che il tribunale aveva affidato alla nonna materna. Non sapeva, Anna Rosa, che il processo terminato in primo grado con la formula del rito abbreviato era approdato in Appello, e che il giudice aveva confermato l’accusa di tentato omicidio pluriaggravato ma, a dispetto della prima sentenza, aveva concesso le attenuanti generiche. Il che, in parole povere, significava che la condanna veniva ridotta a sei anni. Come non sapeva che l’indulto, appena entrato in vigore, avrebbe defalcato altri tre anni dal periodo che il suo aggressore doveva trascorrere dietro le sbarre. Ha iniziato a preoccuparsi quando ha saputo che a Paolo erano stati concessi gli arresti domiciliari, scontati i quali (circa un anno) e tolti i due passati in carcere, è ritornato completamente libero nel 2009. Così Anna Rosa è ripiombata in un incubo fatto di botte e di minacce. «Era preoccupata - ricorda il suo legale, l’avvocato Carmine Ruggi - ma combattiva. Aveva acquistato coraggio perdendo la sudditanza che l’aveva caratterizzata in passato». Tante le denunce presentate alle forze dell’ ordine: l’ultima porta in calce la data del 7 ottobre scorso e quasi profetizza quanto successo l’altra sera. Una settimana prima, si legge nella denuncia presentata ai carabinieri di Matera, Paolo aveva costretto Anna Rosa a seguirlo in una zona alla periferia della città lucana. Qui le aveva stretto una corda al collo e aveva minacciato di ammazzarla se non avesse continuato ad essere di «sua proprietà». «O mia o di nessuno», la frase che le ha vomitato addosso. Il frutto di quella denuncia, e delle tante altre precedenti, è stato il divieto, imposto il 3 novembre scorso al suo persecutore, di avvicinarsi a lei e ai suoi familiari. Un po’ poco forse, visti i precedenti. Sicuramente un provvedimento superficiale considerato l’epilogo. E così martedì sera Paolo è arrivato in scooter sotto casa di Anna Rosa, le ha intimato di seguirlo e davanti al rifiuto ha estratto il coltello e l’ha massacrata. «O mia o di nessuno», è la stessa frase che ha detto agli inquirenti qualche ora dopo il suo fermo. Anna Rosa poteva essere salvata, e questa volta non occorreva interpretare silenzi o svolgere indagini complesse.