CARLA RESCHIA, La Stampa 7/12/2010, pagina 35, 7 dicembre 2010
Riparte da Firenze la biblioteca di Baghdad - Passa per Firenze il complesso recupero della Biblioteca Nazionale di Baghdad, uno dei più importanti centri del sapere e della cultura mediorientale con il suo patrimonio di un milione e mezzo di volumi tra cui antichissimi esemplari del Corano
Riparte da Firenze la biblioteca di Baghdad - Passa per Firenze il complesso recupero della Biblioteca Nazionale di Baghdad, uno dei più importanti centri del sapere e della cultura mediorientale con il suo patrimonio di un milione e mezzo di volumi tra cui antichissimi esemplari del Corano. Il complesso, che comprende anche l’Archivio storico, fu saccheggiato e per ben due volte incendiato nel 2003 nel grande caos seguito all’attacco americano, quando la caduta del regime portò con sé ogni sorta di devastazioni. Un disastro seguito agli anni dell’embargo, che avevano impedito ogni aggiornamento, e alla corruzione che nel tempo ha spostato all’estero e ai collezionisti internazionali una parte tuttora non quantificabile del pur enorme patrimonio storico e archeologico dell’Iraq. Il lavoro di restauro, non facile, era iniziato subito e da allora la Biblioteca è al centro di un progetto firmato dall’Unesco e dall’Unione europea che si propone il recupero della rete di biblioteche pubbliche, universitarie e religiose di standard pressoché occidentali di cui il Paese andava orgoglioso prima che la storia recente ne minasse le fondamenta e ne disperdesse le opere. La conservazione e il restauro dei volumi sopravvissuti al fuoco e all’acqua e l’innovazione delle tecnologie di catalogazione e conservazione sono i due filoni di un lavoro di lungo respiro che si articola tra Iraq, Giordania e Italia e che in questi giorni vede al lavoro a Firenze quattro bibliotecari iracheni, Nadia Al-Shaikhli, Shatha Hashim, Ammar Al-Baidy e Iman Al-Rubaye - tre donne e un uomo in rappresentanza pacifica di tutte le confessioni del Paese - impegnati ad aggiornarsi con gli esperti italiani della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze e della Biblioteca Nazionale Marciana di Venezia sulle tecniche di digitalizzazione dei libri e sui sistemi informatici di archiviazione. Tornati in patria si occuperanno, come già i loro predecessori, di istruire a loro volta i colleghi e di testimoniare il messaggio umano che è l’essenza del progetto: riportare l’Iraq alla sua dimensione di Paese colto, tollerante, all’avanguardia. Il luogo dove, sotto gli Abbasidi, la capitale Baghdad vantava una sessantina di biblioteche. Tutte distrutte, peraltro, nel 1258 quando i mongoli presero d’assalto la città e buttarono manoscritti e pergamene nel Tigri in quantità tale da creare una sorta di diga di carta che permetteva il passaggio da una riva all’altra del fiume. Gli iracheni, pazienti, ricostruirono, fedeli al detto mediorientale che recita «Gli egiziani scrivono, i libanesi commerciano i libri, ma è a Baghdad che vengono letti». Ma leggere in Iraq, ora come allora, non è così facile. A Firenze tutti ricordano Ali, un bibliotecario protagonista di un precedente incontro che, appena rimpatriato, finì vittima di uno dei quotidiani attentati che prendono di mira mercati e pubbliche strade. «In questi anni - dice Domenico Chirico, direttore di “Un Ponte per”, la ong veterana dell’Iraq che organizza sul territorio il progetto - abbiamo contribuito al ripristino delle infrastrutture, equipaggiato laboratori, fornito strumentazione tecnica per il restauro e la digitalizzazione dei libri e degli archivi, ma il centro del lavoro è anche lo scambio umano e professionale che si viene a creare, per questo eventi di questo genere sono particolarmente dolorosi per tutti e abbiamo cercato di dare ogni assistenza alla famiglia di Ali». C’è anche un altro aspetto del lavoro, seguito personalmente dal direttore della Biblioteca di Baghdad, Saad Eskander (ex peshmerga della resistenza curda e «Archivista dell’anno» nel 2007 per la Columbia University, «ereditò» l’incarico dopo la fuga del direttore saddamiano, Raad Bandar, all’arrivo degli americani e da allora fa i conti con vecchie magagne e nuove emergenze). Il punto è il recupero dei materiali dell’Archivio storico, «vittima» degli americani che lo sequestrarono interamente perché si trattava di «dati sensibili». «Stiamo ancora negoziando con i funzionari dell’ambasciata americana a Baghdad e in teoria abbiamo fatto dei progressi, ma in realtà sono solo modi per prendere tempo: sperano che alla fine lasceremo perdere. Non sarà così». Eskander è anche molto critico sul futuro della cultura nel suo Paese: «Vedremo questo nuovo governo, ma non mi pare che sia una priorità né sono previsti aumenti di budget. Un governo serio secondo me dovrebbe dare la precedenza alla ricostruzione delle infrastrutture, alla riqualificazione delle istituzioni e di chi ci opera. Ma non credo lo faranno, e non è una novità, va avanti così fin dai primi Anni 80 e in questo senso non c’è stato alcun cambio di regime».