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 2010  dicembre 09 Giovedì calendario

I CONSUMI VANNO IN RETE

Chi trova un amico trova un tesoro. Chi lo trova nei paraggi, trova un pollo. Perchè l’ultima, e abbastanza diabolica, applicazione di Facebook incrocia lo stupro del concetto di amicizia, sul quale Mark Zuckerberg sta facendo miliardi a palate, con lo stupro del concetto di «passaparola», che da vettore di buoni consigli disinteressati diventa strumento di consigli tendenziosi e interessati, appunto idonei a usare i propri amici come polli da spennare.

Si sta parlando di Facebook Deals, considerata la «killer application» del principe dei social network, già lanciata in America e tra poche settimane in arrivo anche in Italia. Di che si tratta?

Concettualmente, è una cosa molto semplice. Chi scarica sul suo telefonino intelligente (in inglese: smartphone, e Facebook conta già ben 200 milioni di connessioni da telefonini!) questa nuova application, può collegarsi per via informatica a un qualsiasi esercizio commerciale offrendo ad esso, o accettando da esso la richiesta, di promozionarlo nella propria cerchia di amici, in cambio di un vantaggio: uno sconto, un omaggio, insomma un introito. Il tutto, nella maggior parte dei casi ma non esclusivamente, riferendosi alla zona in cui si transita, o dove si vive (quartiere, rione o strada che sia) grazie alla «geolocalizzazione» che l’uso di Facebook attraverso il telefonino facilita, ma che comunque ogni utente può già offrire ai suo amici semplicemente digitando: sono nel tal posto...

In questo modo ciascun utente di Facebook Deals diventa il testimonial e il recensore interessato delle proprie preferenze. Se si collega con il ristorante sotto casa che, per questo, gli pratica uno sconto, dice a tutti i suoi amici «Andateci anche voi, vi troverete bene» e rischia di trovare tanti amici che ci vanno sul serio, senza però necessariamente ottenere lo stesso sconto, oppure ottenendolo ma soltanto illusorio, come i tanti buoni promozionali del marketing di ieri, di oggi e di sempre. Inoltre, se il servizio prendesse piede, tutti i fan di Facebook promozionerebbero servizi o prodotti diversi, in base alle promozioni di loro convenienza, andando ad aggiungere e in parte sostituire questa forma di pubblicità personale a quella classica, di cui pure sarebbe ed è ancor meno attendibile proprio perchè personalmente tendenziosa.

Per i cultori del genere, questa furbata strizza l’occhio a un’altra pensata americana di quarant’anni fa, provvedenzialmente mai assurta a vera gloria, che è il cosiddetto «multilevel marketing», funestamente reso celebre in Italia da alcuni flop finanziari come quello di Retemia di Giorgio Mendella: un giochetto per cui il signor Rossi compra, mettiamo, un’aspirapolvere, ma se riesce a venderne due a due amici paga la sua con il 50% di sconto. Se poi i due amici ne vendono a loro volta due per ciascuno ad altri, ricevono un compenso di 10 euro a pezzo, mentre il signor Rossi ne percepisce uno da 5 euro. E così via, in una logica piramidale in cui della buona qualità dell’aspirapolvere non frega niente a nessuno e, soprattutto, nessuno dei cosiddetti amici di marketing garantirebbe il prodotto a chicchessia, se non fosse interessato a farlo per guadagnarci.

La potenza di Facebook, e la dabbenaggine dei gonzi, soprattutto americani, è tale per cui certamente questo genere di persuasione occulta e interessata travestita da consiglio amichevole riscuoterà un certo successo. Ma poi imploderà, molto probabilmente, perchè su tutte le materie minimamente delicate la referenza di un amico è, sì, considerata importante da tutti noi, ma a patto che sia autorevole; tant’è che la battuta di controllo che si rivolge all’amico quando ci viene consigliato un dentista, o un oste, è sempre la stessa: «Ma è bravo davvero, o è un tuo parente?». Mentre su tutte le materie ordinarie, come la scelta di una pizzeria per la cena, non c’è quasi mai né il tempo né la voglia di stare a sottolizzare sul dove e sul perchè, di referenziarsi, informarsi prima come se la scelta di una margherita con funghi fosse un affare di stato, e si va dove capita o dove ti porta il tram.

Su tutto, grava comunque il vero busillis di Facebook: che cioè tutti i suoi business sono imperniati sul presupposto che i suoi iscritti rinuncino volontariamente alla privacy. Dicano on-line a tutti non solo quanti anni hanno e dove vivono ma anche quali preferenze nutrono, quali gusti, quali aspirazioni, quale reddito. Insomma, si mettano nudi davanti ai cosiddetti amici, e lo facciano, per di più, per puro esibizionismo, per semplice allegria. Non è che il fenomeno possa durare all’infinito, anzi è già durato troppo.