Diego Gabutti, ItaliaOggi 8/12/2010, 8 dicembre 2010
Jim Thompson una stella mai morta - Fanucci manda in libreria di The killer inside me, o L’assassino che è in me, pp
Jim Thompson una stella mai morta - Fanucci manda in libreria di The killer inside me, o L’assassino che è in me, pp. 224, 16,00, una nuova edizione del romanzo più tenebroso di Jim Thompson, che è di gran lunga il più tenebroso degli autori di noir. The killer inside me, del 1952, è la storia delle ossessioni di di Lou Ford, vicesceriffo in una piccola città del Texas occidentale e spietato assassino. Intanto, da Alet Edizioni, esce anche una biografia di Jim Thompson, opera di Robert Polito: Jim Thompson. Una biografia selvaggia, pp. 640, 20,00. Beh, 640 pagine sono magari un po’ troppe: ho letto biografie di Mao Zedong molto più brevi. Ma Thompson, autore di noir abissali, merita un esame attento, più di quanto di solito si riconosca agli scrittori di genere. Insieme a Cornell Woolrich (autore di storie che hanno ispirato grandi film e segnato un’epoca della cultura pop, da Vertigo di Hitchcock alla Sposa in nero di Truffaut) Thompson era l’anima stessa del noir americano. Come Woolrich, anche Thompson scriveva storie violente, storie cupe e maniacali abitate da personaggi rabbiosi, sordidi e disperati. Ma se Woolrich era una sorta di claustrofobico poeta metropolitano, le cui fonti erano il romanzo gotico e le apocalissi urbane dei pulp, Thompson s’ispirava piuttosto a William Faulkner, alla cronaca dei giornali e al cinema western per raccontare le insidie e gli orrori dell’America profonda, delle grandi praterie, delle fattorie isolate, dei campi di mais, dei cespugli che rotolano, delle cittadine perse in mezzo al nulla, dei saloon in penombra. È qui che s’annidano i suoi assassini, i suoi ladri e truffatori, le sue famiglie matrigne, tutta la perduta gente che popola romanzi perfetti, asciutti e tremendissimi, surrealisti nel senso dell’umorismo nero. Trovate quasi tutti i suoi libri in edizione Fanucci. Vale la pena di cercarli tutti, da Pop. 1280 alla Belva che è dentro di me, da Alla larga dal Texas a Diavoli di donne a Tornerò per farti fuori. Nato nel 1906, scomparso settant’anni più tardi, Thompson ebbe una carriera meno fortunata di quella toccata a Woolrich, scrittore di culto già negli anni 50. A dispetto della sua collaborazione con Stanley Kubrik, che lo volle come sceneggiatore del suo primo film, Rapina a mano armata, poi anche di Orizzonti di gloria, la sua carriera letteraria non uscì mai dai modesti e limitati confini delle edizioni economiche. Anche il successo di Getaway, il film (oggi di culto) che Sam Peckinpah trasse da uno dei suoi romanzi migliori, non sollevò di molto le sue sorti. Più tardi ebbe il plauso della critica francese e per questa via diventò a sua volta uno scrittore di culto. Ma come Philip K. Dick, la cui fantascienza paranoica somiglia per molti versi al noir ossessivo e introverso di Thompson, anche l’autore di Bad Boy morì in miseria prima che la sua stella si decidesse a sorgere. Di successo, nella biografia di Thompson, dunque non si parla. Come non se ne parla in Bad Boy, Einaudi 2001, la sua autobiografia (un rosario, sgranato in fretta e senza formalità, di ricordi d’infanzia e d’adolescenza, pochi dei quali hanno l’aria d’essere autentici, ma che la dicono più lunga, riguardo ai riti d’iniziazione d’un giovane autore americano, dei dolori del Giovane Holden, l’antieroe di J.D. Salinger, o delle lagne talvolta insopportabili di Nick Adams, l’alter ego letterario del giovane Ernest Hemingway). Jim Thompson. Una biografia selvaggia racconta le avventure d’un ragazzo che a quattordici anni beve come una spugna e che a diciotto anni ha già i suoi bravi attacchi di delirium tremens, che frequenta contrabbandieri e teppisti, che ha scarso rispetto per le autorità e che diventa membro negli anni 30 del partito comunista, che viaggia in autostop come Jack Kerouac e che ha in famiglia qualche sceriffo non meno psicopatico di Lou Ford. Ciascuno di questi episodi figurerebbe benissimo in uno qualunque dei suoi romanzi, a cominciare da The killer inside me. Grandi personaggi, storie sberluzzanti e sfaccettate come diamanti, dialoghi magistrali: l’arte di Jim Thompson è la trasparente chiarezza dell’incubo.