Fausto Carioti, Libero 8/12/2010, 8 dicembre 2010
AMMUCCHIATA AL GOVERNO ED È SUBITO COMICA
PREOCCUPATO
Il leader dell’Udc Pier Ferdinando Casini potrebbe entrare in una sorta di governo di Liberazione nazionale da Silvio Berlusconi. Si tratta della grande coalizione che va da Futuro e Libertà all’Udc, fino al Partito Democratico e all’Italia dei Valori di Antonio Di Pietro. Olycom
sare», riflette Bersani, «anche noi del Pd abbiamo detto “no al nucleare e sì all’efficienza energetica rinnovabile”. Vorrà dire che di energia riparleremo tra qualche tempo, dai. Tanto non è così importante».
«Se non c’è altro», conclude il leader del Pd, «io andrei a prepararmi. Sapete, tra poco devo essere a Ballarò». «Anche io», fa la Bonino. «Pure io», dice Di Pietro. «Floris mi ha invitato già da tre giorni» fa sapere Rutelli. «A me da quattro», giura Casini. «A me invita sempre», fa notare Fini. «Certo», sussurra Casini, «ci sarebbe da capire cosa fare con quell’altra legge che Berlusconi non ha fatto in tempo ad approvare. Avevamo promesso agli elettori che ce ne saremmo occupati subito...». «Quale legge?». «Il testamento biologico». «Ah». «A noi in fondo quella legge andava bene», fa Casini. «Tutto sommato anche a noi», dice Rutelli. «A noi no, e infatti ce ne siamo andati», rivendica Fini con orgoglio. «Quella legge è una vergogna, non la voteremo mai. Se proprio dobbiamo fare una legge subito, facciamola sui Pacs», attacca la Bonino. «I Paaaacs???» scattano insieme Casini e Rutelli. «Perché, cosa hanno i Pacs che non va?» domanda Fini con aria di sfida. Il terzo polo ha smesso di essere compatto. «Su ragazzi, non litigate proprio il primo giorno», li interrompe Bersani. «E poi dai, non c’è tutta questa fretta. Siamo appena arrivati al governo, non possiamo risolvere tutti i problemi subito. Tu Fini, piuttosto, mica ti presenterai a Ballarò con una cravatta rossa come la mia, vero?».
È fatta. È il primo giorno del governo di Liberazione nazionale. Silvio Berlusconi è in esilio alle Barbados e i resti del PdL litigano su chi debba prendere il suo posto. Fabio Granata e Dario Franceschini avevano visto lungo: la grande coalizione che va «da Fli all’Udc, al Pd e all’Idv» è diventata realtà e ora controlla il Parlamento. Per la nuova maggioranza è il primo giorno di lavoro. Pier Luigi Bersani, Gianfranco Fini, Pier Ferdinando Casini, Francesco Rutelli, Antonio Di Pietro ed Emma Bonino, assieme ai propri luogotenenti, sono seduti al tavolo del potere. Finalmente.
«Allora, da dove iniziamo?» gongola trionfante Bersani, leader del primo partito della coalizione di governo. Di Pietro non gli dà tempo di finire la frase: «Dall’ultima riforma fatta da quel delinquente di Berlusconi, quella dell’università. Cancelliamola prima che entri in vigore». «Tutti d’accordo?», chiede Bersani. Fini, imbarazzato, scuote il capo: «Ma dai, lo sapete che buona parte di quella riforma l’abbiamo scritta noi di Futuro e libertà, tramite Giuseppe Valditara, e che poi l’abbiamo votata in Parlamento. Tanto che io stesso l’avevo definita “una delle cose migliori della legislatura”. E ora se la cancelliamo che figura ci faccio?». «E che figura ci faccio io se non la cancelliamo», gli risponde Bersani, «ché mentre i tuoi votavano quella riforma stavo sui tetti assieme agli studenti». E tira fuori un comunicato di pochi mesi prima, firmato dal responsabile Università del Pd, Marco Meloni. «La riforma Gelmini», legge a voce alta Bersani, «è un mostro burocratico che porta tutti i poteri alle burocrazie ministeriali». Interviene Casini: «Be’, certo che se si apre il capitolo istruzione, occorre anche rivedere la questione dei soldi alle scuole cattoliche. Sapete, la Cei...». «Ho capito», alza le spalle Bersani, «di istruzione ci occuperemo un’altra volta».
«C’è niente di meno complicato e magari più urgente?», rilancia il leader del Pd. «Come no. Occorre far ripartire l’economia e il modo migliore per riuscirci è una bella riforma fiscale», propone Fini, sollevato dallo scampato pericolo. «Giusto, l’economia è fondamentale», concorda Bersani. «A patto», avverte Casini, «che la priorità vada alle famiglie. Introduciamo quel quoziente familiare che Berlusconi non ha avuto il coraggio di fare». Fini e Rutelli approvano. Il terzo polo è compatto. Ma Emma Bonino scuote la testa. «Come dico da tempo», attacca la radicale, «il quoziente familiare è un ostacolo e non un beneficio per le donne. Ci ho perso le elezioni nel Lazio con la Polverini, su questa cosa, e non posso certo tirarmi indietro adesso». Bersani annuisce: «Ora che mi ci fai pensare, quella rompiballe della Susanna Camusso, appena preso il posto di Epifani, ci ha detto che il quoziente familiare è dannoso, penalizza il lavoro delle donne e favorisce le famiglie a reddito più alto», spiega il segretario del Partito democratico. «E il primo atto del nuovo governo mica può essere una dichiarazione di guerra alla Cgil, dai». Rutelli prova a trarre tutti fuori d’impaccio: «Si potrebbe semplificare il sistema fiscale e ridurre l’evasione». «Semplificare, giusto! Combattere l’evasione, ecco!» approva Bersani. «Ma come?». «Nel modo che dico da anni, riducendo le aliquote Irpef a due», spiega Rutelli. «Humm. E la progressività? Noi saremmo ancora un partito di sinistra», replica il leader del Pd. «La riduzione delle aliquote è roba da liberisti americani, mica da noi cattolici sociali», ringhia Rosy Bindi da dietro le spalle del capo. «Ho capito», fa Bersani, «di tasse parleremo un’altra volta. Tanto abbiamo tempo».
«Nessuno ha una riforma meno controversa? Chessò, qualcosa di strategico, su cui ci si possa trovare tutti d’accordo?» propone. «C’è il dossier energia», gli risponde timido il finiano Adolfo Urso. «Ecco, bravo», sorride Bersani, «l’energia è fondamentale. Berlusconi ci aveva messo nelle mani del Cremlino. Gli faremo vedere». «Infatti!» esulta Urso. «Il modo migliore per liberarci dalla schiavitù del gas russo è rilanciare il nucleare. Berlusconi parlava parlava, ma non ha avuto il coraggio di farlo. Ci penseremo noi: iniziamo subito a costruire le nuove centrali nucleari». L’Udc e l’Api approvano. Il terzo polo è compatto. «Ma allora me lo fate apposta!» irrompe Di Pietro, rosso in viso e indice alzato. «Io ci ho passato l’ultimo anno dicendo che il nucleare è “dannoso, dispendioso e obsoleto”». «Io ci ho passato gli ultimi trent’anni», gli fa eco gelida la Bonino. «Ora che mi ci fate pensare», riflette Bersani, «anche noi del Pd abbiamo det- to “no al nucleare e sì all’efficienza energetica rinno- vabile”. Vorrà dire che di energia riparleremo tra qualche tempo, dai. Tanto non è così importante».
«Se non c’è altro», conclude il leader del Pd, «io an- drei a prepararmi. Sapete, tra poco devo essere a Bal- larò». «Anche io», fa la Bonino. «Pure io», dice Di Pie- tro. «Floris mi ha invitato già da tre giorni» fa sapere Rutelli. «A me da quattro», giura Casini. «A me invita sempre», fa notare Fini. «Certo», sussurra Casini, «ci sarebbe da capire cosa fare con quell’altra legge che Berlusconi non ha fatto in tempo ad approvare. Ave- vamo promesso agli elettori che ce ne saremmo oc- cupati subito...». «Quale legge?». «Il testamento bio- logico». «Ah». «A noi in fondo quella legge andava be- ne», fa Casini. «Tutto sommato anche a noi», dice Ru- telli. «A noi no, e infatti ce ne siamo andati», rivendica Fini con orgoglio. «Quella legge è una vergogna, non la voteremo mai. Se proprio dobbiamo fare una legge subito, facciamola sui Pacs», attacca la Bonino. «I Paaaacs???» scattano insieme Casini e Rutelli. «Per- ché, cosa hanno i Pacs che non va?» domanda Fini con aria di sfida. Il terzo polo ha smesso di essere compatto. «Su ragazzi, non litigate proprio il primo giorno», li interrompe Bersani. «E poi dai, non c’è tut- ta questa fretta. Siamo appena arrivati al governo, non possiamo risolvere tutti i problemi subito. Tu Fi- ni, piuttosto, mica ti presenterai a Ballarò con una cravatta rossa come la mia, vero?».