Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2010  dicembre 09 Giovedì calendario

RAME E ALLUMINIO PREZZI SUPER STAR

Corrono i prezzi delle materie prime.
E a crescere non è solo il beno rifugio per eccellenza, cioè l’oro, ma anche tutti quei metalli utilizzati nelle lavorazioni industriali. Dunque l’argento, ma anche il rame e l’alluminio che ieri hanno toccato prezzi mai registrati nella storia. Una spirale innescata dalla fuga dei capitali dalle valute e dai mercati finanziari. Un fiume di denaro desideroso di moltiplicarsi e che non si fida più della carta emessa dagli Stati nazionali e dalle aziende. Anche a costo di gonfiarne il valore in maniera eccesiva finendo per creare nuove bolle. L’oro ha segnato così l’ennesimo record a 1.428,15 dollari l’oncia (sul contratto spot a Londra, mentre il futures a febbraio quotato a New York ha toccato 1,432,50), forte di un rialzo del 30% solo dall’inizio di quest’anno. E c’è ancora spazio di crescita per il metallo giallo. Il Financial Times ha spiegato ieri che in termini reali (e cioè depurando il prezzo dall’inflazione) resta ben al di sotto dei 2.300 dollari del 1980. La necessità di diversificare sul fronte delle «commodity» trascina, oltre al petrolio sopra i 90 dollari, anche l’argento, al nuovo massimo di 30 anni (sempre dal 1980 quindi) fino a 30,75 dollari l’oncia. A toccare soglie di prezzo impensabili è anche il rame, volato sopra i 9.000 dollari la tonnellata al London Metal Exchange mentre si surriscaldano anche i prezzi del carbone a causa del maltempo che rallenta le consegne da Indonesia e Australia A spiegare il boom non è soltanto la voracità dei paesi emergenti, che accumulano stock di materie prime a causa del trasferimento su scala mondiale del settore manifatturiero verso nazioni come Cina e India, ma anche e soprattutto la speculazione e i grossi operatori finanziari internazionali. Così ad esempio è stata la banca d’affari JP Morgan l’investitore che ha comprato nei giorni scorsi contratti sul rame per oltre un miliardo di dollari, facendo schizzare il prezzo del metallo al massimo storico di 9.044 dollari a tonnellata sulla piazza di Londra (un rialzo del 22% per l’intero anno). L’acquisto da parte della banca, che secondo fonti sentite dal Wall Street Journal, ha comprato i contratti per conto di propri clienti e non li detiene direttamente, ha avuto un impatto immediato sul mercato, alimentando timori sul livello dell’offerta. Non è tuttavia la prima volta che un investitore si posiziona su quote così ampie: sempre al London Mercantile Exchange singoli trader si sono accaparrati la maggioranza dei contratti di alluminio e nichel, fatto che rende palese come il mercato delle materie prime sia sempre più dominato da pochi player.