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 2010  dicembre 07 Martedì calendario

A BOLZANO SI VIVE MEGLIO. E NON E’ SOLO PER I SOLDI

Il Sole 24 Ore ce l’ha coi «terroni»? Difficile da sostenere. Anzi, insensato. Le nuove classifiche diffuse ieri sulla qualità della vita in Italia evidenziano piuttosto come il divario tra Nord e Sud, anziché ridursi, va sempre più accentuandosi. Ma tutto si può dire meno che l’accoppiata di Trento e Bolzano in vetta alla hit parade sia solo una questione di soldi. Sono anni che davanti ad ogni inchiesta, analisi, tabella, dossier che segnala cose che non vanno nel Mezzogiorno assistiamo a un levare di scudi in difesa dell’onore ferito. Basti pensare al documento dei medici dell’ospedale di Vibo Valentia che, dopo una serie di scandali, si lagnarono della «attenzione della stampa, sempre vigile sull’"ospedale killer", unico esempio tra gli ospedali italiani e d’Europa nel quale gli eventi infausti e le disgrazie portano alla persecuzione quotidiana e selvaggia di un’intera categoria...». O l’ira degli avvocati di Catanzaro dopo la scoperta degli esami truccati: «La ferocia demolitrice con cui la stampa, la radio e la televisione hanno aggredito...». O ancora la risposta di Raffaele Lombardo a un’inchiesta dell’Economist corredata da una cartina geografica ironica in cui il Sud Italia veniva ribattezzato Bordello: «Sarà pure humor inglese ma assomiglia tanto ad un proclama violentemente antimeridionale». Nessuno stupore, quindi, se anche stavolta davanti ai dati del Sole 24 Ore dovessimo assistere a nuove lamentele sul modo in cui, come teorizzò anni fa un convegno della «Fondazione Premio Napoli», «la stampa italiana racconta male il Mezzogiorno, oscillando tra la criminalizzazione ed il paternalismo». Un vittimismo che certo non aiuta il Sud ad affrontare i problemi.
Certo, le province di Trento e Bolzano godono grazie all’autonomia di forti contributi statali. Gli stipendi dei presidenti provinciali, dei sindaci dei due capoluoghi, dei primi cittadini dei comuni più piccoli, di tutti coloro che hanno un ruolo pubblico sono nettamente superiori alla media italiana. Ed è vero che il flusso di denaro in questi decenni è stato tale che talvolta, da quelle parti, si sono tolti degli sfizi altrove impensabili (si pensi ai contributi ad alberghi e pensioncine per saune e piscine) che hanno scatenato l’invidia di tanti centri appena al di là dei confini che vorrebbero aggregarsi ai cugini più ricchi. Tutto vero. E anche noi del Corriere non abbiamo mai mancato di fare le pulci ad alcune spese eccessive.
Detto questo, però, va ricordato che Trento e Bolzano si fanno carico di una serie interminabile di spese (dalle strade, visto che l’Anas non c’è, a tutte le scuole dalle materne all’università...) che altrove sono a carico dello Stato. Che i soldi, se ci sono, bisogna anche saperli spendere. E che in ogni caso lo stacco rispetto ad altre realtà del Paese non è poi così abissale quanto lo stacco nella qualità della vita.
Qualche dato? Nel 2008, nella tabella dei trasferimenti dallo Stato e dalle Regioni, la città di Bolzano era al 309° posto con 1.121 euro e quella di Trento al 317° con 1.113. Certo, tanti soldi rispetto ad altre città capoluogo. Ma per trovare il primo comune altoatesino (Ponte Gardena) nella lista di quelli privilegiati occorre scendere al 69° posto e per trovarne uno trentino (Grauno) all’80°. Preceduti entrambi da decine di municipi aostani e molisani, sardi e friulani, siciliani e perfino toscani o piemontesi. Per non dire delle tabelle pubblicate dallo stesso Sole un anno e mezzo fa con la differenza tra entrate tributarie e spesa pubblica pro capite. Dove emergeva che ogni lombardo, tra dare e avere, ci perdeva complessivamente 4.850 euro, ogni emiliano 3.450, ogni veneto 2.900 e per contro ci guadagnavano soprattutto i lucani (2.550 euro a t esta), i s ardi ( 2. 650), i cal abresi (2.750) e gli aostani: 3.000 tondi tondi.
Certo, nelle pagelle dell’economia, dell’occupazione, della giustizia, della sanità, il Mezzogiorno è drammaticamente in ritardo. Ma non meno interessanti, per far saltare un po’ di stereotipi, sono le graduatorie «servizi, ambiente e salute» delle pagine del quotidiano economico curate da Rossella Cadeo. In quella delle infrastrutture, per dire, elaborata sui dati dell’istituto Tagliacarne, ecco Napoli e Brindisi nella pattuglia di testa ed ecco Sondrio, Belluno e Aosta in quella di coda. Quanto alla pagella ecologica, compilata su dati di Legambiente utilizzando 26 parametri (dallo smaltimento dei rifiuti alla qualità dell’acqua, dalle isole pedonali alle piste ciclabili) ecco la provincia di Salerno, quella di Terni e di Avellino davanti a Verona, Milano, Vicenza, Alessandria...
E allora, a incrociare tutti i dati, ti viene il dubbio che in realtà sempre lì si torni. I soldi, certo, contano. Tantissimo. Ma non sono tutto. Cosa c’entra, per fare un esempio, lo squilibrio Nord-Sud coi 37 milioni di euro che la Procura della Corte dei conti siciliana proprio in questi giorni vorrebbe che fossero restituiti dalla giunta di Totò Cuffaro, accusata di avere comprato una infinità di ambulanze e assunto una infinità di autisti e portantini inutili «in prossimità delle elezioni regionali del 2006»? In realtà, come sanno moltissimi meridionali che vivono con amarezza e sofferenza crescenti certe realtà insopportabili, larga parte della soluzione o della metastasi di tanti problemi dipende dal senso del bene comune, della collettività, della responsabilità, dello stare insieme di tante comunità che appaiono sempre più sfaldate. Come se il nostro Mezzogiorno fosse ancora tale e quale quello che con amarezza veniva definito da Antonio Gramsci «una grande disaggregazione sociale».
Le pagine sulla qualità della vita del quotidiano economico, se vogliamo dirla tutta, invitano a rileggere quanto scriveva alcuni anni fa il grande politologo e sociologo statunitense Robert Putnam. Quando ricordava («È impressionante», commentava) che le regioni più ricche coincidono esattamente con quelle «caratterizzate da impegno civico». Quelle dove il volontariato è più forte e «le associazioni culturali, le cooperative e le società di mutuo soccorso erano più numerose» già nell’Ottocento. Dove da sempre «gli abitanti sentivano un ardente sentimento di lealtà verso la propria città, il dovere di contribuire a creare il proprio autonomo futuro politico».
Il Sud ha bisogno di nuovi sforzi finanziari per recuperare i ritardi col resto dell’Italia? Sicuro. Ma prima di tutto, come dimostrano i dati del Sole e più ancora gli ammassi di pattume in giro per le strade di Napoli o di Palermo, ha bisogno di ritrovare le ragioni di uno stare insieme decoroso dentro una città di tutti, un Paese di tutti, una contrada di tutti...
Gian Antonio Stella