Guido Olimpio, Corriere della Sera 07/12/2010, 7 dicembre 2010
LA SVIZZERA BLOCCA IL CONTO DI ASSANGE. L’AVVOCATO: «STO TRATTANDO LA RESA» — A
piccoli passi, Julian Assange esce dal suo rifugio. L’avvocato britannico ha annunciato di aver aperto una trattativa con Scotland Yard per fissare «data e ora» di un incontro dove il fondatore di Wikileaks è pronto a rispondere alle domande: «Ma nulla è stato ancora fissato».
L’apertura del legale, che conferma le indiscrezioni dei giorni scorsi, è una conseguenza di un importante sviluppo. La polizia britannica ha ricevuto una nuova versione del mandato di cattura svedese per le accuse di stupro, un documento che contiene i chiarimenti richiesti ed è stato «purgato» dai vizi di forma. È chiaro che a questo punto per Scotland Yard è difficile non procedere. Ecco allora la mossa del negoziato. Assange punta a un interrogatorio in Gran Bretagna e vuole evitare di finire in Svezia perché teme possano, poi, consegnarlo agli Stati Uniti. Ma il mandato di cattura chiede proprio l’estradizione verso Stoccolma.
A rendere difficile la posizione dell’australiano non ci sono solo le accuse delle donne che hanno parlato delle violenze. Diffondendo, nella notte, un elenco di società strategiche sparse in tutto il mondo (ne riferiamo in dettaglio in altra parte del giornale, ndr) — comprese la Glaxo di Parma e il gasdotto Trans-Med — Wikileaks ha aperto un nuovo fronte con polemiche che investono gli apparati di sicurezza e la stampa. Il Guardian — uno dei giornali che ha ricevuto in anticipo i file — si è rifiutato di pubblicare la lista, cosa che invece hanno fatto i concorrenti del Times di Londra. Con conseguente scambio di accuse. Ma ben più pesante è quello che rischia Julian Assange.
Il segretario alla Giustizia statunitense Eric Holder ha annunciato di aver autorizzato «iniziative significative» per reagire ad atti che mettono in pericolo funzionari e lo «stesso popolo americano». La tesi è che sono stati esposti obiettivi sensibili e dunque è compromessa la sicurezza nazionale in decine di Stati, visto che nel cablo sono citate, ad esempio, industrie europee o il Canale di Panama. Per questo c’è chi lo accusa di «tradimento» e «spionaggio».
Un risvolto sul quale è intervenuto anche il ministro degli Esteri italiano, Franco Frattini, che ha precisato: «Ignoravamo la presenza di questa lista. Forse si tratta della più grave delle uscite di Wikileaks». Per il responsabile della Farnesina rendere note queste informazioni equivale a «raccontare» ai terroristi «cose che non avrebbero dovuto sapere». Ancora più esplicito il Dipartimento di Stato: «È come se avessero offerto una lista di bersagli ad Al Qaeda».
Prese di posizione che pesano sul futuro di Assange. Il fondatore di Wikileaks, se non accetta di affrontare la legge, potrebbe tentare la fuga cercando rifugio in qualche Paese disposto ad accoglierlo. Ma non sono molti. Un quotidiano svizzero — la Tribune de Geneve — ha rilanciato l’ipotesi che possa chiedere asilo alla Confederazione. Ma quale sarà la reazione delle autorità locali? Per ora i segnali non sono buoni: dopo un’indagine rapidissima è stata disposta la chiusura di un conto presso la banca delle Poste che era stato aperto da Assange.
Un provvedimento giustificato dal fatto che il fondatore di Wikileaks non risiede a Ginevra. Un’altra via potrebbe riportare Assange in patria, cioè in Australia. «Ha diritto di tornare quando vuole così come gli spetta l’assistenza consolare», ha dichiarato il ministro della Giustizia McClelland.
I sostenitori di Assange aspettano e cercano di minare l’attendibilità delle accusatrici in Svezia: una in particolare, Anna Ardin, avrebbe lavorato con gruppi anti castristi sospettati di essere vicini all’intelligence statunitense.
Guido Olimpio