Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2010  dicembre 07 Martedì calendario

LE PRIME VITTIME DELLA DEBERLUSCONIZZAZIONE SARANNO PROPRIO FINI, RUTELLI E CASINI


In questa crisi bizzarra e crudele allo stesso tempo, c’è forse qualcuno che abbia compreso i motivi politici che l’hanno determinata? Ne dubito.Nessuno, mi pare, è riuscito finora a decifrare le ragioni di sostanza che l’hanno determinata. Per il semplice fatto che non ci sono. O, nella migliore delle ipotesi, sono talmente labili da non essere riconosciute.Sì, è vero, abbiamo ascoltato le solitelitanie su ciò che in otto anni di governo su sedicidi politica attiva Berlusconi non è riuscito a realizzare.Ma neppure una parola è stata spesa sul fattoche ha dovuto convivere con alleati spesso riottosie litigiosi che neppure le promesse più elementarigli hanno permesso di mantenere e tuttavia, comericonosceva sul “Corriere della sera”Angelo Panebianco,qualcosa di significativo dall’esperienzagovernativa del centrodestra rimane, a cominciaredal controllo dei conti pubblici e dalla energicareazione (lodata in sede comunitaria) non propriopriva di conseguenze positive alla crisi economico-finanziaria, a voler tacere della lunga serie diprovvedimenti in tema di sicurezza, scuola, università,opere pubbliche.
Eallora, dove sta la politica nella crisi che da se i mesi tiene paralizzato il governo per esclusiva responsabilità dei mandarini e dei ciambellani della neo-partitocrazia? Quali idee hanno partorito gli scissionisti di Fli in alternativa all’odiato berlusconismo? Che cosa ha determinato la “differenziazione”dei finiani, i quali sono riusciti nel “miraco -lo”di dissolvere una maggioranza senza un valido motivo, a meno che non si voglia riconoscere come tale quello della presunta mancanza di “democrazia interna”, come dicono? Se quest’ultimo è stato il pretesto allora siamo alla pocha de che purtroppo si è andata trasformando in tragedia istituzionale ricordando che nessuno ha mai tolto la parola ai dissidenti le cui uscite hanno purtroppo messo in imbarazzo su tante questioni gli stessi ex-compagni di partito spiazzati, frastornati e perfino umiliati dalle esternazioni del loro ex-leader. La politica, dunque, è la grande assente in queste giornate tese e convulse, gonfie di rabbia e di risentimenti che esplodono nei talk show televisivie sulle pagine dei giornali. Mancando le idee nella contesa, viene meno anche la possibilità di intravedere una prospettiva futura. E diviene certezza il sospetto che l’obiettivo di tutte le opposizioni, a cominciare dai fuoriusciti dal PdL, altro non sia che la deberlusconizzazione dell’Italia. Insomma, Fini e compagnia cantante si sono posti seriamente il problema di quando toccherà a loro e, sbagliando i tempi, come tutti gli impazienti, hanno danno dato il via alla macabra danza di Palazzo che prevede innanzitutto il tirannicidio politico e poi accada quel che deve accadere. Non è difficile immaginare il “dopo”, se il disegno dei congiurati che tremano all’idea che passi la sfiducia da loro stessi avanzata e formalizzata. Si scatenerà una guerra intestina nei paraggi del cosiddetto Terzo polo per la leadership che quellai ngaggiata contro Berlusconi farà ridere. Già, perché tra i grandi statisti che si contenderanno il potere nessuno, conoscendoli, vorrà fare un passo indietro e tutti pretenderanno di assumersi la guida del nuovo schieramento al quale intendono dare vita benché privi di una idea comune, di un progetto condiviso, di una piattaforma intorno alla quale far convergere i consensi. Di questi, a dire la verità, si preoccupano poco o niente, da quelche si capisce. E perché dovrebbero, dopo tutto? La visione di un governo oligarchico, che non passia ttraverso il vaglio dell’elettorato, li tiene insieme e sperano fortemente che Napolitano assecondi i loro disegni, diversamente sono spacciati. Perciò vorrebbero che Berlusconi gli cavasse le castagne dal fuoco e si dimettesse prima del 14 dicembre. Senza la conta, tutto sarebbe più facile.
Perfino i ribaltonisti, comunque, temono che non tutto andrà come hanno pianificato. Perciòf anno dire ad Adolfo Urso, coordinatore di Fli, ch ec’è ancora spazio per un governo «guidato da Silvio Berlusconi se anche lui si assume le nostre stesse responsabilità nell’attivare la nuova fase che serve al Paese». E c’era bisogno di creare un marasma dal quale non si sa come verrà fuori il Paese, per chiedere al premier una cosa del genere? Non ci posso credere. E non ci crede nessuno, infatti. Anche perché alle buone intenzioni di Urso tengono dietro le parole non proprio concilianti di Fini e dei suoi nuovi gerarchi per i quali a Palazzo Chigi ci può andare chiunque, ma non il premier che dovrebbe sloggiare, in attesa che si auno degli ex-giovani leoni ad occuparlo. Ma è proprio ciò che non accadrà, né oggi né mai. Fini, Rutelli, Casini e qualche altro non hanno capito che la deberlusconizzazione si porterà via anche loro.