GIAMPAOLO VISETTI , la Repubblica 7/12/2010, 7 dicembre 2010
SECONDE CASE, AUTO E TANTO LUSSO I CONSUMATORI CINESI SALVANO IL MONDO
Liu Ping non è famosa ma lo meriterebbe. È una delle cellule invisibili che ancora muove l´organismo esausto del mondo che spende. Ha trent´anni, vive a Pechino e dal 2007 ha raddoppiato la sua ricchezza. Come i suoi coetanei è un´appassionata consumatrice, la materia prima che ha soppiantato l´operaio, eroe planetario del decennio-boom della crescita economica cinese. In Europa e negli Stati Uniti nessuno sa chi sia la ragazza snob che trascorre il fine settimana nei centri commerciali della capitale. Ma è grazie ai milioni di Liu Ping, e ad altri milioni di Hua Xianrui, il consumatore-tipo che brucia fino all´ultimo yuan per dimostrare di appartenere alla nuova classe della «spesa globale cinese», se il vecchio equilibrio della produzione industriale ancora si regge in piedi. La vita dell´ultimo presidio contro il ritorno della crisi, è semplice. L´agognato consumatore cinese fino al venerdì lavora dodici ore al giorno, spesso in una topaia. Nel week-end, osservando la stessa abnegazione, spende tutto in un profumatissimo flagship store, cullato dai classici natalizi.
Per la Cina è l´ultima rivoluzione. Fino al 2008, spartiacque del destino tra Oriente e Occidente, il cinese era il più inflessibile risparmiatore della terra. I soldi servivano per le cure mediche, per i genitori anziani, per i figli e per sopravvivere da vecchi. Il tramonto dei consumatori storici, in Giappone, negli Usa e nella Ue, ha imposto un cambiamento epocale. Da baluardo del deposito in banca il cinese è mutato nel motore dell´acquisto compulsivo. Un rito liberatorio collettivo, dopo decenni di privazioni comuniste. Ma pure l´obbedienza al nuovo corso del partito. «Se l´Occidente è in crisi e le esportazioni soffrono - dice Pan Jiancheng, direttore dell´Istituto nazionale di statistica - assorbire la produzione e sostenere la crescita è un dovere del popolo». Nel 2010 la Cina ha superato così gli Stati Uniti ed è diventata il secondo consumatore del mondo, a un passo dal Giappone. Oltre 800 mila famiglie guadagnano 1 milione di euro l´anno, 65 mila cinesi possiedono un patrimonio superiore ai 10 milioni e nelle metropoli vivono 950 mila individui con un reddito annuo pari a 2 milioni.
Ma ciò che conta non è che in Cina si concentra il secondo numero più alto di miliardari: è che 250 milioni di cinesi hanno uno stipendio annuo di diecimila euro e che il 5% della popolazione viaggia oltre i tremila al mese. È la più imponente massa nazionale di consumo della storia e sta cambiando non solo gli equilibri commerciali, ma il significato del consumismo per la società. Spendere tutto, da vizio decadente della borghesia occidentale, è oggi in Cina la virtù emergente della classe dominante del secolo. La generazione dei figli unici, ignara di fame e guerra, non teme il futuro e pretende di godersi il presente. «Moltiplicare i consumi e trasformarli nel fine del lavoro - dice Ha Jiming, capo economista della China International Capital Corporation - è essenziale per garantire il successo della ristrutturazione economica del Paese». «L´arricchirsi è glorioso» di Deng Xiaoping si traduce nel «consumare è armonioso» di Hu Jintao, travolgendo ideologie ed equilibri internazionali. «Si apre l´era della spesa in Cina - dice Paul French, coautore del besteller "Fat China" - e i suoi effetti saranno più decisivi di quelli di un conflitto armato». La dedizione al lavoro del consumatore cinese è già leggendaria. La sua icona è lo "yue guang zu", l´individuo che usa tutto il reddito «nel ciclo lunare», ossia entro il mese.
I «Moonlight Clan» rincorrono un equilibrio nuovo tra il lavoro disumano e il bersi la vita, abbattendo i tabù della rivoluzione maoista. Ricorrono ai prestiti bancari, usano la carta di credito, investono in Borsa, si indebitano e fanno esplodere i prestiti delle finanziarie. Nel 2010, per la prima volta, in Cina oltre 3500 miliardi di credito saranno fuori bilancio e il 35% della popolazione avrà un mutuo da pagare. La fiducia è però al massimo e la nazione è già il mercato interno più ricco e in espansione del pianeta. Per le multinazionali il problema è capire come e dove spende il consumatore cinese.
Le priorità sono la seconda casa e l´automobile, ma la novità è la scoperta del superfluo. Le tendenze 2010 sono viaggi, acquisto di animali domestici, apparecchi tecnologici, chirurgia estetica, mobili di design, abiti e accessori di lusso, gioielli, caccia grossa e sport d´èlite. La realizzazione dei sogni proibiti dalla storia impone una ristrutturazione dell´industria e del commercio planetari e la metamorfosi è già evidente. I marchi globali aprono negozi online riservati ai cinesi e a fine anno il giro d´affari sul web sfonderà i 10 miliardi di euro nel segmento lusso, 30 per l´e-commerce. «I consumi - dice Mitch Barns, presidente di Nielsen China - si estendono ad una velocità senza precedenti nelle regioni del Centro e dell´Ovest, zone rurali comprese. E i "clienti a distanza" spendono online più di quelli che frequentano i negozi». Le sovvenzioni di Stato per auto ed elettrodomestici sono finite, ma nel frattempo la febbre dell´acquisto è diventata il più impressionante «carattere nazionale» della contemporaneità.
Il rapporto "Hurun" sul lusso rivela che tutti i big producono ormai appositamente per la Cina. Orologi da 200 mila euro, vini da 30 mila a bottiglia, fuoriserie da 400 mila e yacht senza prezzo vantano linee in esclusiva per i nuovi consumatori cinesi. Ma parlano mandarino anche alta moda, calzature e accessori top, aste d´arte e di tartufi, commercio di diamanti e oro. Chi sognava la lavatrice riflette oggi sull´ampiezza dello schermo della tivù al plasma 3D e la mutazione è talmente rapida che anche i brand dominanti della middle class occidentale perdono terreno. A Pechino, Shanghai e Hong Kong, come nei distretti più ricchi, acquistare luxury è già fuori moda. L´immagine cult è quella di Tian Mingqiao, importatore di carbone dalla Mongolia Interna, che sotto l´occhio delle telecamere parcheggia la sua Bentley rosa tra due Ferrari gialle nel centro di Shenzhen. Entra in un hotel a sei stelle e dopo un´ora il suo compagno esce carico di borse, spiegando di aver speso 45 mila dollari in scarpe e 51 mila dollari in caviale, ostriche e aragoste». «Nulla di famoso - dice Tian - nulla del cheap che possiedono tutti. Compro solo a-logo, pezzi unici, confezionati su misura». È la nuova frontiera della spesa asiatica, prototipo dell´individualismo per la crescita» e modello del millennio: spendere tutto per ammazzare il tempo e acquistare ogni cosa per aumentare la gloria della patria.
«L´operaio cinese - dice Nelson Choi, direttore di Boston Consulting Group - ci ha salvato, ma non ci aveva cambiato. Ma con il consumatore cinese finisce davvero il comunismo e nessuno al mondo potrà restare la persona di prima». Il problema, non solo per Pechino, è capire chi potrà essere la persona del dopo.