Filippo Facci, introduzioni a "450 buoni ristoranti dove si può fumare", allegato al numero 47 dell’11/11/2010 di Panorama Economy, 11 novembre 2010
Non so voi, ma io non ne ho più voglia: è una battaglia persa, non ho più voglia di litigare con quelli che non vogliono che io fumi in salotto e poi neppure sul terrazzo, non ho più voglia di ribellarmi a quotidiane e terrificanti ricerche che spiegano ogni cosa e il suo contrario, di cercare un equivalente in tabacco del famoso bicchiere di vino al giorno, sono persino stanco di essere semplicemente educato e di cercare di non infastidire nessuno
Non so voi, ma io non ne ho più voglia: è una battaglia persa, non ho più voglia di litigare con quelli che non vogliono che io fumi in salotto e poi neppure sul terrazzo, non ho più voglia di ribellarmi a quotidiane e terrificanti ricerche che spiegano ogni cosa e il suo contrario, di cercare un equivalente in tabacco del famoso bicchiere di vino al giorno, sono persino stanco di essere semplicemente educato e di cercare di non infastidire nessuno. È persa, come detto. Noi si cerca di arrangiarsi, certe campagne salutiste seguiteranno a trionfare nei Paesi protestanti e ad arrancare un pò più lentamente qui da noi, nel suk latino, dove si tende a trovare una mediazione e a peccare di nascosto senza importunare troppo, se possibile. Ma il mondo va da un’altra parte, e i fumatori sono una retroguardia carbonara che viaggia verso l’estinzione, lo sappiamo, e io non ho nessuna voglia di fare complicati discorsi sul mio diritto di lasciare lo Stato fuori dalla mia vita, non ho voglia di sentirmi dire che potrei pesare sul sistema sanitario nazionale, non ho voglia di far notare che sullo stesso sistema nazionale pesa già un numero altissimo di salutisti che ogni domenica si piallano i legamenti giocando a calcetto, senza contare lo sciatore fratturato e il corridore che ha corso per una vita intera respirando benzene. Sono discorsi evasivi, questi, e non ho più voglia di farli. Però, ogni tanto, ho ancora voglia di fumare. Un pochino. Posso? Ho capito, potrei fumare a casa mia o per conto mio, va bene: anche se il futuro incombe, e in Inghilterra, per esempio, hanno vietato di fumare nella propria auto, diversamente da alcune città statunitensi dove si può fumare solo nella propria auto. I parchi pubblici smoke free sono sempre più numerosi, ci sono interi palazzi residenziali dove fumare non è consentito, in un paio di città californiane hanno tentato di proibirlo in tutti gli appartamenti municipali: perché può infastidire i vicini, forse il fumo può traspirare dai muri, filtrare da quelle finestre che magari sono affacciate sulle highway a otto corsie. A Hollywood vogliono vietare ai minori tutti i film dove si vedono attori che fumano, in Canada ci sono delle chiese dove hanno proibito l’incenso perché è equiparato al fumo passivo, così pure stanno chiudendo torrefazioni e panetterie perché gli odori e i profumi vengono associati ad allergie di fatto inesistenti. Ancora: in Nigeria se fumi alla guida ti becchi cinque anni di galera, mentre il Bhutan, piccolo Stato sotto l’Himalaya, è il primo Paese del mondo dove è completamente vietato fumare. Non è che in Europa stiamo molto meglio: le autorità britanniche stanno discutendo se mettere fumatori e altre «categorie» agli ultimi posti delle liste sanitarie, insomma, la situazione è questa. Il futuro incombe e noi fumatori aspettiamo sul patibolo. Confesso che ciò nonostante, ogni tanto, ho ancora voglia di fumare: fosse pure l’ultima sigaretta del condannato. Ogni tanto ho addirittura desiderio di mangiare, bere, farmi magari un caffè o addirittura un bicchiere: tutte cose che fanno male, giacché vivere fa terribilmente male. Vorrei, però, poter ancora fare le mie scelte, magari rilassarmi con tutti i crismi, rispettando quelle stesse regole che dovrebbero garantire anche la mia libertà di trasgredire senza dar fastidio. Perché vedete, io non ho neppure più voglia di sentirmi tollerato, di strizzatine d’occhio, di accomodamenti compiacenti: mi basterebe che la legge fosse rispettata per intero e che si pramiassero, per esempio, quei ristoranti e quei ristoratori che hanno investito tempo e risorse per assicurare spazi adeguati a me e altri amici, compresi coloro che vorrebbero continuare a frequentarmi anche se hanno dei vizi diversi dal mio. Io non ho niente contro gli alfieri di un neosalutismo quasi religioso, non mi infastidisce l’intransigenza di chi vive di diete e palestre e ginnastiche. Semplicemente, non è con loro che desidero oziare – felicemente – in buoni ristoranti.