Chiara Paolin, il Fatto Quotidiano 7/12/2010, 7 dicembre 2010
I PROFESSIONISTI DEI DUE STIPENDI PUBBLICI
Quanti siano esattamente non lo sa nessuno: un numero variabile tra i 200 e i 300. Magistrati che hanno deciso di servire lo Stato in cambio di (almeno) due buste paga: sono i giudici col doppio stipendio, uomini che lasciano da parte la toga per applicarsi a nuovi incarichi – adeguatamente retribuiti – mantenendo però attivo anche lo stipendio da magistrato.
Domenica sera il programma di Rai3 Report ha riportato in primo piano l’antica questione dei cosiddetti ‘fuori ruolo’ tentando di stringere all’angolo quel piccolo esercito di fortunati che, pur mettendo da parte l’impegno di legge, continua a percepire il compenso dal ministero della Giustizia. Consiglieri del Tar, presidenti di sezione del Consiglio di Stato, membri della Corte dei Conti ma anche semplici giudici ordinari che possono sommare allo stipendio base cifre variabili dai 50 mila euro (cifra stabilita per gli assistenti dei giudici costituzionali) ai 100 mila per funzioni dirigenziali assunte all’interno di ministeri e amministrazioni varie, per arrivare a cifre che superano i 300 mi-la euro annui quando ci sono in ballo poltrone particolarmente generose.
Come quelle delle varie autorità di controllo, valorizzazione, trasparenza, e chi più ne ha più ne occupi. Il caso Catricalà fa scuola ormai da anni: il presidente dell’Antitrust guadagna mezzo milione di euro l’anno ma mantiene anche i 9 mila euro mensili dovuti alla sua carica di presidente di sezione al Consiglio di Stato. Buon discepolo, per scendere di autorità, un certo Filippo Patroni Griffi che al Consiglio di Stato (200 mila euro) ha sommato recentemente un posto nella Commissione di valutazione delle prestazioni e trasparenza della Pubblica amministrazione voluta da Brunetta (altri 150 mila euro). Numeri che fanno riflettere, visto che il primo presidente della Cassazione, ovvero il magistrato più alto in grado nella piramide dell’apparato giudiziario italiano, non arriva ai 300 mila euro annui.
IN EFFETTI proprio il Consiglio di Stato è il paradiso degli incarichi multipli. Qui anche il ministro degli Esteri Franco Frattini, pur non operando in sede da ormai vent’anni, è riuscito a far carriera venendo promosso di recente a presidente di sezione (con relativo adeguamento economico). La retribuzione media dei consiglieri a Palazzo Spada si aggira sui 130 mi-la euro l’anno, ma a spulciare l’elenco dei compiti extra è davvero impressionante la mole di incarichi attualmente affidati. Il consigliere Giancarlo Montedoro, nomen omen, ha un prestigioso ruolo di vicedirettore dell’ufficio per gli affari giuridici presso la Presidenza della Repubblica che gli frutta 91 mila euro. Mentre il collega Sergio De Felice – anche qui il cognome aiuta – è capo ufficio legislativo alle politiche agricole per 80 mila euro l’anno.
E avanti così, senza sosta, da quando nell’anno 2000 l’allora ministro della funzione pubblica Franco Bassanini decise che i manager pubblici dovevano esser pagati quanto quelli privati, senza per questo imporre agli uomini di Stato la rinuncia allo stipendio durante il periodo dell’aspettativa.
“Un sacco di volte abbiamo già chiesto, anche a Palazzo Chigi, una legge che vieti il cumulo, che elimini la doppia retribuzione . Questi sì che sarebbero tagli considerevoli, sprechi eliminati”. Parola di Lidia Sandulli, presidente di sezione del Tar Lazio. Che prosegue senza troppa speranza: “Per ora nessuno ci ascolta, perché il sistema riguarda naturalmente tutti i dipendenti pubblici. E dunque sono tante le categorie che grazie a questo meccanismo possono sommare due retribuzioni lavorando per un solo datore di lavoro, che poi sarebbe lo Stato. Si tratta di soldi pubblici, che sborsa Pantalone, quindi che problema c’è?”.
Luca Palamara, presidente dell’Associazione nazionale magistrati, il problema lo vede. Presentando qualche giorno fa il 30° congresso dell’organizzazione ha denunciato chiaramente l’incrocio perverso tra gli interessi tra magistratura e politica, il pericoloso vigore delle logiche correntizie “che si sono tradotte in una pressione sul Csm per una gestione clientelare e lottizzatoria degli incarichi direttivi, delle progressioni in carriera, dei fuori ruolo e del sistema disciplinare. Una degenerazione, un male da combattere e da estirpare".
Anche i componenti del Csm Alessandro Pepe, Angelantonio Racanelli e Tommaso Virga, esponenti di Magistratura Indipendente, si interrogano sul fenomeno: “Bisognerebbe chiedersi il perché di questo esodo: ormai le condizioni di lavoro dei magistrati sono sempre più assurde sotto molteplici profili, vi è un vero e proprio incubo lavorativo”.
SARÀ ANCHE vero. Ma il problema in più è che, nell’organico di 10 mila magistrati della Repubblica, il conteggio dei posti scoperti sta raggiungendo quota 1.300. E le risorse impiegate a pagare due volte le stesse star con la toga potrebbero trovare miglior utilizzo. Chissà se una nuova formazione di governo potrebbe prendere in considerazione un provvedimento in materia: “Non contate su Gianni Letta – ha fatto sapere via Report Filoreto D’Agostino, presidente di Nuova Magistratura Amministrativa – lui adora i fuori ruolo”.
• “RINUNCIO A 200MILA EURO. MA NON SONO SPECIALE” - “Ma scusi, che dovevo fare secondo lei? Andare in giro e dire a tutti: guardate come sono bravo, guadagno solo 15 mila euro al mese e gli altri 7 mila invece li lascio allo Stato. C’è gente che li vede solo dopo un anno di lavoro 15 mila euro. Mi ritengo un super privilegiato, ho agito in coscienza e basta, non sono certo un eroe”.
Nicola D’Angelo, commissario dell’Agcom e magistrato fuori ruolo, è un’anomalia italiana. Quando lo hanno applicato all’Autorità per le Garanzie nelle comunicazioni ci ha pensato un po’ e poi ha deciso: due stipendi per fare un lavoro soltanto sono decisamente troppi. E così, dallo scorso mese di agosto, ha rinunciato al suo compenso da togato.
Tecnicamente non è neanche stata una cosa tanto semplice, giusto?
In effetti rifiutare lo stipendio da magistrato è stata un po’ una forzatura da parte mia. Ho dovuto presentare un’apposita istanza, attendere l’ok dei superiori, combattere un po’ con l’inevitabile burocrazia dei nostri uffici. Perché il percorso agevolato è quello che prevede il doppio compenso. Quella è la norma, la mia scelta invece è un’eccezione.
Reazioni dei colleghi dopo il
bel gesto? Lei rovina la piazza, se ne renderà conto.
Bè, qualche commento sarcastico c’è stato, ma non se ne può più di gente che predica bene e poi non fa nulla per rispettare questo Paese. E comunque la mia scelta non ha niente di speciale, in realtà non ne ho mai parlato con nessuno pubblicamente. Neanche con Report.
Ma se l’abbiamo sentita tutti dire al suo intervistatore che lei era l’unico in Italia ad aver detto no al compenso bis.
Quando Bernardo Iovene è venuto a intervistarmi io non ho detto proprio nulla. Poi, controllando gli elenchi, evidentemente si sono accorti che avevo uno stipendio solo. E allora mi hanno ritelefonato per capire come mai. É andata esattamente così, e non ho concesso una seconda intervista per confermare il dettaglio, ci siamo solo sentiti per telefono: quello è andato in onda.
Però perché tutta questa timidezza, scusi? Magari qualcuno potrebbe imitarla: facciamole pubblicità.
La vedo dura, nessuno mi ha seguito finora. E poi il problema grosso è un altro secondo me.
Dica pure.
Lo scorso marzo il ministro delle finanze Giulio Tremonti ha tagliato del 10% gli stipendi dei magistrati colpendo soprattutto quelli che stanno a inizio la carriera. Per loro sono peggiorate anche altre condizioni importanti sul lungo periodo, come gli scatti d’anzianità, e invece nulla è stato modificato proprio sulla questione dei doppi stipendi. Si poteva intervenire sul punto invece di infierire sulle nuove leve.
Se in tutta la pubblica amministrazione fosse obbligatorio mantenere un solo compenso, il risparmio risulterebbe consistente.
Specie a livello dirigenziale. Capisce, i miei 15 mila euro netti mensili sono già tanti, ma arrivare a 22 mila era veramente troppo. Così oggi lo Stato, solo con me, ha 200 mila euro in più da spendere nella giustizia ogni anno. Se la rinuncia diventasse obbligatoria anche per gli altri colleghi, la differenza si noterebbe eccome. Perché, lo ripeto, siamo comunque e sempre dei privilegiati, con lo stipendio alto e garantito. Uno basta a avanza.
Ma sua moglie che ne pensa? Dica la verità.
La mia famiglia mi sostiene. Giuro. C. P.