Gaia Piccardi, Corriere della Sera 06/12/2010, 6 dicembre 2010
MARTINA, IL KILIMANJARO COME TERAPIA
Nel gruppo dei ventisette scalatori che stamane partiranno di buon’ora dal campo base diretti verso la cima del Kilimanjaro (5895 metri) ci sono un ciclista paralimpico tedesco, Michael Teuber, l’ex stella inglese del badminton, Gail Emms, e una signora di cinquantaquattro anni dal multiforme ingegno, nata a Praga e poi rinata negli Usa, che da giovane inventò il tennis e da grande s’immaginò un’esistenza alternativa, lunedì scrive un romanzo di successo, martedì va a pranzo con Hillary Clinton, mercoledì scende in piazza per i diritti degli omosessuali, giovedì partecipa al reality della Bbc «Get me out of here!», venerdì sconfigge il cancro al seno, sabato organizza un doppio giusto per tenersi in forma, domenica si riposa una mezzoretta e lunedì, oggi, guarda le nevi perenni della montagna più alta del continente africano pensando: «Certo che in cima ci arrivo! Intanto è per una buona causa: raccogliere fondi per la Fondazione Laureus. E, poi, nella vita non mi è mai piaciuto perdere». La signora bionda che nello zaino, insieme a 18 titoli dello Slam (in singolare, più 31 in doppio e 10 in doppio misto) ha infilato racchetta e palline («Mi piacerebbe vedere a che velocità riesco a battere, lassù: nell’aria rarefatta potrei divertirmi parecchio...») è Martina Navratilova.
Le cose semplici non le sono mai piaciute. E allora non suona poi così strano che, operata al seno sinistro per asportare un carcinoma a gennaio («Il primo pensiero? Perché proprio a me... Poi ho affrontato il cancro come una partita a tennis: senza mai considerare l’ipotesi del fallimento»), completata la radioterapia a giugno («Ne sono uscita rafforzata nell’anima e nello spirito»), questa ragazzina attempata piena di energie si sia buttata, con quell’anima ritemprata e quel corpo che fu il primo a sperimentare i benefici di un allenamento personalizzato, in una di quelle sfide di cui Martina ha bisogno come ossigeno, perché a casa ad Aspen («Dove sono abituata all’altitudine. In fondo si tratta di un’escursione, l’unica differenza è che si sale molto più in alto e non ci sarà molta aria, ma mi hanno detto che non servirà tantissima esperienza da scalatrice») non riesce a restare con le mani in mano e chi è nata fuoriclasse non si accontenterà mai di una vita da normale.
All’Altitude Center di Londra, dove la Navratilova è di casa essendosi annessa qualcosa come 20 trofei di Wimbledon all included, hanno simulato per lei le condizioni del Kilimanjaro. Ne è uscita radiosa alla straordinaria velocità di 54 anni, impaziente di trattare la montagna come la malattia: «Non esiste battaglia, nella vita, che non possa essere vinta. Questa è la mia vera adrenalina. E questa è la motivazione che, insieme allo scopo della beneficenza (l’obiettivo è raccogliere 100 mila euro da dedicare ai vari progetti Laureus per i giovani, ndr), mi spingerà ad arrampicarmi fino alla vetta. E poi non voglio fare le cose quando sarò troppo vecchia. E questa scalata è un’avventura che mi sarei già concessa da tempo, se non avessi passato gli ultimi trent’anni a giocare a tennis».
Durerà circa una settimana, questo trekking intensivo dentro se stessa, Martina parte con l’entusiasmo con cui arrembava uno Slam, e non si vede di cosa debba avere paura la donna che per prima infranse molti record e il tabù dell’omosessualità nello sport, se l’autentico coraggio è dire ciò che si pensa e battersi per ciò in cui si crede non sono certo i cinquemilaottocentonovantacinque metri del Kilimanjaro a spaventare chi è sempre disposto a prendersi un po’ in giro: «La scalata fa parte della mia terapia post-tumore. Più sono attiva, meno occasioni offro alla malattia di ripresentarsi».
In Tanzania anche le giraffe fanno il tifo per lei. «E come non potrebbero? Ormai sono un’anziana signora che si tinge i capelli e si commuove per qualsiasi cosa: un film, l’inno nazionale, un bambino africano con cui tirare qualche calcio al pallone». Piangerai anche se raggiungerai la vetta del Kilimanjaro, le ha chiesto il Telegraph? «Se mi sarà rimasto fiato per farlo, certamente» ha risposto nostra signora del tennis e dell’impossibile, ancora troppo giovane per rivelarci cosa farà da grande.
Gaia Piccardi