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 2010  dicembre 05 Domenica calendario

Grazie a Tolstoj sono vegetariano - E’ vero, di centenari ce ne sono tutti i giorni, ma il primo dalla morte di Tolstoj valeva la pena di un maggiore interesse

Grazie a Tolstoj sono vegetariano - E’ vero, di centenari ce ne sono tutti i giorni, ma il primo dalla morte di Tolstoj valeva la pena di un maggiore interesse. In Italia è stato ristampato La fuga di Tolstoj , ricostruzione dell’ultimo tratto biografico, di Alberto Cavallari, che pubblicò Einaudi nel 1986: un capolavoro, con pagina stupenda sulla Sonata a Kreutzer ; da Adelphi è uscito Tolstoj è morto di Vladimir Pozner, un sensazionale collage di documentazione dalla partenza all’ora estrema, e all’annuncio in Morse, dalla stazione di Ostapovo (7 novembre 1910, secondo il calendario russo). Impressiona l’immagine sulla copertina di questo volume: il vecchio, con accanto Tatiana, guarda fisso con occhi allucinati, un libro davanti, una mano che afferra il tavolo. In parallelo vedrei comparire l’immagine a lungo tenuta segreta di Lenin in sedia a rotelle assistito dalla Krupskaja: terribile. Un oblio d’inattualità li accomuna. Formano un dittico, quelle due immagini di fine: esistenzialmente puniti entrambi per la parte che aggraffiarono delle sciagure umane; Tolstoj torturato dall’impotenza propria a diminuirle; Lenin appagato, quasi esultante, per averle accresciute. Un dittico perfino ideale. Tolstoj fu un pensatore integralmente tragico, con ascendente metafisico diretto nel Mondo di Schopenhauer; i leninisti di vecchia guardia sono i continuatori aborriti dei Demoni , emanazione del nichilismo di Neciaev; ma qui il ritratto parallelo, arrischiato per un moderno Plutarco, si complica. L’anarchismo tolstoiano (tradizione aristocratica: Kropotkin, Bakunin) avrebbe certamente accolto la rivoluzione del febbraio 1917, ma sarebbe rifuggito con orrore da quella di ottobre, totalitaria fin dal pugno che dissolse l’assemblea costituente. A Tolstoj, come a Lenin, è comune l’ascetismo del compimento: l’Opera letteraria deve culminare nel suo rinnegamento, e di tutto ciò che è arte; la Rivoluzione abortirà se il suo Capo si lascia intenerire dalla musica. Alla fine, l’Opera scritta si fa plumbea e sorda, la rivoluzione viene spazzata via da un successore criminale. Dà sofferenza leggere gli attacchi furiosi di Lev Nicolaevic all’Arte. L’avrò letto più di mezzo secolo fa e ritenendomi tuttora un artista, mi aveva colpito in pieno... Di tutta la letteratura mondiale del secolo XIX Tolstoj salvava soltanto I miserabili di Victor Hugo, bacino di tutte le utopie romantiche; di Baudelaire ne faceva letame (come Lenin di Dostoevskij). Il provare e riprovare delle ballerine, dei cantanti lirici, delle grandi orchestre, gli faceva orrore... via tutto!! Peggio di Platone... Era il suo modo di aver pietà - negli anni del suo progressivo inaridimento. Ma di Sofia Andreevna pietà non ne ebbe mai! E nel rinnegamento dell’arte comprese anche tutta la sua opera di romanziere ( idest : di immenso artista). Lessi il suo Che cos’è l’Arte in gioventù: se avessi seguito la religione tolstoiana avrei fatto l’organizzatore sindacale o curato le malattie veneree. Tuttavia ho amato Resurrezione , che è del più tardo Tolstoj, smisurato gregoriano di lamento della deportazione, non solo registro di sventure sociali e distacco da Anna Karenina . Mi pare fosse, nei Trenta-Quaranta, in edizione da poveri, l’unico suo romanzo conosciuto in Italia, non mancava mai sulle bancarelle, insieme ai Miserabili, Teresa Raquin, Il povero Fornaretto di Venezia, , Delitto e castigo ... Trapela già tutta la sventura coniugale della coppia (da cui il grande pessimista aveva cavato insipientemente tredici figli) nel capitolo XXIII della settima parte di Anna Karenina , dov’è analizzato al microscopio il disagio del convivere di Anna e Vronskij - spietato specchio. Diceva André Suarès che una donna non può vivere accanto a uomini di quella statura titanica se non accetta deliberatamente di esserne vittima. Mi domando se non si fosse augurato che anche Sofia Andreevna andasse a buttarsi, sazia di recitare la vittima del genio-eroe, tra le ruote del treno. Perché - bene e per sempre fu scritto nella Genesi - il cuore dell’uomo è riempito di male: anche di chi va seminando prediche tolstoiane di «non-resistenza al male». Che cosa sarebbe avvenuto se nel 1912 la Russia di Guerra e pace non avesse resistito al male della Grande Armata napoleonica? Che cosa sarebbe avvenuto se nel 1941 la Russia non avesse resistito ai piani di Hitler, che si proponevano la riduzione in schiavitù e lo sterminio delle popolazioni slave? Al male si resiste, al male si fa la guerra. E in questa guerra eterna sappiamo che il combattimento è contro noi medesimi, che lo portiamo nella nostra identità simbolica e naturale, in tutto quel che il laconismo semitico riassume nella parola cuore ( libbu , lev ). Privi di appoggi, e pregati di applicare la non-resistenza al male, i cristiani d’Oriente tra pochi anni saranno estinti tutti. I tibetani e i Montagnards del Vietnam, resistendo al male, terranno. C’è ritratto dell’autore giovane in Vronskij, e di Tolstoj vecchio in Nechliudov; ma Lev Nicolaevic con più compiacimento dipinge se stesso nel vecchio mendicante che compare nei capitoli 21 e 27 di Resurrezione : disobbediente a tutte le leggi, senza famiglia, senza proprietà, integralmente «né Dio né padrone», vestito di stracci, odiatore della distinzione tra bene e male - «zar di se stesso». Tra i forzati, non ci sono veri colpevoli se, da chi li guarda passare, non persista l’errore di considerarli tali. Ne emerge la figura allucinata della fotografia. Il Cinema ha adottato, più di ogni altro russo, Tolstoj. Il bel Dizionario dei Film Morandini-Zanichelli accoglie quattro volte il titolo di Anna Karenina (la versione più famosa fu quella del 1935, con Greta Garbo e Fredric March - già sonoro); Julien Duvivier ne diresse una inglese con Vivien Leigh nel 1948; l’ultima è del 1997, ma siamo ormai fuori del cinema. Sono citate tre versioni di Resurrezione : la più celebre, di Ruben Mamoulian, è del 1934. Per Guerra e pace si mosse l’epoca Breznev, con un diluviale Natascia (in due parti, circa tre ore e mezza) di Sergej Bondarciuk, nel 1967. Non sono da escludere future epopee digitali. Andavo spessissimo al cinema, tra il 1940 e 1970, ma di tolstoiano non vidi mai nulla. A un gruppo di amici tolstoiani, che frequentai per una decina d’anni, sono debitore d’essere diventato strettamente vegetariano, antialcol, antitabagico. Però rimanendo, verso il male, cannibale.