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 2010  dicembre 05 Domenica calendario

«L’EUROPA UNITA DEVE ANDARE AVANTI, SERVE PIÙ CORAGGIO»

«Il percorso verso l’integrazione europea iniziato 60 anni fa è una delle cose più straordinarie che si siano mai fatte». Rodolfo De Benedetti guida la Cir, fondata dal padre Carlo, dagli inizi degli anni Novanta. Ricopre la duplice veste di manager e azionista di un gruppo che spazia dall’editoria (L’Espresso) all’energia (Sorgenia) fino alla sanità (Kos) e alla componentistica auto (Sogefi). E guarda all’attuale scenario internazionale con preoccupazione, certo, ma avverte: «Il processo di costruzione europea va perfezionato ma non è un fallimento. Sarebbe un grandissimo errore tornare indietro».

Come vede la situazione in Europa?

Ci troviamo in una fase senza precedenti. Ma credo anche che la grande crisi attuale abbia messo a dura prova alcune contraddizioni del mercato unico che, per quanto presenti anche in passato, sono state mascherate da un lungo periodo di crescita economica. Parlo di problemi strutturali di armonizzazione che ancora devono essere affrontati. Detto questo, ritengo che bisogna pensare a come andare avanti. Tornare indietro sarebbe un grande errore. Ci vorrebbe un atto di coraggio per accelerare la creazione di un vero mercato unico che è ancora incompiuto.

Ritiene che l’Italia sia a rischio?

L’Italia ha storicamente un elevato debito pubblico, ma i fondamentali del paese sono solidi. Ora ciò che serve è la crescita. Conta dimostrare ai mercati che il paese, in tutte le sue componenti, ha una visione di lungo periodo ed è determinato ad affrontare i nodi strutturali che da molti anni ne frenano la crescita.

Secondo lei ha ragione Sergio Marchionne quando pone il problema di investire fuori dall’Italia?

Penso che parlare genericamente di investire o meno in Italia non consenta di affrontare la questione in modo esaustivo. A mio avviso dipende dai settori. Il nostro gruppo, ad esempio, nelle attività che consideriamo più domestiche come l’energia, la sanità e l’editoria ha investito con successo e continuerà a investire in Italia. Nei primi due settori, negli ultimi undici anni, abbiamo creato e fatto crescere due aziende praticamente da zero. Quello dell’auto, invece, è un settore globale. La globalizzazione dell’economia sta portando a una necessità di sempre maggiore specializzazione dei paesi e delle aree geografiche. Penso che se in Italia vogliamo garantire un futuro di lungo periodo al settore manifatturiero c’è un tema di produttività che va affrontato.

In questo contesto come si devono muovere le imprese ?

Posso dirle cosa abbiamo fatto noi. Abbiamo continuato a investire nei nostri mestieri pensando che la fase di recessione sarebbe stata lunga e profonda. Queste crisi, e quella che abbiamo vissuto è senza precedenti, possono diventare grandi opportunità. E oggi le nostre aziende, grazie alla qualità del management e ad importanti piani di efficienza e rifocalizzazione, sono in una condizione molto più solida della fase pre crisi. Un percorso possibile anche grazie a una struttura societaria che ha permesso una rapidità decisionale indispensabile. Spesso si guarda alle holding come a puro strumento di controllo. Per noi è diverso, perché la holding ha garantito quel filo diretto tra azionista e società operative indispensabile per superare l’attuale crisi.

Cir ha liquidità per 400 milioni. Pensate di utilizzarla per acquisizioni?

Penso che in questo momento essere liquidi sia una priorità se si vuole avere la tranquillità di portare avanti i piani programmati.

A gennaio scade il bond di 140 milioni. Lo rifinanziarete?

No, lo rimborseremo perché non abbiamo bisogno di rifinanziarlo.

Guardiamo i singoli business. Come è maturata la scelta di aprire il capitale di Kos ad Axa Private equity?

La decisione di quotare Kos risale a un anno fa. Lo sbarco in Borsa poteva essere lo strumento per dotare la società di capitale per consolidare la posizione sul mercato. L’iter, si sa, è molto lungo e dopo 6 mesi dall’avvio la situazione dei mercati era molto cambiata. E con essa le valutazioni di Kos. Il mercato a volte ha una visione di breve periodo e la potenziale valutazione non rispecchiava a mio avviso i fondamentali del business, che continua a crescere anche grazie alla qualità del servizio offerto. In quel momento siamo stati contattati da operatori di private equity che avevano una visione più di lungo periodo.

La situazione di Sorgenia è più complessa: si ritrova con margini in leggera ripresa ma in un settore che fatica a tirare e un debito di 1,7 miliardi per gli investimenti fatti. Come pensate di agire?

La situazione del mercato energetico è stata fortemente influenzata dalla crisi dei consumi. Il settore si è ritrovato con un eccesso di capacità produttiva e una domanda in calo con un inevitabile impatto sui ricavi e sui margini. In questo quadro, già complesso, la società si è ritrovata nel bel mezzo di importanti investimenti non ancora a regime. Inevitabile che il quadro di insieme si sia fatto sentire sui conti del gruppo. Ma noi siamo impegnati in un progetto di lungo periodo, siamo partiti da zero undici anni fa e abbiamo costruito uno dei principali operatori italiani, integrato su energia e gas e in grado di accedere al cliente finale. Siamo fiduciosi di aver fatto le scelte giuste, puntando in particolare sul mix di generazione gas-rinnovabili, abbiamo rispettato i costi e i programmi prestabiliti. I risultati stanno migliorando e per quanto riguarda l’indebitamento le prime scadenze sono nel 2014-2015. Sorgenia è una storia di straordinaria creazione di valore.

Sono circolate voci di contatti con investitori per collocare il 20% di Sorgenia...

Siamo stati contattati da investitori interessati a questo settore. Abbiamo valutato delle manifestazioni di interesse, ma alla fine ci siamo convinti che non è ancora arrivato il momento per introdurre investitori terzi modificando una governance che finora ha ben funzionato.

Quindi il capitolo è chiuso? Ci sono in programma aumenti di capitale?

Oggi è chiuso. L’azienda dispone delle risorse necessarie a realizzare i propri piani. Quanto alla ricapitalizzazione, no, nessuna operazione allo studio.

Cosa pensa del ritorno dell’Italia al nucleare?

Quella dell’eventuale ritorno al nucleare è una scelta di lungo periodo che spetta alla politica. Non ho una posizione ideologica sul tema. Come operatore valuteremo se e quando ci saranno le condizioni. Oggi però sarebbe prioritario sfruttare la forte riduzione dei prezzi del gas in atto nel mondo e valorizzare gli investimenti fatti dal paese e dagli operatori nelle centrali a ciclo combinato.

Sogefi, invece, dopo il calo dei volumi dello scorso anno è tornata a crescere.

E’ un buon esempio di una azienda per la quale la crisi è stata una grande opportunità. Ci ha consentito di capitalizzare la posizione di forza in un contesto in cui alcuni nostri concorrenti hanno avuto problemi e i clienti tendono a concentrare gli ordini sui fornitori più solidi. Oggi abbiamo una redditività importante dopo aver ottimizzato i costi, ma soprattutto il fatturato è tornato a crescere, specie nei mercati emergenti. Stiamo espandendo la nostra presenza in India, Brasile e Cina. Pensi solo che nel terzo trimestre il Brasile è stato il singolo mercato più importante per il gruppo, dopo che per anni quel posto era occupato dalla Francia. Il baricentro si sta spostando: per noi l’Italia rappresenta oggi solo il 9% del fatturato.

Quali programmi avete per il gruppo l’Espresso?

Penso che l’amministratore delegato Monica Mondardini abbia fatto un lavoro straordinario. Siamo riusciti ad agire con tempestività su due fronti. Primo – la parte più visibile – è stato il piano di riduzione dei costi doloroso, ma necessario. E la mancanza di ripresa del settore editoriale dimostra che è indispensabile mantenere una disciplina sui costi. C’è poi un secondo fronte su cui abbiamo agito, meno visibile. Una parte dei risparmi ottenuti dal taglio dei costi è stato investito sul nuovo, sui segmenti che crescono. Mi riferisco in particolare a Internet dove i ricavi crescono del 20% e con essi l’audience. Sono numeri importanti.

La carta stampata a suo avviso è destinata a scomparire?

La portabilità della carta, è unica. Esiste da centinaia di anni e non sarà sostituita rapidamente. Per me non è solo un fatto generazionale, e non credo a chi dice che tra 5 anni scomparirà. Piuttosto credo molto nella complementarietà tra carta e nuove tecnologie. Oggi il sito repubblica.it ha 2 milioni di utenti al giorno, di cui meno della metà sono lettori del quotidiano. Il resto, dunque, per noi è un nuovo mercato che si somma agli oltre 3 milioni di lettori del giornale. Internet è una grande opportunità, ma per noi non sarebbe esistito senza il successo del quotidiano.

Alla luce del miglioramento della redditività del gruppo, si può pensare a un ritorno al dividendo?

La scelta che abbiamo fatto nel 2008 e nel 2009 di rinunciare al dividendo è stata molto dolorosa per tutti gli azionisti. Ma era necessario muoversi così. Oggi nelle società operative quotate stiamo lavorando per ricreare le condizioni per tornare al dividendo, ma al momento ogni valutazione è prematura. Le decisioni saranno prese dai diversi cda.

Il prossimo anno scade il cda della Cir, unica nelle società del gruppo a non avere la presenza di donne nel board. Pensate di replicare quanto già fatto nelle altre società?

Abbiamo già una presenza femminile molto qualificata in diverse società del gruppo. E certamente proseguiremo su questa linea anche in Cir. Penso che la diversità dei punti di vista sia un grande valore. Arricchisce. E spesso le donne sono più brave degli uomini. Noi consideriamo il cda come un organo che può dare un grande valore aggiunto.

Suo padre ormai da due anni ha lasciato le cariche operative, a parte la presidenza dell’Espresso. È sempre presente nel gruppo?

Mio padre continua a stupirmi per la modernità del pensiero e la curiosità. Guarda sempre al futuro. É un azionista ideale e ha fiducia nel management. Per me e per i miei collaboratori è uno stimolo quotidiano. Il suo apporto è prezioso.

La Sapa di famiglia ha ricapitalizzato per 100 milioni. A cosa serviranno queste nuove risorse?

L’aumento si chiuderà nei prossimi mesi e rafforzerà la struttura patrimoniale.

Sul Lodo Mondadori pensa che ci sia spazio per un accordo con la Fininvest?

Questa vicenda è iniziata molti anni fa. Non ci sono mai stati, e non ci sono, contatti o ipotesi di transazione.